Riforma del fallimento: un riassunto ragionato

è arrivata la tanto attesa riforma del fallimento di cui proponiamo un riassunto ragionato: le procedure di allerta, i premi per il debitore prudente, l’esdebitazione, gli accordi di ristrutturazione dei debiti, le novità per la figura del curatore…

  1. Commercialista Telematico | Approfondimenti, Software e EbookPremessa: la riforma del fallimento

Con l’approvazione da parte del Senato lo scorso 11 ottobre del DDL n. 2684 (già approvato dalla Camera dei Deputati il 1° febbraio di quest’anno), contenente la “Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza”, cambia radicalmente la disciplina della crisi di impresa e delle procedure concorsuali.

La riforma risponde all’esigenza di un approccio al cambiamento non più episodico e saltuario, quale è stato quello seguito dai vari interventi normativi che negli ultimi anni hanno comunque interessato la materia fallimentare, ma piuttosto un approccio organico e sistematico al processo riformistico, allo scopo di conferire uniformità e linearità alla materia fallimentare. Allo stesso tempo, un processo di riforma radicale era necessario allo scopo di adeguare le procedure concorsuali alla nuova realtà economica, fatta di imprese che, durante il proprio ciclo di vita, inevitabilmente si trovano ad affrontare periodi e fasi “negative” e di “crisi”.

La legge delega, in particolare, contiene principi e regole che vanno a modificare l’attuale normativa fallimentare. Tra le novità contenute nella legge delega, che sostanzialmente riprende i risultati dei lavori della Commissione Rordorf, si evidenziano quelle relative a:

  • la sostituzione del termine “fallimento” con l’espressione di “liquidazione giudiziale”;

  • la previsione di “elementi” di allerta della crisi;

  • l’incentivazione di accordi di ristrutturazione dei debiti, in un’ottica di continuità aziendale;

  • il rafforzamento del ruolo centrale del curatore;

  • il tema dell’esdebitazione.

Di seguito vengono ripercorsi brevemente gli elementi salienti della riforma 2017.

  1. Dal “Fallimento” alla “liquidazione giudiziale”

Nell’ottica di ricercare soluzioni alternative e con maggiori possibilità di esito positivo, il disegno di legge approvato cancella definitivamente la parola “fallimento” che, pertanto, viene sostituita dall’espressione di “procedura di liquidazione giudiziale”; lo scopo è quello di cancellare del tutto la concezione di negatività e di discredito, anche personale, che storicamente è legata al termine “fallimento”.

La profonda crisi economica degli ultimi anni ha, infatti, spinto a rivedere le fasi del ciclo di vita dell’impresa: attraversare oggi un periodo di crisi può ritenersi un evento quasi fisiologico; pertanto, in tale prospettiva, l’intento del legislatore è quello di promuovere e favorire il ricorso a strumenti in grado di aiutare l’imprenditore che si trova in una situazione di crisi a superare tale “fase negativa” o, comunque, di assicurargli una maggiore possibilità di “riabilitazione” anche nell’ottica di avvio di una nuova attività.

Nella prospettiva di riforma, la procedura di liquidazione è alternativa e subordinata a quella di ristrutturazione, nel senso che, in conformità con i principi affermati dalla UE nella Raccomandazione 2014/135 e nel Regolamento 2015/848, viene data prevalenza, salvi i casi di abuso, agli strumenti negoziali di risoluzione della crisi d’impresa rispetto a quelli meramente disgregatori (art. 2, lett. g).

In linea generale, si evince che la procedura di liquidazione giudiziale riprende il modello proposto dalla riforma realizzata dal D. Lgs. n. 5 del 2006 e dal D. Lgs. n. 169 del 2007, laddove era stata già evidenziata la necessità di “gestire” le procedure concorsuali in ottica di continuità aziendale piuttosto che di liquidazione vera e propria e di dismissione delle attività.

  1. Procedure e strumenti di allerta della crisi

L’art. 4 della legge-delega introduce specifiche “procedure di allerta e di composizione assistita della crisi”, di natura non giudiziale e confidenziale. Tali procedure, in particolare, hanno lo scopo di favorire l’emersione anticipata della situazione di difficoltà di un’azienda, in modo da ricercare in tempo utile (prima di una crisi c.d. “irreversibile”) le modalità con cui farvi fronte.

Pertanto, la legge delega prevede una fase c.d. “preventiva” della crisi durante la quale deve essere “percepito” l’avvio di una situazione di crisi.

L’allerta può essere attivata:

  1. dal debitore;

  2. dal Tribunale (d’ufficio), su segnalazione da parte dei c.d. “creditori specializzati” (Fisco e Inps).

In particolare, nel caso di allerta effettuata direttamente dal debitore, la riforma prevede che questi sia assistito da un apposito organismo, istituito presso le Camere di Commercio; il debitore avrà, in tal caso, 6 mesi di tempo per raggiungere una soluzione concordata con i creditori.

Nel caso, invece, di procedura allertata d’ufficio dal Tribunale, il debitore sarà immediatamente convocato dal giudice e affiderà ad un esperto il compito di ricercare, sempre entro 6 mesi, una soluzione con i creditori.

Tale fase può avere esito positivo e, in tal caso, l’impresa continua la propria attività (avendo superato la fase di crisi e scongiurato l’insolvenza) ovvero esito negativo. In tale ultimo caso, l’esito negativo della fase di allerta sarà pubblicato nel registro delle imprese.

Dalla procedura d’allerta sono escluse le società quotate e le grandi imprese.

La norma pone, inoltre, a carico degli organi di controllo societari, del revisore contabile e delle società di revisione, ciascun nell’ambito delle proprie funzioni, l’obbligo di avvisare immediatamente l’organo amministrativo della società dell’esistenza di “fondati indizi” della crisi

e, in caso di omessa o inadeguata risposta, di informare direttamente il competente organismo di composizione della crisi”. Si tratta del meccanismo di “allerta interna” che si affianca a quello di “allerta esterna” rivolto ai creditori qualificati (Agenzia delle Entrate, Agenti della riscossione ed Enti previdenziali).

In capo a questi ultimi, in particolare, la legge-delega pone una serie di “impegni” significativi; difatti, i creditori c.d. “qualificati” hanno a disposizione una serie di strumenti che consentono loro di conoscere, prima dei restanti creditori, l’esistenza di un periodo di crisi o comunque di difficoltà di natura finanziaria: il mancato pagamento di tributi o dei contributi previdenziali rappresenta, infatti, uno dei primi segnali indicativi dell’esistenza di una situazione di difficoltà economica; spesso, imprese in difficoltà finanziaria, si “finanziano” attraverso “tributi e contributi previdenziali non pagati”. In tale ottica, tali operatori c.d. “qualificati” possono, si ribadisce, conoscere in anticipo l’esistenza di una situazione di difficoltà. Il legislatore, pertanto, ha posto in capo a questi soggetti l’onere di segnalare immediatamente agli organi di controllo della società e agli organismi istituiti presso le camere di commercio, il perdurare di inadempimenti di importo “rilevante”.

La “rilevanza” o meno dell’inadempimento va individuata caso per caso, sulla base di criteri non assoluti, ma piuttosto relativi alle “dimensioni” (in termini di fatturato) dell’azienda stessa.

L’onere posto dal legislatore a carico di tali creditori qualificati impone un sistema sanzionatorio in caso di inadempimento. Difatti, la legge delega prevede che in caso di mancata segnalazione, laddove necessaria, tali creditori qualificati debbano decadere dai benefici legati al riconoscimento di privilegi ai crediti da questi vantati.

Premi” per l’imprenditore prudente

L’art. 4, lettera h) della legge delega, prevede che, in ogni caso, anche in caso di esito negativo, l’imprenditore che abbia “tempestivamente” attivato procedure di allerta o, comunque, ricercato soluzioni concordate con i creditori per il superamento della crisi, può accedere ad un sistema premiale che prevede:

  • la non punibilità dei delitti fallimentare, nel caso in cui il danno patrimoniale non sia rilevante;

  • attenuanti per i reati commessi;

  • una riduzione di interessi e sanzioni per i debiti fiscali.

Difatti, la nuova disciplina prevede la non punibilità del reato di bancarotta semplice, nonché per altri reati contemplati dalla normativa, nei casi in cui questi abbiamo arrecato un danno patrimoniale “limitato”.

  1. Accordi di ristrutturazione dei debiti

L’art. 5 della legge-delega incentiva il ricorso allo strumento degli accordi di ristrutturazione dei debiti: il testo normativo, infatti, prevede che il debitore possa chiedere che gli effetti dell’accordo di ristrutturazione dei debiti siano estesi anche alla minoranza di creditori che non abbiano aderito all’accordo; è sufficiente, infatti, che vi sia l’adesione di titolari di crediti finanziari pari almento al 75% dell’ammontare complessivo dei crediti.

La nuova norma, difatti, cerca di ovviare al problema del “veto” posto dai c.d. creditori di minoranza non aderenti che, difatti, avevano il potere di bloccare eventuali accordi con i restanti creditori.

  1. Funzione del curatore

La legge-delega contiene importanti novità che riguardano anche la funzione e il ruolo del “curatore fallimentare” che da tale processo riformistico esce rafforzato.

Prima di tutto viene sancita l’incompatibilità dello stesso con eventuali incarichi già ricoperti in fasi precedenti della procedura per la medesima impresa. Allo stesso tempo, viene riconosciuta la centralità di tale figura: allo scopo di facilitare il compito del curatore in tutta la fase di acquisizione dell’attivo fallimentare, la legge delega prevede:

  • maggiori poteri per l’accesso a pubbliche amministrazioni e banche dati;

  • la possibilità per il curatore di promuovere azioni giudiziali spettanti ai soci o ai creditori sociali.

Allo scopo di garantire una maggiore trasparenza sarà creato un sistema centralizzato del registro dei curatori presso il Ministero della Giustizia, e non più sotto i singoli tribunali, con indicazioni sui requisiti di professionalità. indipendenza e esperienza per accedervi.

  1. Esdebitazione

Un’ulteriore novità importante riguarda il tema dell’esdebitazione (art. 8). La nuova norma, difatti, consente:

  1. al debitore di presentare domanda di esdebitazione subito dopo la chiusura della procedura e, in ogni caso, dopo tre anni dalla sua apertura (salvo specifici casi previsti dalla legge);

  2. l’introduzione di forme di edebitazione di diritto riservate alle c.d. “insolvenze minori”;

  3. il ricorso al beneficio di “liberazione” dai debiti anche per le società, sempre che gli amministratori o i soci (nel caso di società di persona) possano dimostrare l’esistenza di requisiti di meritevolezza.

19 ottobre 2017

Antonella Benedetto