I mini-bond permettono alle PMI di ottenere nuove risorse economiche – Una guida approfondita

Con il Decreto Crescita (2012), unitamente al Decreto Crescita-bis (2012), e al Decreto Destinazione Italia (2014) è stata introdotta la possibilità per le piccole e medie imprese di ottenere nuove risorse economiche attraverso l’emissione di mini bond, ovvero obbligazioni e cambiali finanziarie. Una guida approfondita per capire bene come funziona questo strumento.

Nuovi canali di finanziamento per le Pmi

QUADRO NORMATIVO

mini bond per il finanziamento delle piccole e medie impreseNell’ambito delle recenti misure adottate per la crescita e lo sviluppo economico del nostro Paese, particolare importanza riveste il Decreto Crescita (d.l. n. 83/2012, convertito in l. n. 134/2012), unitamente al Decreto Crescita bis (d.l. n. 179/2012 convertito in l. n. 221/2012), e al Decreto Destinazione Italia (d. l. n. 145/2013, convertito in l. n. 9/2014). In particolare, attraverso questi provvedimenti è stata introdotta, tra le altre, la possibilità per le piccole e medie imprese (Pmi) 1 di ottenere nuove risorse economiche attraverso l’emissione di mini bond, ovvero obbligazioni o cambiali finanziarie, quale canale alternativo al tradizionale finanziamento bancario, agevolandone la relativa sottoscrizione attraverso alcuni privilegi di carattere fiscale.

Nel dettaglio, con i Decreti Crescita, il legislatore nazionale ha riconosciuto la possibilità di superare i limiti all’emissione di obbligazioni previsti dall’art. 2412 del codice civile2, anche nell’ipotesi di società non quotate ma semplicemente emittenti obbligazioni destinate ad essere quotate in un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione ovvero nelle ipotesi di obbligazioni che attribuiscono il diritto di acquisire ovvero di sottoscrivere azioni, prevedendo al riguardo la deducibilità degli interessi passivi, l’esenzione, dall’applicazione della ritenuta sugli interessi etc.

Il decreto “Destinazione Italia”, completa il percorso avviato dai Decreti Crescita. Tra le novità presentate, emerge il tema della possibilità, per le società non quotate, di emettere obbligazioni beneficiando dello stesso regime legale e fiscale previsto per le società quotate.

L’ultima spinta alla diffusione dei mini bond è arrivata dal decreto- legge 24 giugno 2014, n. 91 (decreto Competitività), recante “disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l’efficientamento energetico dell’edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea” che ha previsto un regime fiscale ancora più vantaggioso per gli interessi e gli altri proventi derivanti dalla sottoscrizioni di siffatti strumenti.

Il citato decreto, inoltre, all’art. 22 (Misure a favore del credito alle imprese) prevede ulteriori agevolazioni fiscali dirette a far riavvicinare le banche estere alle imprese italiane e, in particolare, abolendo la ritenuta sugli interessi derivanti da finanziamenti a medio e lungo termine erogati alle imprese da banche e assicurazioni stabiliti negli Stati membri dell’Unione europea e estendendo ulteriormente l’ambito di applicazione dell’imposta sostitutiva sui finanziamenti, trasformando l’imposta indiretta in una reale agevolazione.

Con il D.M. 24 dicembre 2014, pubblicato sulla G.U. del 3 febbraio 2015, sono state disciplinate, invece, le modalità di concessione della garanzia su finanziamenti di microcredito (art. 111 TUB) destinati alla microimprenditorialità.

Da ultimo, con il decreto del MISE del 18.03.2015 sono state apportate sostanziali modifiche al citato decreto ministeriale, in materia di accesso diretto ed immediato da parte degli imprenditori interessati.

 

MINI BOND:

Nell’ambito delle recenti misure adottate per la crescita e lo sviluppo economico del nostro Paese (Decreto Crescita, Decreto Crescita bis, Decreto Destinazione Italia e Decreto Competitività) sono state introdotte una serie di novità volte a stimolare la competitività, la crescita economica e la stabilità finanziaria tre le quali particolare rilevanza assumono i c.d. mini bond, ossia strumenti di debito che possono essere emessi da società non quotate di piccola e media dimensione (a esclusione delle micro imprese, ossia imprese con meno di 10 dipendenti e aventi un fatturato annuo o un totale attivo inferiore a 2 milioni di euro).

 

requisiti per emissione di mini bond

 

 

Tecnicamente i minibond sono obbligazioni vere e proprie, ossia titoli di debito a medio e lungo termine che un’impresa non quotata può emettere per reperire fondi da parte di investitori qualificati con il principale scopo di auto finanziarsi. Pertanto, sono una forma di prestito concesso dall’investitore all’emittente e rappresentano un’opportunità tanto per le imprese quanto per gli stessi investitori – anche internazionali – alla ricerca di nuove occasioni di investimento a rendimento elevato.

 

 

Requisiti formali per l’emissione di mini bond

 

  • essere Società (ad es. società di capitali, società cooperative, mutue assicuratrici) anche non emittenti strumenti finanziari di capitale quotati su mercati regolamentati o su sistemi multilaterali di negoziazione; non deve comunque trattarsi di banche e micro-
    imprese come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione Europea del 6 maggio 20031.
  • emettere e sottoscrivere titoli a favore di investitori qualificati, pena la perdita dei vantaggi fiscali concessi dal D.L. 83/2012 con riferimento alla deducibilità degli interessi passivi, a meno di quotazione dei titoli su mercati regolamentati o MTF (Multi Trading
    Facility).
  • gli investitori qualificati non devono essere riconducibili alla proprietà dell’impresa (ossia detenere più del 2 % del capitale o patrimonio dell’emittente) – nemmeno parzialmente, anche in via indiretta o per il tramite di società fiduciarie o per interposta persona – pena la perdita dei vantaggi fiscali concessi dal D.L. 83/2012 con riferimento alla
    deducibilità degli interessi passivi.

Per comprendere la reale portata di queste novità, è comunque opportuno esaminare il contesto economico e sociale di riferimento.

Il quadro italiano presenta, infatti, un sistema produttivo caratterizzato per il 94,6% da imprese con meno di 10 dipendenti, in media sottocapitalizzate e con una struttura di governance spesso familiare.

E’ peraltro fatto notorio che, l’aggravarsi e il protrarsi della crisi economica ha reso estremamente difficoltoso l’accesso al credito bancario per queste realtà imprenditoriali. In tale contesto il legislatore italiano è intervenuto stimolando il ricorso a canali di finanziamento alternativi al sistema bancario anche per le stesse imprese non quotate e, al contempo, favorire l’ingresso degli investitori professionali nel sistema produttivo delle piccole e medie imprese (le PMI).

Tale obiettivo è stato perseguito mediante la mitigazione degli ostacoli di natura fiscale e civilistica all’emissione di “particolari” titoli obbligazionari da parte di imprese non quotate, rendendo più “appetibili” siffatti strumenti sia per gli emittenti che per gli stessi sottoscrittori.

 

 

 

Lo sviluppo delle fonti di finanziamento alternativo al credito

BANCARIO TRAMITE MINI-BOND:

Il primo tassello della riforma è stato l’emanazione dell’art. 32 del d.l. n. 83/2012 (c.d. “Decreto Crescita”), convertito dalla l. n.134/2012 e successivamente modificato dal d.l. n. 179/2012 (c.d. “Decreto Crescita bis”, qui di seguito, anche i “Decreti Crescita”), che modificano l’art. 2412 c.c., attraverso l’eliminazione dei limiti quantitativi generalmente previsti per l’emissione di obbligazioni emesse da società non quotate3.

In particolare il citato articolo, consentiva l’emissione di obbligazioni per una somma complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili nell’ultimo bilancio sociale. Siffatto limite, tuttavia, poteva essere superato solo nelle ipotesi in cui le obbligazioni emesse in eccedenza fossero sottoscritte da soggetti sottoposti a vigilanza prudenziale o se le obbligazioni fossero state emesse da parte di una società per azioni quotata.

Orbene, il Decreto Crescita ha esteso la possibilità di emettere obbligazioni superiori al doppio del patrimonio netto a tutte le società (diverse dalle banche e dalle micro-imprese) che, pur non essendo quotate, quotino le obbligazioni emesse in un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione e nel caso di emissione di titoli obbligazionari che danno il diritto di acquisire ovvero di sottoscrivere azioni.

Pertanto, alla luce della nuova disciplina, il limite quantitativo sopra descritto non trova applicazione né alle società per azioni con azioni quotate, né alle società con azioni non quotate, a condizione che le obbligazioni emesse siano destinate alla quotazione in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione, oppure conferiscano il diritto di acquisire o sottoscrivere azioni.

La modifica è di estremo rilievo in quanto le limitazioni alle emissioni obbligazionarie di cui all’art. 2412 c.c., ha, in passato, ostacolato il ricorso al mercato dei capitali da parte di società con capitalizzazione relativamente bassa4.

La normativa introdotta con il Decreto Crescita, dunque, ha spostato il focus dalla quotazione delle azioni della società alla quotazione su mercato regolamentato o in sistemi multilaterali di negoziazione delle obbligazioni stesse, a dimostrazione che i presidi informativi previsti da tali mercati in congiunzione con le direttive comunitarie applicabili, dovrebbero garantire un minore rischio rispetto alle situazioni verificatesi in passato.

Per venire incontro a tale esigenza, Borsa Italiana, a far data dall’11 febbraio 2013, ha attivato all’interno del sistema multilaterale di negoziazione ExtraMOT, un nuovo segmento, l’ExtraMOT PRO, che specificamente si rivolge agli emittenti di minibond di cui alla nuova normativa legislativa ed ha come destinatari i soli investitori professionali.

 

 

NOVITA’ DI CARATTERE FISCALE:

Al fine di rendere il ricorso all’emissione di mini bond da parte di società non quotate una reale alternativa al finanziamento bancario, la recente normativa ha introdotto alcune novità di carattere fiscale volte ad incrementare il livello di interesse verso questi strumenti finanziari da parte dei potenziali investitori.

Orbene, le principali modifiche in materia introdotte dal Decreto Crescita, come più volte modificato, possono così riassumersi:

  1. la deducibilità degli interessi passivi per gli emittenti: L’articolo 32, comma 8, del Decreto Sviluppo ha previsto che la disposizione di cui all’articolo 3, comma 115 della legge 549/1995 non si applica alle cambiali finanziarie e alle obbligazioni e titoli similari al ricorrere di determinate circostanze. Nello specifico, per le cambiali finanziarie e per le obbligazioni e titoli similari emessi da società con azioni non quotate (diverse dalle banche e dalle microimprese) e negoziati su mercati regolamentati, ovvero presso sistemi multilaterali di negoziazione5 dei Paesi dell’Unione Europea o di Paesi aderenti all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo inclusi nella cosiddetta white list6, gli interessi passivi sono deducibili ai fini IRES nei limiti del 30% del Risultato Operativo Lordo (ROL), secondo quanto previsto ai sensi dell’articolo 96 del DPR n. 917/1986;

  1. la deducibilità degli interessi passivi per gli investitori: Per quanto attiene al regime di tassazione degli investitori, con il comma 9 dell’art. 32 del Decreto Crescita è stato modificato il regime di tassazione degli interessi ed altri proventi delle obbligazioni, titoli similari e delle cambiali finanziarie emessi da società residenti non quotate stabilendo che, in luogo della ritenuta di cui all’art. 26, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 29 settembre 1973, si applica la disciplina prevista per le obbligazioni emesse dai cc.dd. “grandi emittenti” di cui al d.lgs. n. 239 del 1° aprile 1996, a condizione che le obbligazioni, i titoli similari e le cambiali finanziarie siano negoziati in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione degli Stati membri dell’UE e degli Stati SEE inclusi nella white list, ovvero, qualora tali obbligazioni, titoli similari e cambiali finanziarie non siano negoziati, siano detenuti da uno o più investitori qualificati ai sensi dell’art. 100 del TUF.

  2. Costi di emissione: Si rileva infine che, con il comma 13 dell’art. 32 del Decreto Crescita, è stato disposto, a favore delle società emittenti, che «Le spese di emissione delle cambiali finanziarie, delle obbligazioni e dei titoli similari di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, primo comma, sono deducibili nell’esercizio in cui sono sostenute indipendentemente dal criterio di imputazione a bilancio». In buona sostanza, come è stato chiarito nella richiamata circolare n. 29/E del 2014, le spese di emissione dei titoli in commento possono essere dedotte secondo il principio di cassa, indipendentemente dall’imputazione a conto economico, con conseguente deduzione delle suddette spese in via anticipata. Tuttavia, come precisato dalla stessa Agenzia delle entrate, «la norma non intende superare in modo assoluto il criterio generale di deducibilità per competenza delle suddette spese di emissione, seguendo la ripartizione contabile effettuata in più esercizi e lungo la durata dell’operazione di finanziamento» e, pertanto, la deducibilità per cassa delle spese di emissione dei titoli obbligazionari, titoli similari e delle cambiali finanziarie, deve essere considerata una facoltà e non un obbligo.

 

L’ultima spinta alla diffusione dei mini bond è arrivata dal decreto-legge Competitività (dl n. 91-2014 convertito in legge del 11 agosto 2014, n. 116), che ha previsto un regime fiscale più vantaggioso per gli interessi e gli altri proventi derivanti da obbligazioni.

In particolare, Art. 21 “Misure a favore delle emissioni di obbligazioni societarie” prevede espressamente che: « 2. Il comma 9-bis dell’articolo 32 del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, e’ sostituito dal seguente:

«9-bis. La ritenuta di cui all’articolo 26, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, non si applica agli interessi e altri proventi delle obbligazioni e titoli similari e delle cambiali finanziarie corrisposti a organismi di investimento collettivo del risparmio, istituiti in Italia o in uno Stato membro dell’Unione europea, il cui patrimonio sia investito in misura superiore al 50 per cento in tali titoli e le cui quote siano detenute esclusivamente da investitori qualificati ai sensi dell’articolo 100 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

La composizione del patrimonio e la tipologia di investitori deve risultare dal regolamento dell’organismo.

La medesima ritenuta non si applica agli interessi e altri proventi corrisposti a società per la cartolarizzazione dei crediti di cui alla legge 30 aprile 1999, n.130, emittenti titoli detenuti dai predetti investitori qualificati e il cui patrimonio sia investito in misura superiore al 50 per cento in tali obbligazioni, titoli similari o cambiali finanziarie».

 

 

Mini bond in continua evoluzione – Il piano “Destinazione Italia”

Il decreto legge n. 145 del 23 dicembre 2013, n. 145 (convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, L. 21 febbraio 2014, n. 9) (c.d. Decreto Destinazione Italia) reca, all’art. 12, significative novità riguardanti il regime fiscale agevolato dell’imposta sostitutiva su finanziamenti bancari, emissioni obbligazionarie e relative garanzie accessorie, nonché rilevanti interventi normativi in tema di c.d. mini bond, cambiali finanziarie e operazioni di cartolarizzazione.

In particolare, l’art. 12, comma 4, rende opzionale l’applicabilità dell’imposta sostitutiva sui finanziamenti a medio/lungo termine di cui all’art. 15, D.P.R. n. 601/1973. L’art. 15 citato prevede che i finanziamenti erogati da banche e istituti di credito italiani o da stabili organizzazioni in Italia di banche estere, stipulati in Italia e aventi durata superiore a 18 mesi, siano esenti dalle ordinarie imposte d’atto (imposta di registro, imposta di bollo, imposte ipotecarie e catastali) e scontino, in luogo dei tributi suddetti, una imposizione “sostitutiva” nella misura dello 0,25% dell’ammontare del finanziamento erogato.

Si tratta di un’imposta che, con un meccanismo di applicazione c.d. “ad ombrello”, copre tutti i provvedimenti, atti, contratti e formalità inerenti ai finanziamenti, alla loro esecuzione, modificazione estinzione, alle garanzie di qualunque tipo e da chiunque prestate e alle eventuali surroghe, sostituzioni, postergazioni, frazionamenti e cancellazioni, comprese le cessioni del credito derivanti dai finanziamenti stessi.

Il Decreto Destinazione Italia ha, inoltre, introdotto una serie di disposizioni che influenzano, seppure indirettamente, le emissioni da parte di società non quotate di titoli obbligazionari (i c.d. mini bond).

In particolare, l’art. 12, comma 5, del Decreto Destinazione Italia prevede la disapplicazione della ritenuta del 20% (di cui all’art. 26, comma 1, del D.P.R. n. 600 del 29 settembre 1973) sugli interessi corrisposti a valere su obbligazioni e titoli similari (e cambiali finanziarie) emessi da società non finanziarie non quotate, qualora tali interessi siano corrisposti a organismi di investimento collettivo in valori mobiliari le cui quote siano detenute esclusivamente da investitori qualificati ai sensi dell’articolo 100 del TUB e il cui patrimonio sia investito prevalentemente in tali obbligazioni, titoli o cambiali finanziarie.

Tale norma è evidentemente volta a favorire il ricorso all’indebitamento mediante mini-bond e cambiali finanziarie da parte di soggetti di piccole dimensioni, che non hanno abbastanza forza finanziaria per collocare autonomamente i propri titoli sul mercato finanziario e che potrebbero trarre beneficio dall’intervento di fondi di investimento in valori mobiliari.

Tra gli interventi di maggiore rilievo si registra anche quello afferente le eventuali garanzie del prestiti obbligazionari.

Infatti, la creazione di un sistema di garanzie in linea con le aspettative degli investitori è essenziale al fine di assicurare il successo di una emissione obbligazionaria.

Una prima modifica, introdotta dal Decreto Destinazione Italia in relazione alle garanzie dei prestiti obbligazionari, è rappresentata dall’estensione dell’operatività del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. In particolare, l’art. 12, comma 6-bis del Decreto, così come convertito, prevede espressamente a possibilità di estendere la garanzia del Fondo, di cui all’art. 2, comma 100, lett. a) della l. n. 662 del 23 dicembre 1996 anche in favore delle SGR che, in nome e per conto di fondi comuni d’investimento da esse gestite, sottoscrivano obbligazioni e titoli similari emessi da piccole e medie imprese.

In particolare, siffatta garanzia può essere concessa a fronte sia di singole operazioni di sottoscrizione di obbligazioni e titoli similari, sia di portafogli di operazioni.

Al Ministero delle Finanze, di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico, viene affidato il compito di definire i requisiti e le caratteristiche delle operazioni ammissibili, le modalità di concessione della garanzia, i criteri di selezione, nonché l’ammontare massimo delle disponibilità finanziarie del fondo da destinare alla copertura del rischio derivante dalla concessione della garanzia.

Con decreto del 5 giugno 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 172 del 26 luglio 2014 (di seguito anche il “Decreto”), il Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, ha dato attuazione alla previsione di cui sopra.

 

MISURE A FAVORE DEL CREDITO ALLE IMPRESE:

L’art. 22 del D.L. 24.6.2014, n. 91 riveste particolare interesse per le Pmi in quanto introduce nuovi canali di finanziamento [da parte di imprese di assicurazione e sace s.p.a.; b) società di cartolarizzazione (spv) e di fondi di credito (OICR)], che si affiancano a quello bancario.

In particolare, con riferimento alle imprese di assicurazione e SACE il decreto sottrae determinate attività delle imprese di assicurazione all’obbligo, previsto dal combinato disposto dagli art. 106 e 114, comma 1, del T.U. Bancario (D.Lgs. n. 385/1993), di sottoporsi all’autorizzazione in caso di esercizio nei confronti del pubblico dell’attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma (con conseguente obbligo di iscrizione in un apposito albo tenuto dalla Banca d’Italia).

Scopo della norma è quello di semplificare la concessione di finanziamenti seguendo una diversa e più snella, linea procedurale, rispetto a quella del Testo Unico Bancario (TUB).. Tale eccezione viene però subordinata ad alcune condizioni.

 

 

Condizioni per l’erogazione dei finanziamenti da parte di imprese di assucurazione

 

DESTINATARI Soggetti diversi dalle persone fisiche e dalle microimprese, che siano selezionati da una banca o da uno degli intermediari finanziari di cui all’art. 106 del testo unico bancario (tub)
EROGATORI Imprese di assicurazione e di sace spa
CARATTERISTICA DELL’OPERAZIONE L’intermediario che ha selezionato il/i borrower/borrowers deve partecipare al finanziamento mantenendo un “significativo interesse economico” fino alla scadenza dell’operazione.

 

 

Anche con riferimento alle società di cartolarizzazione, la concessione dei finanziamenti alle imprese è subordinata al fatto che le operazioni finanziarie siano comunque gestite da istituti di credito. In più si prevede che i titoli emessi dalle SPV per finanziare le imprese possano essere acquistati solo da investitori istituzionali.

 

Condizioni per l’erogazione dei finanziamenti da parte di imprese di cartolarizzazione

 

DESTINATARI Soggetti diversi dalle persone fisiche e dalle microimprese, che siano selezionati da una banca o da uno degli intermediari finanziari di cui all’art. 106 del testo unico bancario (tub)
EROGATORI Società veicolo (SPV)
CARATTERISTICA DELL’OPERAZIONE

L’intermediario che ha selezionato il/i borrower/borrowers deve partecipare al finanziamento mantenendo un “significativo interesse economico” fino alla scadenza dell’operazione. In secondo luogo, i titoli emessi dalle società di cartolarizzazione per finanziare i prestiti

alle imprese sono collocabili solo presso investitori qualificati.

 

 

Con riferimento agli OICR, ovvero gli organismi di investimento collettivo del risparmio, tali soggetti non saranno più limitati ad investire in finanziamenti concessi da terzi, ma

potranno erogare direttamente crediti “a valere sul patrimonio dell’Oicr”, vale a dire sulle disponibilità che sono state raccolte presso gli investitori del fondo. Si consente in tal modo di istituire i cosiddetti “fondi di credito”, ossia organismi di investimento collettivo del risparmio abilitati: sia ad investire in finanziamenti concessi da terzi, sia ad erogare direttamente crediti a valere sulle disponibilità raccolte presso gli investitori del fondo.

Passando alle novità di carattere fiscale, il Decreto ha introdotto un regime fiscale vantaggioso per gli interessi e gli altri proventi derivanti dalla sottoscrizioni di siffatti strumenti7.

In particolare, al fine di incentivare l’erogazione di finanziamenti da parte delle nuove categorie di finanziatori, viene introdotto l’esenzione dall’applicazione della ritenuta del 26% sugli interessi e altri proventi corrisposti da imprese italiane in relazione ai finanziamenti esteri a medio e lungo termine ricevuti dai soggetti di cui sopra.

In particolare, la nuova disciplina è volta ad eliminare il rischio di doppia imposizione giuridica, che economicamente risulta di norma traslato sul debitore, al fine di favorire l’accesso delle imprese a costi competitivi anche a fonti di finanziamento estere (tra cui i c.d. fondi di credito, che disporrebbero di ampie riserve di liquidità).

Al contempo, la soppressione della ritenuta “in uscita” sopprime anche una potenziale discriminazione fra finanziatori UE, rispetto a quelli residenti in Italia, in quanto la ritenuta del 26% trovava applicazione solo agli interessi su finanziamenti contratti con i non residenti.

Da ultimo, giova rilevare come le operazioni di finanziamento sono soggette anche ad imposizione indiretta dato che si traducono, nella stipula del contratto, nella stipula di numerosi atti accessori e collegati, nella dazione di varie garanzie per assicurare il denaro prestato (il cd. pacchetto).

L’art. 15, D.P.R. n. 601/1973, prevede l’esenzione dall’imposta di registro, dall’imposta di bollo, dalle imposte ipotecarie e catastali e dalle tasse sulle concessioni governative per tutte

le operazioni relative ai finanziamenti a medio e lungo termine e tutti i provvedimenti, atti, contratti e formalità inerenti alle operazioni medesime, alla loro esecuzione, modificazione ed estinzione, alle garanzie di qualunque tipo da chiunque e in qualsiasi momento prestate e alle loro eventuali surroghe, sostituzioni, postergazioni, frazionamenti e cancellazioni, anche parziali, ivi comprese anche le cessioni di credito stipulate in relazione a tali finanziamenti”.

 

In sostituzione delle imposte ordinarie, si prevede che sia dovuta un’imposta sostitutiva pari allo 0,25% dell’ammontare complessivo dei finanziamenti.

 

 

I requisiti per l’applicazione dell’imposta sostitutiva sui finanziamenti
  1. deve trattarsi di operazioni di credito a medio o lungo termine, ossia aventi una durata di almeno 18 mesi più un giorno (c.d. “requisitooggettivo”);
  2. il soggetto erogatore il finanziamento deve essere un istituto di credito esercente il credito a medio e lungo termine (c.d. requisito soggettivo);
  3. sono soggetti all’imposta sostitutiva i finanziamenti erogati in base a contratti stipulati in Italia (c.d. “requisito di territorialità”)8.

 

La presenza di tali requisiti secondo il quadro normativo originario rendeva il regime dell’imposta sostitutiva automaticamente applicabile, indipendentemente dalla volontà delle parti. Poi, con l’art. 12, comma 4, del d.l. 145/2013 l’applicazione dell’imposta sostitutiva sui finanziamenti a medio e lungo termine è stata resa opzionale.

Ora, per effetto della modifica da ultimo introdotta dal D.L. n.91, si prevede che rientrino nell’ambito di applicazione dell’imposta sostitutiva, oltre alle cessioni di credito stipulate in relazione ai finanziamenti che beneficiano del regime, anche le eventuali successive cessioni dei relativi contratti o crediti, nonché i trasferimenti delle garanzie ad essi relativi.

Il D.L. 91 citato, poi, introduce poi una disposizione che aggiunge un nuovo art. 17-bis, al D.P.R. n. 601/1973, che è finalizzata ad ampliare l’ambito dei soggetti ammessi a fruire del regime opzionale per l’imposta sostitutiva, sui finanziamenti a medio e lungo termine. In tal modo la norma si applica anche ai soggetti non residenti, anche non bancari, quali le imprese di assicurazione, le società di cartolarizzazione e gli organismi di investimento collettivo del risparmio, con la finalità di incrementare l’offerta fiscalmente agevolata di credito alle imprese.

 

 

MICROCREDITO ALLE IMPRESE: L’art. 111 del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (T.u.b.)

dispone che, in presenza di specifiche condizioni, i soggetti iscritti in un apposito elenco (ex art. 111 T.u.b.)9 possano concedere finanziamenti a persone fisiche, società di persone, società a responsabilità limitata semplificata, associazioni o società cooperative, per l’avvio o l’esercizio di attività di lavoro autonomo o di micro impresa.

Lo strumento del “microcredito” ha trovato una prima regolamentazione a seguito dell’entrata in vigore del decreto attuativo del MEF n. 176 del 17 ottobre 2014 (pubblicato sulla G.U. n.279 del 1° dicembre 2014), avvenuta in data 16.12.2014. In particolare, a norma dell’art. 1 del citato decreto rientra nell’attività del Microcredito d’impresa, l’attività di finanziamento finalizzata a sostenere l’avvio o lo sviluppo di un’attività di lavoro autonomo o di microimpresa organizzata in forma individuale, di associazione, di società di persone, di società a responsabilità limitata semplificata o di società cooperativa.

 

 

 

Potenziali beneficiari della misura agevolativa

  • Lavoratori autonomi (commercialisti, avvocati, medici, notai, geometri, agronomi, consulenti del lavoro, psicologi, giornalisti, architetti, ingegneri, dentisti, consulente aziendale, tributario, informatico, editoriale, webmaster, ecc.) titolari di partita IVA da meno di cinque anni e con massimo 5 dipendenti.
  • Imprese individuali titolari di partita IVA da meno di cinque anni e con massimo 5 dipendenti.
  • Società di persone, società a responsabilità limitata semplificata o società cooperative titolari di partita IVA da meno di cinque anni e con massimo 10 dipendenti.

 

 

Quanto alle caratteristiche e alle finalità del finanziamento, invece, a norma dell’art. 2 del D.M. 17.10.2014, la concessione di finanziamenti a favore delle suddette imprese deve essere finalizzata, anche alternativamente:

  1. all’acquisto di beni, ivi incluse le materie prime necessarie alla produzione di beni o servizi e le merci destinate alla rivendita, o di servizi strumentali all’attività svolta, compreso il pagamento dei canoni delle operazioni di leasing e il pagamento delle spese connesse alla sottoscrizione di polizze assicurative;

  2. alla retribuzione di nuovi dipendenti o soci lavoratori;

  3. al pagamento di corsi di formazione finalizzati ad incrementare la qualità professionale e le capacità tecniche e gestionali del lavoratore autonomo, dell’imprenditore e dei relativi dipendenti;

  4. al pagamento di corsi di formazione anche di natura universitaria o postuniversitaria volti ad agevolare l’inserimento nel mercato del lavoro delle persone fisiche beneficiarie del finanziamento.

 

 

Quanto all’ammontare massimo del finanziamento è espressamente statuito che i finanziamenti erogati dall’operatore di micro credito:
 non possono essere assistiti da garanzie reali;
non possono eccedere il limite di euro 25.000 per ciascun beneficiario.

Il limite di € 25.000 può essere aumentato di ulteriori euro 10.000, qualora il contratto di finanziamento preveda l’erogazione frazionata, subordinando i versamenti successivi al verificarsi delle seguenti condizioni:

  1. il pagamento puntuale di almeno le ultime sei rate pregresse;
  2. lo sviluppo del progetto finanziato, attestato dal raggiungimento di risultati intermedi stabiliti dal contratto e verificati dall’operatore di microcredito.

 

Peraltro, l’operatore di micro credito può concedere allo stesso soggetto finanziato un nuovo finanziamento per un ammontare, che sommato al debito residuo, non superi il limite di 25.000 euro o, nei casi di erogazione frazionata, di 35.000 euro.

Con specifico riferimento al rimborso dei finanziamenti quest’ultimo è regolato sulla base di un piano con rate aventi cadenza al massimo trimestrale. La data di inizio del pagamento delle rate può essere posposta per giustificate ragioni connesse con le caratteristiche del progetto finanziato.

Per quanto riguarda, invece, la durata massima del finanziamento non può essere superiore a sette anni, ad eccezione dei finanziamenti concessi per la formazione anche di natura universitaria o post-universitaria, per i quali la durata deve essere coerente con

il piano di formazione finanziato e in ogni caso non superiore a dieci anni. Inoltre, il finanziamento dovrà essere restituito, alle scadenze previste, con applicazione di un tasso massimo pari a quello rilevato per la categoria di operazioni risultante dall’ultima rilevazione trimestrale effettuata ai sensi della legge 7 marzo 1996, n. 108, moltiplicato per un coefficiente pari a 0,8. Il tasso è lievemente superiore a quello mediamente concesso dagli Istituti bancari in quanto si tratta di un prestito senza garanzie reali.

 

Con D.M. 24 dicembre 2014, sono state disciplinate, invece, le modalità di concessione della garanzia del Fondo per le Pmi (di cui alla legge n. 662/1996) su finanziamenti di microcredito destinati alla microimprenditorialità.

In particolare, con il suddetto decreto ministeriale sono state regolamentate:

  • le tipologie di operazioni ammissibili;
  • le modalità di concessione della garanzia;
  • i criteri di selezione delle operazioni;
  • la quota e l’ammontare massimo delle disponibilità finanziarie da destinare alla copertura del rischio per le predette garanzie.

 

Con il decreto del MISE del 18.03.2015 (alla data ancora in attesa di essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale) sono state apportate, infine, sostanziali modifiche al citato decreto ministeriale del 24.12.2014. In particolare, è stata prevista una dettagliata procedura per la prenotazione della garanzia, attivabile facoltativamente dal soggetto richiedente il finanziamento.

Il suddetto decreto, inoltre, ha esteso la garanzia del fondo non solo per i finanziamenti concessi dai soggetti iscritti nell’elenco di cui all’art. 111 del TUB, ma anche per quelli erogati, dalle banche iscritte nell’albo di cui all’art. 13 del TUB e dagli intermediari finanziari, iscritti nell’albo di cui all’art. 106 del TUB, autorizzati all’esercizio nei confronti del pubblico dell’attività di concessione dei finanziamenti.

Giova, infine, rilevare come i soggetti finanziatori devono, inoltre, effettuare servizi di assistenza e monitoraggio dei soggetti finanziati e non limitarsi alla mera erogazione dei finanziamenti10.

 

Anche in questo caso, a supporto del finanziamento, potrà intervenire il Fondo per le Pmi il cui intervento potrà essere richiesta del soggetto finanziatore fino alla misura massima dell’80% dell’ammontare del prestito, tenuto conto di capitale e interessi11.

 

ESEMPIO

Finanziamento di 25.000 €.

Il fondo garantisce l’80%, cioè 20.000 €.

In tale importo massimo, il fondo garantisce l’80% del capitale e degli interessi.

Nel caso in cui il debitore insolvente debba ancora rimborsare 22.000 € di capitale e 7.000 € di interessi, il fondo risponde di € 20.000 e nello specifico:

  • 17.600 € (22.000 * 80%) di capitale;
  • 2.400 € di interessi (7.000 * 80% con tetto massimo globale a 20.000).

 

Giova rilevare come di recente sia stata introdotta una particolare procedura (ancorché soltanto facoltativa) che permette agli imprenditori interessati di accedere direttamente alla prenotazione della garanzia del fondo PMI; procedura quest’ultima che è stata prevista dal citato D.M. 18.03.2015 che integra e in parte modifica quanto già previsto nel decreto del 24.12.2014.

La prenotazione non è un passaggio necessario per ottenere la garanzia.

Infatti, imprese e professionisti si possono rivolgere direttamente a banche, intermediari vigilati, operatori di microcredito o confidi che, anche in assenza di prenotazione, possono effettuare la richiesta di ammissione alla garanzia per un’operazione di microcredito.

Inoltre, è possibile fare più richieste di prenotazione, a condizione che la somma degli importi non superi il limite di 35 mila euro. 11

 

 

Fasi per l’ottenimento diretto della garanzia da parte del soggetto finanziato


La prenotazione

I soggetti beneficiari possono prenotare on line la garanzia in modo semplice e veloce, accedendo all’apposita procedura telematica presente sul sito inserendo i seguenti dati: nome, cognome, codice fiscale e indirizzo email.

Successivamente si può effettuare la prenotazione, indicando soltanto codice fiscale, ragione sociale, forma giuridica, posta elettronica certificata, e-mail e importo dell’operazione.

La procedura on line emette una ricevuta, con relativo codice identificativo, che attesta la prenotazione e che il beneficiario può stampare.

 
La conferma della prenotazione

La prenotazione non comporta automaticamente la concessione di una garanzia nè del connesso finanziamento. La prenotazione resta valida per i 5 giorni lavorativi successivi. Entro questo termine (o anche prima di richiedere la garanzia) il soggetto beneficiario deve trovare un soggetto disponibile a concedere il finanziamento e a confermare online la prenotazione. A tal fine si deve presentare al finanziatore la ricevuta di prenotazione.

 

La presentazione della domanda di ammissione alla garanzia

Dopo la conferma della garanzia, entro 60 giorni deve essere presentata la richiesta di ammissione alla garanzia da parte di un soggetto abilitato ad operare con il Fondo.

 

 

Leggi anche: Equity crowdfunding: cos’è e quali norme lo disciplinano

 

16 maggio 2015

Andrea Scalzo e Claudio Sabbatini

 

 

NOTE

1 L’Allegato I al Regolamento (CE) n. 800/2008 (che, di fatto, riproduce quanto già disciplinato dalla Raccomandazione della Commissione del 6 maggio 2003, attribuendo efficacia vincolante al relativo contenuto), all’art. 2 individua le nozioni di microimpresa, piccola impresa e media impresa, appartenenti alla categoria delle PMI, individuate sulla base del fatturato, del numero di effettivi (coloro che, durante l’esercizio sociale di riferimento, hanno lavorato nell’impresa o per conto di essa a tempo pieno) e del bilancio annuo, operando, al contempo, una distinzione tra imprese autonome, imprese associate e imprese collegate.

2 L’articolo in esame, secondo la previgente disciplina, consentiva l’emissione di obbligazioni per una somma complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili nell’ultimo bilancio sociale. Tale limite poteva essere superato, tra gli altri, ove le obbligazioni emesse in eccedenza fossero destinate alla sottoscrizione da parte di investitori sottoposti a vigilanza prudenziale, nonché in caso di emissione di obbligazioni da parte di una società con azioni quotate, limitatamente alle obbligazioni destinate ad essere quotate negli stessi o in altri mercati regolamentati.

3 In particolare, l’art. 32, comma 26 del d. l. n. 83/2012, convertito in l. n. 134/2012 (c.d. Decreto Crescita) prevede espressamente che: “all’articolo 2412 del codice civile, il quinto comma e’ sostituito dal seguente: «I commi primo e secondo non si applicano alle emissioni di obbligazioni destinate ad essere quotate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione ovvero di obbligazioni che danno il diritto di acquisire ovvero di sottoscrivere azioni».

4 La legge di conversione del Decreto Legge 22 giugno 2012 n. 83 ha inoltre eliminato alcuni requisiti previsti dal testo originario, tra cui la necessaria presenza di uno sponsor (che poteva essere una banca, un’impresa di investimento, una SGR, una SICAV con succursale in Italia, una società di gestione armonizzata) con il ruolo di assistere e supportare l’impresa emittente nella gestione della procedura di emissione, nonché la certificazione dell’ultimo bilancio da parte di un revisore contabile o di una società di revisione iscritta nel registro dei revisori contabili ed infine ha eliminato il necessario collocamento presso investitori qualificati.

5 L’Agenzia delle Entrate precisa inoltre che il requisito della quotazione deve essere verificato al momento dell’emissione delle obbligazioni e dei titoli similari e delle cambiali finanziarie, pertanto in caso di successivo delisting, ossia qualora in un momento successivo all’emissione tali titoli perdano il requisito della quotazione, continuerà ad applicarsi agli interessi e agli altri proventi derivanti dai titoli il regime di deducibilità di cui all’articolo 96 del T.U.I.R..

6 La white list comprende gli Stati e territori che assicurano, sulla base di convenzioni, uno scambio di informazioni. La normativa antielusione mira a contrastare quei comportamenti finalizzati a trasferire i redditi in Paesi esteri con il preciso scopo di evitare il pagamento delle imposte. Con decreto del ministero delle Finanze del 4 settembre 1996, ripetutamente modificato, è stato approvato l’elenco degli Stati con cui risulta attuabile lo scambio di informazioni. Il decreto è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19/09/96. Il decreto Mef dell’11 gennaio 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 21 del 24 gennaio 2013, modifica, aggiornandola, la cosiddetta “white list” o lista bianca.

7 Si ricorda che prima della modifica in esame, ai fini del trattamento fiscale degli interessi in oggetto, bisognava fare riferimento alle norme generali: l’art. 26, quinto comma, D.P.R. n. 600/1973, con cui si prevede che i soggetti sostituti d’imposta devono operare una ritenuta del 26% (12,5%/27% fino al 31 dicembre 2011; 20% dal 1° gennaio 2012 fino al 30 giugno 2014) a titolo di acconto e con obbligo di rivalsa sui redditi di capitale da essi corrisposti. La stessa disposizione prevede delle eccezioni per alcune fattispecie, che riguardano: a) l’esenzione dalla ritenuta per il caso di interessi percepiti da società o enti commerciali residenti in Italia e da stabili organizzazioni di società non residenti o comunque percepiti nell’esercizio di imprese commerciali (e tassati in Italia ai fini IRES); b) la riduzione della ritenuta quando gli interessi sono percepiti da soggetti residenti in uno Stato con cui è in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni (ad esempio quando gli interessi sono corrisposti ad una banca residente in uno Stato europeo diverso dall’Italia).

8 Infatti dato che l’imposta di registro per effetto dell’art. 2, D.P.R. n. 131/1986 colpisce gli atti formati nel territorio dello Stato italiano, alle operazioni di finanziamento poste in essere da istituti di credito italiani fuori dal territorio nazionale non può applicarsi il regime fiscale dell’imposta sostitutiva, bensì solo il regime in vigore nello Stato estero interessato (così, R.M. 10 aprile 2000, n. 45).

9 I requisiti per essere iscritti nell’apposito elenco dei soggetti abilitati allo svolgimento dell’attività di microcredito sono: a) forma di società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata e cooperativa; b) capitale versato di ammontare non inferiore a quello stabilito ai sensi del comma 5 dell’art. 111 TUB; c) requisiti di onorabilità dei soci di controllo o rilevanti, nonché di onorabilità e professionalità degli esponenti aziendali, ai sensi del comma 5 dell’art 111 TUB; d) oggetto sociale limitato alle sole attività di cui al comma 1 dell’art. 111 TUB, nonché alle attività accessorie e strumentali. Inoltre, per potersi iscrivere all’albo tenuto da Banca d’Italia, l’operatore deve presentare un programma di attività che indichi le caratteristiche dei prestiti che si intendono erogare sotto il profilo delle condizioni economiche, delle finalità, del target di clientela, nonché delle modalità di erogazione e di monitoraggio dei finanziamenti concessi.

10 In particolare, i soggetti che erogano un’operazione di microcredito sono tenuti a prestare, a pena di inefficacia della garanzia, in fase di istruttoria e durante il periodo di rimborso, almeno due dei seguenti servizi ausiliari di assistenza e monitoraggio: a) supporto alla definizione della strategia di sviluppo del progetto finanziato e all’analisi di soluzioni per il miglioramento dello svolgimento dell’attività; b) formazione sulle tecniche di amministrazione dell’impresa, sotto il profilo della gestione contabile, della gestione finanziaria, della gestione del personale; c) formazione sull’uso delle tecnologie più avanzate per innalzare la produttività dell’attività; d) supporto alla definizione dei prezzi e delle strategie di vendita, con l’effettuazione di studi di mercato; e) supporto per la soluzione di problemi legali, fiscali e amministrativi e informazioni circa i relativi servizi disponibili sul mercato; f) con riferimento al finanziamento concesso per la formazione anche di natura universitaria o post-universitaria, supporto alla definizione del percorso di inserimento nel mercato del lavoro; g) supporto all’individuazione e diagnosi di eventuali criticità dell’implementazione del progetto finanziato.

 

11  Sempre con il Decreto ministeriale 24 dicembre 2014, è stata stabilita, tra l’altro, la dotazione economica del fondo. In particolare, per la concessione di garanzie del Fondo alla data del 1° gennaio di ogni anno, sono destinate risorse fino a un importo annuo massimo di euro 30.000.000,00.

La predetta quota e l’importo annuo massimo delle risorse disponibili sono aggiornate, con cadenza biennale, con provvedimento del Ministero dello sviluppo economico, sentito l’Ente nazionale per il microcredito, tenuto conto dell’andamento del mercato e delle garanzie rilasciate.

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