L’estratto di ruolo è impugnabile a determinate condizioni, vediamo quali…

l’estratto di ruolo – che non è un sinonimo del ruolo – può essere un ‘documento fiscale’ autonomamente impugnabile dal contribuente in determinate condizioni, in particolare quando è tramite l’estratto di ruolo che il contribuente viene a conoscenza della pretesa tributaria nei suoi confronti

Con la sentenza n. 19704 del 2 ottobre 2015, la Corte di Cassazione, a SS.UU., ha concluso per l’impugnabilità dell’estratto ruolo, a determinate condizioni.

Il principio di diritto affermato

E’ ammissibile l’impugnazione della cartella (e/o del ruolo) che non sia stata (validamente) notificata e della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l’estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta dal concessionario, senza che a ciò sia di ostacolo il disposto dell’ultima parte del terzo comma dell’art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992, posto che una lettura costituzionalmente orientata di tale norma impone di ritenere che la ivi prevista impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il contribuente sia comunque legittimamente venuto a conoscenza e pertanto non escluda la possibilità di far valere tale invalidità anche prima, nel doveroso rispetto del diritto del contribuente a non vedere senza motivo compresso, ritardato, reso più difficile ovvero più gravoso il proprio accesso alla tutela giurisdizionale quando ciò non sia imposto dalla stringente necessità di garantire diritti o interessi di pari rilievo rispetto ai quali si ponga un concreto problema di reciproca limitazione“.

La sentenza

La sentenza che si annota opera dei precisi passaggi normativi ed interpretativi.

  • Il ruolo, disciplinato dall’art. 10 lett. b del D.p.r. n. 602 del 1973, è “l’elenco dei debitori e delle somme da essi dovute formato dall’ufficio ai fini della riscossione a mezzo del concessionario” e, in forza di quanto disposto dall’art. 11 del medesimo d.p.r., “nei ruoli sono iscritte le imposte, le sanzioni e gli interessi“. Il “ruolo” è, quindi, un atto amministrativo dell’ente impositore, tipico sia quanto alla forma che quanto al contenuto sostanziale. Quale titolo esecutivo il ruolo precede ogni attività del concessionario, della quale costituisce presupposto indefettibile. Il concessionario della riscossione, a sua volta, in forza del ruolo ricevuto, redige “la cartella di pagamento” e provvede alla notificazione. L’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 elenca espressamente tra gli “atti impugnabili“, alla lettera d del comma 1, “il ruolo e la cartella di pagamento“, mentre la seconda parte del primo comma dell’art. 21 del medesimo d.lgs. n. 546 dispone espressamente che “la notificazione della cartella di pagamento vale anche come notificazione del ruolo“. Osserva, quindi, la Corte che da tali disposizioni si evince “il ruolo è atto che deve essere notificato e la sua notificazione coincide con la notificazione della cartella di pagamento “, ed è impugnabile;

  • il cosidetto”estratto di ruolo” non è invece specificamente previsto da nessuna disposizione di legge vigente. “Esso – che viene formato (quindi consegnato) soltanto su richiesta del debitore – costituisce (v. Consiglio di Stato, IV, n. 4209 del 2014) semplicemente un ‘elaborato informatico formato dall’esattore … sostanzialmente contenente gli … elementi della cartella quindi anche gli “elementi” del ruolo afferente quella cartella (il C.d.S., peraltro, ha affermato l’inidoneità del suo rilascio ad ottemperare all’obbligo di ostensione all’interessato che ne abbia fatto legittima e motivata richiesta, della copia degli originali della cartella, della sua notificazione e degli atti prodromici)’”.

La Corte, quindi, fa chiarezza sulla differenza sostanziale tra “ruolo” ed “estratto di ruolo (che non sono sinonimi): il “ruolo è un provvedimento previsto e regolato normativamente, contenente una pretesa economica dell’ente suddetto; il cosiddetto “estratto di ruolo“, invece, è (e resta sempre) solo un “documento” formato dal concessionario della riscossione, che non contiene (né, per sua natura, può contenere) nessuna pretesa impositiva, diretta o indiretta.

Di conseguenza, la inidoneità dell’estratto di ruolo a contenere qualsivoglia pretesa impositiva “comporta indiscutibilmente la non impugnabilità dello stesso in quanto tale, innanzitutto per la assoluta mancanza di interesse (ex art. 100 c.p.c.) del debitore a richiedere ed ottenere il suo annullamento giurisdizionale, non avendo infatti alcun senso l’eliminazione dal mondo giuridico del solo documento, senza incidere su quanto in esso rappresentato1.

Tuttavia, la Corte prende atto che il ricorrente nella specie si è sempre lamentato della invalida notificazione della cartella (e quindi anche del ruolo, posto che la sua notificazione coincide con quella della cartella), non del documento rilasciatogli dal concessionario, e pertanto la Corte passa, di fatto, all’esame della seconda questione relativa alla ammissibilità della impugnazione della cartella invalidamente notificata (e conosciuta attraverso l’estratto dì ruolo).

Escluso l’interesse del richiedente ad impugnare lo “estratto di ruolo“, “può ovviamente sussistere un interesse del medesimo ad impugnare il “contenuto” del documento stesso, ossia gli atti che nell’estratto di ruolo sono indicati e riportati”.

Le Sezioni Unite osservano, quindi, che se gli atti contenuti nell’estratto ruolo, se debitamente notificati, sono impugnabili, profili di problematicità potrebbero ravvisarsi nell’ipotesi – ricorrente nella specie – di impugnazione di cartella della quale il contribuente sia venuto a conoscenza attraverso l’estratto di ruolo e non attraverso (valida) notifica.

La Corte non condivide il pensiero dei giudici d’appello che hanno escluso l’ammissibilità dell’impugnazione della cartella di pagamento sul rilievo che la richiesta al concessionario di copia dell’estratto di ruolo non può comportare la riapertura dei termini per impugnare una cartella non tempestivamente opposta (ancorché per asserito difetto di notifica).

La Corte se esclude che nei casi in cui l’atto risultasse validamente notificato, nessuna “riapertura” sarebbe ovviamente ipotizzabile, tuttavia sostiene che “una lettura costituzionalmente orientata dell’ultima parte del terzo comma dell’art. 19 del d.lgs n. 546 citato (non esclusa dal tenore letterale del testo) impone pertanto di ritenere che l’impugnabilità dell’atto precedente non notificato unitamente all’atto successivo notificato ivi prevista non costituisca l’unica possibilità di far valere l’invalidità della notifica di un atto del quale il destinatario sia comunque legittimamente venuto a conoscenza e pertanto non escluda la facoltà del medesimo di far valere, appena avutane conoscenza, la suddetta invalidità che, impedendo la conoscenza dell’atto e quindi la relativa impugnazione, ha prodotto l’avanzamento del procedimento di imposizione e riscossione, con relativo interesse del contribuente a contrastarlo il più tempestivamente possibile, specie nell’ipotesi in cui il danno potrebbe divenire in certa misura non più reversibile se non in termini risarcitori”.

Una diversa lettura della norma in esame (nel senso che l’impugnazione di un atto non notificato possa avvenire sempre e soltanto unitamente all’impugnazione di un atto successivo notificato) comporterebbe, secondo i Supremi giudici, una abnorme ed ingiustificata disparità tra i soggetti del rapporto tributario”.

8 ottobre 2015

Roberto Pasquini

1 Peraltro, precisa la Corte, anche l’eventuale contestazione dell’attività certifìcativa del concessionario in sé considerata (ad esempio in relazione alla non corrispondenza tra quanto certificato nell’estratto e quanto risultante dal ruolo) avrebbe un senso solo in un ipotetico giudizio risarcitorio per aver confidato nella corrispondenza delle notizie riportate nell’estratto alle iscrizioni risultanti dal ruolo, non in un giudizio impugnatorio conducente esclusivamente ad un “annullamento” della certificazione.