Mancata impugnazione e prescrizione breve

la mancata impugnazione di qualunque atto impositivo è soggetto al termine di prescrizione breve quinquennale: vediamo gli effetti pratici di tale principio sul contenzioso tributario

EbookLa mancata impugnazione di qualunque atto impositivo è soggetto al termine di prescrizione breve (quinquennale).

Il principio è contenuto nella sent. n. 23397/2016 delle sezioni unite della Cassazione da cui emerge che la mancata impugnazione di un qualunque atto impositivo non comporta l’allungamento del termine prescrizionale, al contrario del diritto di credito contenuto in una sentenza passata in giudicato che invece si prescrive in dieci anni.

Prescrizione breve o lunga

Il credito erariale, a seguito di accertamento divenuto definitivo, è soggetto alla prescrizione decennale ex art. 2946 c.c..

Il credito fiscale si consolida a seguito dell’omessa impugnazione degli atti impositivi e per questo la prestazione tributaria non è una prestazione periodica in quanto il debito anno per anno si rinnova per presupposti impositivi (CTP Roma n. 26380/2014).

La prescrizione si perfeziona al raggiungimento del giorno in cui, si è compiuto il termine fissato dalla legge. In relazione alla durata, si può distinguere tra prescrizione ordinaria, prescrizioni brevi e prescrizione per non uso ventennale La prima è applicabile in tutti i casi in cui la legge non dispone diversamente e si perfeziona con il decorso di dieci anni (art. 2946 c.c.), mentre quella ventennale è rapportata al termine di maturazione dell’usucapione.

Fattispecie

Il caso di specie riguarda un commerciante che ha ricevuto una cartella di pagamento per alcune annualità di contributi previdenziali personali dovuti all’INPS: la cartella viene notificata con un ritardo di oltre 5 anni, ovvero oltre il termine di prescrizione breve per cui il contribuente si è opposto alla cartella ma oltre il termine perentorio di 40 giorni previsto per l’impugnazione.

Il tribunale di Catania ha dichiarato l’opposizione inammissibile richiamando l’applicazione della prescrizione ordinaria decennale per via del ritardo nell’impugnazione; non così la Corte d’Appello che ha ritenuto prescritto il credito vantato dall’INPS con quella cartella di pagamento e non applicabile il termine di prescrizione ordinario.

Le sezioni unite, avocate dall’ordinanza n. 1799/2016 dei giudici di legittimità, si sono pronunciate sulla corretta interpretazione da dare all’art. 2953 c.c., relativamente all’operatività o meno della “conversione” del termine di prescrizione breve in ordinario decennale, a seguito della mancata riscossione riferiti sia a contributi previdenziali che a qualunque entrata tributaria statale, comunale e provinciale nonché alle sanzioni amministrative. In altri termini, la problematica ha riguardato il termine di prescrizione del credito contenuto in un atto non impugnato dal contribuente, ossia se tale omessa impugnazione fosse idonea a trasformare il termine da breve a decennale.

I giudici di legittimità, fornendo soluzione ad un contrasto giurisprudenziale, hanno ritenuto preliminarmente che la prescrizione decennale di cui all’art. 2953 c.c. decorre dal passaggio in giudicato della sentenza e l’eventuale passaggio dalla conversione della prescrizione breve in quella decennale trova fondamento proprio nella medesima sentenza.

I giudici hanno ritenuto che sia la cartella di pagamento che gli altri titoli che legittimano la riscossione coattiva, compresso l’accertamento esecutivo, sono privi dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato. Pertanto la mancanza dell’impugnazione entro i termini di legge non determina automaticamente il cambiamento del termine di prescrizione ma soltanto l’irretrattabilità del credito contenuto nell’atto.

La Corte ha affermato, quindi il principio generale secondo cui la scadenza del termine fissato per impugnare la cartella di pagamento produce solo l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza produrre la conversione del termine di prescrizione da breve in ordinario (decennale), ex art. 2953 c.c.. Tale norma si applica solo nei casi in cui intervenga un titolo giudiziale “definitivo”, mentre la cartella in quanto atto amministrativo non acquista efficacia di giudicato

Tale principio trova applicazione, altresì, per tutti i provvedimenti di riscossione mediante ruolo o di riscossione coattiva crediti degli enti di previdenza ossia di crediti erariali e non per le sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie.

Sul tema in esame si evidenzia una difforme giurisprudenza di merito, minoritaria rispetto all’orientamento consolidato secondo cui le obbligazioni tributarie presentano la natura della periodicità a cui va ricondotta riconduce la prescrizione breve (cfr. CTP. di Ferrara. n. 256/5/2013).

Effetti sulla rottamazione delle cartelle

La sentenza in commento fornisce utili suggerimenti ai contribuenti che devono decidere se aderire o meno alla rottamazione dei ruoli delle cartelle di Equitalia.

Le cartelle notificate decorso il termine di cinque anni non precedute da sentenze o da atto interruttivo (i.e. intimazione), ossia in mancanza di norma potrebbero essere già prescritte e quindi il contribuente non avrebbe interesse alla definizione agevolata come previsto dalla legge di Bilancio 2017. Ove ci saranno in futuro delle pretese da parte dell’ufficio finanziario, sarà necessario impugnare l’atto dinanzi al giudice chiedendo l’applicazione dei principi così affermati dalle Sezioni unite.

27 febbraio 2017

Davide Di Giacomo