Credito d'imposta e modello CVS

l’imprenditore, che aveva diritto al credito d’imposta per investimenti effettuati in aree svantaggiate del paese, doveva obbligatoriamente presentare il modello CVS nei termini per far valere il prorio credito d’imposta

Con l’ordinanza n. 453 del 13 gennaio 2014 (ud. 4 dicembre 2013) la Corte di Cassazione ha confermato l’indirizzo rivelatosi ormai costante, secondo cui “l’imprenditore ammesso a beneficiare, ai sensi della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8, dei contributi, concessi sotto forma di credito d’imposta, per l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, decade da tale beneficio ove abbia omesso di presentare (come previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, primo comma, lett. e), nel termine del 28 febbraio 2003, la comunicazione telematica avente ad oggetto le informazioni sul contenuto e la natura dell’investimento effettuato (cosiddetto ‘modello CVS’) essendo il suddetto termine previsto dall’art. 62 cit. a pena di decadenza, e non avendo, altrimenti, alcun senso la sua previsione ove il beneficio del contributo fosse subordinato alla realizzazione dell’investimento, e non anche all’invio della comunicazione telematica (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3578 del 13/02/2009)”.

Nel caso di specie risulta pacifico che la comunicazione non è stata effettivamente inviata entro il prescritto termine.

Brevi indicazioni

Come è noto, dopo l’intervento della Corte Costituzionale, che con ordinanza n. 185 del 26 giugno 2009 (ud. del 22 giugno 2009) ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 62, c. 1, lett. a, della L. 27 dicembre 2002, n. 289, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 55/E del 23 dicembre 2009 aveva già fornito ai propri uffici le direttive da seguire, in particolare sulla problematica legata all’assenza o tardivo invio del CVS.

L’art. 62, c. 1, lett. a, della legge n. 289 del 2002, nella parte in cui stabilisce il termine ultimo entro cui effettuare, a pena di decadenza dall’agevolazione, la comunicazione dei dati relativi alla fruizione del credito di imposta previsto dalla legge n. 388 del 2000, ha superato più volte il vaglio di legittimità costituzionale (cfr. ordinanze della Corte costituzionale n. 124 del 24 marzo 2006, n. 180 del 7 giugno 2007 e n. 185 del 26 giugno 2009).

Nella giurisprudenza di legittimità si è affermato un indirizzo favorevole all’Amministrazione finanziaria, che conferma la decadenza dal diritto al credito di imposta di cui all’art. 8 della legge n. 388 del 2000 in caso di omessa o ritardata presentazione del modello CVS (cfr. sentenze della Corte di cassazione n. 3578 del 13 febbraio 2009 e n. 19627 dell’11 settembre 2009).

Come detto, la Corte costituzionale ha più volte confermato la costituzionalità dell’art. 62, c. 1, lett. a, della legge n. 289 del 2002, nella parte in cui prevede il termine entro cui effettuare, a pena di decadenza dall’agevolazione, la comunicazione dei dati relativi alla fruizione dei crediti di imposta di cui alla legge n. 388 del 2000.

Più specificamente, segnaliamo alcune importanti sentenze in materia.

  • Con l’ordinanza n. 124 del 2006, la Consulta ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della sopra citata disposizione, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, sul motivo che “la norma censurata non dispone per ilpassato, ma fissa per il futuro un obbligo di comunicazione di dati a penadi ‘decadenza dal contributo’, a nulla rilevando che tale decadenza abbia adoggetto un contributo già conseguito”. In tale occasione, la Corte costituzionale ha avuto modo di affermare, tra l’altro, che “non èirragionevole che il mancato rispetto del termine fissato per lacomunicazione dei dati stessi sia sanzionato, indipendentementedall’effettiva sussistenza dei requisiti per fruire dell’agevolazione, conla ‘decadenza dal contributo’ automaticamente conseguito”, in quanto “talesanzione è diretta a garantire il rilevante interesse pubblico all’immediatadisponibilità dei dati non ricavabili dalla dichiarazione dei redditiall’epoca presentata, ma necessari allo svolgimento sia di uniformi edorganiche politiche di incentivazione, sia di più agevoli e solleciticontrolli sulla spettanza del contributo”.

  • Con l’ordinanza n. 180 del 2007, la Consulta ha confermato la legittimità della norma in parola sia in riferimento all’art. 24 della Costituzione (sul presupposto che il termine fissato dall’art. 62 della legge n. 289 del 2002, non avendo natura processuale, è estraneo all’ambito di tutela del diritto di difesa) sia in riferimento all’art. 97 della Costituzione, in ragione della già accertata natura irretroattiva della norma censurata.

  • Con l’ordinanza n. 185 del 2009, la Corte costituzionale, confermando la legittimità dell’art. 62 della legge n. 289 del 2002, ha osservato, tra l’altro, che “la sollecitaacquisizione di dati esaurienti assume una speciale importanza in relazionealle imprese che hanno già conseguito in via automatica il contributo … che… avevano fornito all’amministrazione finanziaria, con la dichiarazione deiredditi, soltanto quei pochi dati richiesti all’epoca per far valere ilcredito di imposta; con la conseguenza che esse potevano essere assoggettatesolo agli eventuali controlli della dichiarazione previsti in viaordinaria”.

La stessa Corte di Cassazione ha più volte affermato che, in caso di omessa o tardiva presentazione del modello CVS contenente i dati relativi all’investimento effettuato, si verifica la perdita del beneficio di cui all’art. 8 della legge n. 388 del 2000.

In particolare segnaliamo i seguenti interventi.

  • Con la sentenza n. 3578 del 13 febbraio 2009, la Suprema Corte ha ritenuto che “una volta scaduto con il 28 febbraio 2003 il termineper la presentazione del modello, dal quale risulti l’adempimento degliobblighi richiesti per la conferma delle agevolazioni fruite, non poteva nonscattare la decadenza della contribuente dal beneficio del creditod’imposta, altrimenti nessun senso avrebbe potuto avere la previsione delladecadenza, se esso avesse potuto essere eluso”. Secondo i giudici, infatti, la presentazione del modello CVS “costituisce non già una facoltà del contribuente, ma un vero e proprioonere a suo carico, finalizzato all’accertamento delle condizioni necessarieall’attribuzione, in via definitiva, del beneficio in questione”.

  • Con la sentenza n. 19627 dell’11 settembre 2009, la Corte ha sottolineato che “il termine del 28 febbraio 2003 è sempre, sia prima sia dopol’emanazione del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, untermine decadenziale e, poiché la Società non lo ha rispettato … essa èdecaduta dal beneficio”. Inoltre, nella predetta sentenza si precisa che, ai fini della decadenza dall’agevolazione, “è del tutto irrilevante il fattoche essa abbia adempiuto al vincolo previsto dall’art.8 L. 23 dicembre2000, n. 388, secondo cui ‘Il credito d’imposta va indicato nella relativadichiarazione dei redditi’. Si tratta, infatti, di un onere ulteriore ediverso, rispetto a quello”. Difatti, l’adempimento relativo alla comunicazione dei dati entro il 28 febbraio 2003 “è condizione necessaria per acquisire ildiritto al credito d’imposta”, mentre l’adempimento relativo all’indicazione in dichiarazione del credito d’imposta “è condizione necessaria per farlovalere nel computo dell’imposta sui redditi”. Detta pronuncia ha posto altresì in evidenza come la previsione normativa concernente l’onere di comunicazione dei dati entro il 28 febbraio 2003 rispetti il termine stabilito dall’art. 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, secondo il quale “le disposizioni tributarie nonpossono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza siafissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entratain vigore o dell’adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti”. Infatti, ad avviso della Suprema Corte, “lasuccessione delle disposizioni contenute nell’art. 1.1.a).2 DL 12 novembre2002, n. 253, nell’art. 62.1.a).2 L. 27 dicembre 2002, n. 289, e nell’art. 62 L. 27 dicembre 2002, n. 289, hanno prodotto l’effetto di mettere adisposizione del contribuente interessato all’agevolazione tributaria … untermine decadenziale di ben 107 giorni”.

  • Con l’ordinanza n. 22868 del 3 novembre 2011 (ud. 22 settembre 2011) la Corte di Cassazione ha confermato che il mancato invio del CVS fa perdere il diritto al credito d’imposta ex art. 8, della L. n. 388/2000. Infatti, “secondo al giurisprudenza di questa Corte, (Cass. nn. 3578/2009; 16442/2009; 19127/2010) l’imprenditore ammesso a beneficiare, ai sensi della L. n. 388 del 2000, art. 8, dei contributi, concessi sotto forma di credito d’imposta, per l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, decade da tale beneficio ove abbia omesso di presentare (come previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 1, lett. a), nel termine del 28 febbraio 2003, la comunicazione telematica avente ad oggetto le informazioni sul contenuto e la natura dell’investimento effettuato (cosiddetto modello CVS), disposizione che fissa per il futuro un obbligo di comunicazione di dati a pena di decadenza dal contributo”. Inoltre, “le norme della L. n. 212 del 2000 (c.d. Statuto del contribuente), emanate in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost., e costituenti principi generali dell’ordinamento tributario (art. 1), oltre ad essere in alcuni casi idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell’amministrazione finanziaria (v., ad es., l’art. 7, in tema di motivazione degli atti impositivi), costituiscono, altresì, criteri guida per il giudice, in sede di applicazione ed interpretazione delle norme tributarie (anche anteriormente vigenti), per risolvere eventuali dubbi ermeneutici (cfr., ex plurimis, Cass. nn. 17576 del 2002, 7080 del 2004, 9407 del 2005). Tuttavia, le norme stesse non hanno, nella gerarchia delle fonti, rango superiore alla legge ordinaria (tant’è che ne è ammessa la modifica o la deroga, purchè espressa e non ad opera di leggi speciali: art. 1), con la conseguenza che una norma legislativa che si ponga in contrasto con esse, senza che ricorrano le dette condizioni, come non può, per ciò solo, essere oggetto di questione di legittimità costituzionale (non potendo le disposizioni dello Statuto fungere direttamente da norme parametro di costituzionalità: cfr., proprio con riferimento all’art. 3 cit., Corte Cost., ord. n. 180 del 2007), così non può, ovviamente, essere suscettibile di disapplicazione (da ultimo, Cass. n. 8254/2009)”.

  • Con la sentenza n. 3774 del 15 febbraio 2013 (ud. 12 dicembre 2012) la Corte di Cassazione ha dichiarato la legittimità dell’avviso di recupero di un credito d’imposta per la mancata osservanza da parte della società del termine perentorio di invio della comunicazione telematica del modello CVS di cui all’art. 62, c. 1, lett. a, della L. n. 289 del 2002. Per la Corte, “l’imprenditore ammesso a beneficiare, ai sensi della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8, dei contributi, concessi sotto forma di credito d’imposta, per l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, decade da tale beneficio ove abbia omesso di presentare (come previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 1, lett. e)), nel termine del 28 febbraio 2003, la comunicazione telematica avente ad oggetto le informazioni sul contenuto e la natura dell’investimento effettuato (cosiddetto ‘modello CVS’) essendo il suddetto termine previsto dall’art. 62 cit. a pena di decadenza, e non avendo, altrimenti, alcun senso la sua previsione ove il beneficio del contributo fosse subordinato alla realizzazione dell’investimento, e non anche all’invio della comunicazione telematica (Sez. 5, Sentenza n. 3578 del 13/02/2009). Il termine del 28.2.2003, inizialmente previsto dal D.L. n. 253 del 2002, poi non convertito, ma successivamente ripreso dalla L. n. 289 del 2002, non si riferiva alla mancata presentazione ma costituiva un limite invalicabile rispetto al decreto del direttore dell’Agenzia per la necessaria trasmissione del modello CVS. Infatti una volta scaduto con il 28 febbraio 2003 il termine per la presentazione del modello, dal quale risulti l’adempimento degli obblighi richiesti per la conferma delle agevolazioni fruite, non poteva non scattare la decadenza della contribuente dal beneficio del credito d’imposta, altrimenti nessun senso avrebbe potuto avere la previsione della decadenza, se esso avesse potuto essere eluso”. Per la Corte questo termine è perentorio, a pena di decadenza, “e non avendo, altrimenti alcun senso la sua previsione ove il beneficio del contributo fosse subordinato alla realizzazione dell’investimento, e non anche all’invio della comunicazione telematica (Sez. 5, Sentenza n. 16442 del 15/07/2009 Cass. n. 3578/2009). Invero la norma di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 62, è diretta espressione del potere, demandato al Ministro delle finanze, di stabilire con D.M. le procedure di controllo prevedendo ‘specifiche cause di decadenza dai diritto di credito’, e trova la sua ‘ratio’ nell’esigenza di definire entro un tempo determinato l’inerente onere finanziario, altrimenti sospeso ‘ad libitum’ (Cfr. anche Cass. Sentenza n. 15865 del 23/07/2005)”. Osserva, ancora, la Suprema Corte che “la presentazione di tale modello, costituisce non già una facoltà del contribuente, ma un vero e proprio onere a suo carico, finalizzato all’accertamento delle condizioni necessarie all’attribuzione, in via definitiva, del beneficio in questione. E’, peraltro, irrilevante, al fine di stabilire se il contribuente sia o meno incorso in decadenza, la circostanza che il medesimo abbia adempiuto alla previsione della L. n. 338 del 2000, art. 8, comma 5, n. 1, secondo cui ‘Il credito d’imposta … va indicato nella relativa dichiarazione dei redditi’. Trattasi infatti di onere altro e diverso rispetto a quello regolato dal D.L. n. 253 del 2002, art. 1, comma 1, lett. a), n. 1, e dalla L. n. 289 del 2002, art. 62, comma 1, lett. a). L’adempimento del secondo onere è condizione necessaria per acquisire il diritto al credito d’imposta, mentre l’adempimento del primo è condizione necessaria per farlo valere nel computo dell’imposta sui redditi (v. Cass., 11/9/2009, n. 19627). Evidente è allora l’inutilità della pretesa, in sede di dichiarazione dei redditi, di un credito d’imposta in realtà mai acquisito, per essere già intervenuta la decadenza nell’adempimento dell’onere di comunicazione in argomento (v. Cass., 11/9/2009, n. 19627)”.

3 aprile 2014

Roberta De Marchi