Il recesso contrattuale da parte del cliente

analisi degli aspetti giuridici ed operativi che intervengono quando il cliente “ci ripensa” ed utilizza lo strumento del recesso contrattuale

In determinate circostanze il cliente che ha perfezionato l’acquisto di un bene può avvalersi della facoltà di recedere dall’acquisto e chiedere la restituzione dell’intera somma pagata.

Può essere dunque utile riepilogare taluni aspetti operativi connessi con l’istituto del recesso come, ad esempio, la possibilità, da parte del cedente, di recuperare l’IVA inizialmente rivalsata oppure i riverberi sui proventi contabilizzati in occasione della vendita originaria.

Sotto il profilo normativo, la possibilità data al cliente di recedere dall’acquisto dopo il relativo perfezionamento può in primo luogo derivare da specifici obblighi di legge, come ad esempio nel caso della cosiddetta vendita “a distanza”1.

RECESSO IN CASO DI VENDITA “A DISTANZA”

Infatti, la normativa vigente prevede per la clientela della cosiddetta “vendita a distanza” il diritto di recedere per la totalità dei contratti conclusi al di fuori degli esercizi commerciali (o per strada o in alberghi o su autobus) e dei contratti a distanza.

Per altro, a seguito della riforma del commercio a suo tempo attuata con il D.Lgs. n.114 del 31 marzo 1998, la vendita a privati consumatori effettuata utilizzando Internet è stata assimilata alla vendita “a distanza”.

Infatti, l’art.18 del citato decreto compendia una serie di tipologie di vendite a distanza e, più esattamente, quelle per corrispondenza, quelle televisive e quelle effettuate mediante altri sistemi di comunicazione, tra i quali possiamo senz’altro annoverare le vendite elettroniche.

Ciò in quanto il D.Lgs. 114, per effetto di quanto disposto dall’art.4, comma 1, lettera h), punto 3, dello stesso D.Lgs., trova applicazione anche con riferimento alle forme speciali di vendita effettuata «tramite … altri sistemi di comunicazione», implicitamente comprendendo – nell’ambito dei cennati sistemi – anche il mezzo elettronico.

In questo senso, per altro, è l’avviso del ministero dell’Industria, che – con la Circolare n.3487/C del 1° giugno 2000 – ha fornito alcune indicazioni sulla disciplina applicabile all’attività di vendita tramite mezzo elettronico e ha tra l’altro confermato che «il commercio elettronico, ossia l’attività commerciale svolta nella rete Internet mediante l’utilizzo di un sito Web (e-commerce), ove sia svolta nei confronti del consumatore finale e assuma la forma di commercio interno, è soggetta alla disciplina dell’articolo 18 del predetto decreto 114».

Per chiarezza logico sistematica, va precisato che l’assimilazione del commercio Internet alle vendite per corrispondenza riguarda esclusivamente la vendita di beni tradizionali (come il vino, i libri, i computers etc.) e non anche il commercio dei prodotti digitali, la cui vendita integra invece la fattispecie della prestazione di servizi.

CLAUSOLA DI RECESSO COME POLITICA DI VENDITA

E’ anche possibile che, indipendentemente da aspetti normativi. Le politiche di marketing praticate dall’azienda prevedano di favorire il “sell out” di prodotti strategici dell’azienda e di favorire l’acquisizione di particolari quote di mercato mediante la concessione a specifici segmenti di clientela di particolari agevolazioni in termini di rinuncia agli effetti del contratto e di uscita “free of charge” dagli accordi intrapresi.

 

ASPETTI OPERATIVI CONNESSI AL RECESSO

L’acquirente che esercita il recesso è tenuto a restituire o a mettere a disposizione del fornitore il bene acquistato, secondo le modalità ed i tempi previsti dal contratto (nel caso di facoltà sancita ex lege entro dieci giorni lavorativi dal ricevimento del bene), a condizione della sostanziale integrità della merce (cioè che sia stata custodita ed eventualmente usata con normale diligenza).

Per altro, in base a taluni accordi negoziali fortemente incentivanti le vendite, il cedente iniziale può considerare valido il recesso anche per prodotti resi non nel rispetto delle condizioni previste ex lege/ contrattualmente (es.: recesso oltre i termini)2. In particolare, è stata prevista l’applicazione dei recessi anche ai casi di restituzione di bene non integro da parte del cliente.

Il cliente che esercita correttamente la facoltà di recesso ha diritto alla restituzione dell’intero corrispettivo (eventualmente maggiorato delle spese di spedizione) e determina l’esigenza, per il cedente originario, di abbattere il ricavo originato dalla prima vendita (con la chiusura del relativo credito aperto verso il cliente finale) ed effettuare il ricarico del costo correlato, relativo alle merci per la rivendita.

Nella pratica amministrativa, laddove dunque il cliente restituisca il bene inviato dall’impresa, in dipendenza di una specifica clausola contrattuale di «ripensamento» (art. 4, legge 15 gennaio 1992, n. 50), o di concessione negoziale in sede di vendita, la vendita già perfezionata ai fini IVA può essere annullata mediante il procedimento di rettifica previsto dalla legge (Cfr. l’art.26, comma 2, del DPR n.633/72).

Questa procedura è ammessa se, nel momento di effettuazione dell’operazione che si intende annullare, sia stata emessa la fattura (ex art. 21 DPR n.633/72), anche facoltativa, così come previsto per le vendite non soggette obbligatoriamente a fatturazione (art. 22, comma 1, DPR n.633/72).

Se, invece, l’operazione non è stata fatturata, la rettifica non può influenzare l’imposta già definitivamente acquisita nel momento di registrazione del corrispettivo3.

COMMERCIO ELETTRONICO INDIRETTO: RIVERBERI GESTIONALI DEL RECESSO NEL CASO DI CERTIFICAZIONE DEI RICAVI CON ANNOTAZIONE SUL REGISTRO DEI CORRISPETTIVI.

Come accennato, l’e-commerce, in quanto vendita che si perfeziona per il tramite di mezzo elettronico, è assimilabile dal punto di vista operativo alla vendita “a distanza”, al pari della vendita per corrispondenza e questo può avere riverberi non di poco conto nel caso di recesso correlato all’acquisto di beni on-line.

Si tratta, in particolare, del cosiddetto commercio elettronico indiretto, vale a dire alle transazioni realizzate “on-line” solo per quanto riguarda la fase preliminare dell’ordine della merce ed eventualmente anche del relativo pagamento, ma non per quanto attiene alla consegna al domicilio o alla sede dell’acquirente, consegna a cui viene dato seguito nella maniera tradizionale, attraverso il servizio postale o lo spedizioniere.

Ciò stante, sotto il profilo IVA, i corrispettivi per la cessione di beni fisici negoziati via Internet devono essere certificati sulla base di quanto previsto dalle disposizioni sul commercio al minuto4 ed in particolare a quelle specificatamente riferite alle vendite per corrispondenza.

Le cessioni in questione sono regolamentate dall’art.2, comma 1, lettera oo), del DPR 21 dicembre 1996, n.696, in base al quale è stabilito l’esonero dalla certificazione dei corrispettivi (né fattura e né scontrino) per i soggetti che effettuano le vendite per corrispondenza, limitatamente a queste cessioni5.

In concreto, per le vendite ai consumatori privati di beni negoziati via Internet, non sussiste alcun obbligo di certificazione (fattura, scontrino o ricevuta fiscale) dell’operazione, essendo sufficiente la sola annotazione sul registro dei corrispettivi.

La mancanza di un obbligo all’emissione dello scontrino per le vendite formatesi per corrispondenza non preclude, però, che il commerciante Internet debba obbligatoriamente emettere la fattura, ove sia intervenuta la richiesta del cliente, indipendentemente dall’ammontare del corrispettivo che potrà pertanto essere anche esiguo, non essendo prevista una soglia al di sotto della quale il commerciante possa rifiutare l’emissione della fattura.

Le vendite per corrispondenza, infatti, ancorché con gestione amministrativa semplificata, rientrano pur sempre nell’ambito delle operazioni menzionate nell’art.22 del DPR 633/72, in base al quale la fattura va sempre emessa qualora sia richiesta dal cliente.

 

PROBLEMATICA OPERATIVA RELATIVA ALL’EVENTUALE RETTIFICA DEI CORRISPETTIVI.

La cennata soluzione dell’esonero dall’emissione della fattura è senza dubbio un’importante semplificazione negli adempimenti amministrativi connessi con la vendita al pubblico di merci via Internet. Essa presenta tuttavia anche delle controindicazioni con particolare riguardo alla gestione IVA dell’eventuale recesso esercitato dal consumatore entro i termini previsti dal D.Lgs 15 gennaio 1992, n.50 in materia di contratti negoziati fuori dei locali commerciali.

Infatti, ai contratti stipulati con strumenti informatici o telematici si applicano le disposizioni previste dal D.Lgs n. 50/926, di attuazione della direttiva n. 85/577/CEE in materia di contratti negoziati fuori dei locali commerciali.

Il D.Lgs n. 50/92 ha introdotto il principio base del diritto di recesso per il consumatore7 quando il contratto sia stato negoziato fuori dai locali commerciali e, quindi, senza che il consumatore stesso abbia potuto avere il giusto tempo per ponderare la decisione.

È importante notare che l’art. 9, comma 1, di detto D.Lgs., trattando delle altre forme speciali di vendita (offerta televisiva o altri mezzi audiovisivi), estende la portata della tutela anche ai “contratti conclusi mediante l’uso di strumenti informatici e telematici.

In considerazione del disposto dell’art.6 del citato D.Lgs.50, il consumatore che intenda esercitare il diritto di recesso deve inviare all’operatore commerciale – mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento – una comunicazione in tal senso nel termine di 7 giorni, che decorrono dalla data di sottoscrizione della nota d’ordine o dalla data di ricevimento della merce, nel caso in cui non sia predisposta una nota d’ordine.

In tale contesto negoziale, l’utilizzo del registro dei corrispettivi impedisce all’operatore di procedere alla variazione in diminuzione delle operazioni effettuate in dipendenza del «ripensamento» del cliente entro il termine concesso dalla legge.

Stante, infatti, quanto chiarito dall’Amministrazione finanziaria8, i contratti conclusisi ai sensi del citato D.Lgs. 50/92 debbono intendersi perfezionati all’atto della spedizione del bene, a nulla rilevando la successiva restituzione del bene stesso da parte del cliente. Ad avviso dell’Amministrazione, infatti, <<il diritto di recesso, come è noto, ha effetti risolutivi e presuppone un contratto concluso … da cui appunto recedere>>.

Sotto il profilo dell’applicazione dell’IVA, quindi, la vendita è già perfezionata anche se il cliente ha esercitato il diritto di recesso ad esso spettante.

L’operatore Internet ha dunque titolo per recuperare il debito erariale per l’IVA – tramite nota di variazione ai sensi dell’art.26, comma 2, del DPR n.633/72 – soltanto se esso, per la singola operazione da rettificare, ha optato in modo facoltativo per l’emissione della fattura (ai sensi dell’art.21 del DPR 633/72) in luogo dell’annotazione sul registro dei corrispettivi.

Se, invece, l’operazione non è stata fatturata, la rettifica non può influenzare l’imposta già definitivamente acquisita nel momento di registrazione del corrispettivo.

Come noto, in base all’art.26, comma 1, del DPR 633/72, le disposizioni concernenti la fatturazione devono essere attuate anche se «l’ammontare imponibile di un’operazione o quello della relativa imposta viene ad aumentare per qualsiasi motivo, comprese la rettifica di inesattezze della fatturazione o della registrazione»

Le variazioni in diminuzione dell’imponibile, a differenza di quelle in aumento, sono facoltative e le ragioni per le quali un’operazione fatturata viene meno in tutto o in parte o sia ridotta nel suo ammontare imponibile possono essere varie e possono consistere:

a) nella nullità del contratto, nell’annullamento, nella revoca, nella risoluzione, nella rescissione, nonché in altre ragioni cui la legge rinvia per il fatto che esse sono “simili”, ed anche nel mancato pagamento per abbuoni o sconti previsti contrattualmente e di procedure esecutive rimaste infruttuose;

b) in dipendenza di sopravvenuto accordo tra le parti, di sconti e abbuoni non previsti contrattualmente nonché di errata fatturazione.

Particolare attenzione deve essere posta al decorso del tempo nell’even-tualità di variazioni dipendenti da fattori di cui alla sopra riportata lettera b) [variazioni derivanti da sopraggiunto accordo tra le parti o da errata fatturazione].

Nelle ipotesi cennate, infatti, ove la variazione intervenga dopo il decorso dell’anno dall’effettuazione dell’operazione, essa non può esplicare effetti ai fini IVA rimanendo pertanto l’accordo rettificativo circoscritto alla sfera patrimoniale civilistica delle parti.

In concreto, dopo il decorso dell’anno solare dall’effettuazione del-l’operazione (momento questo individuato secondo i già riportati criteri di cui all’art.6 del DPR 633/72), la nota di variazione è “fuori campo IVA” e va eventualmente emessa per la sola quota dell’imponibile.

 

26 luglio 2013

Giovanni Mocci

1 Il diritto di recesso non si applica a tutte le transazioni commerciali, come le vendite tradizionali presso il negozio dove l’acquirente ha la possibilità di vedere preventivamente i beni da acquistare direttamente, ovvero ha possibilità di prendere atto di tutte le caratteristiche merceologiche. Diverso dal recesso, è il diritto del consumatore, nei primi 2 anni dall’acquisto, a eccepire i vizi della cosa acquistata optando senza spese fra riparazione o sostituzione in garanzia per difetti dichiarati al venditore nei primi due mesi. Tale diritto vale anche per acquisto sottocosto, promozioni o in periodi di saldi, e in assenza della confezione originale e non può essere rifiutato dal venditore.

Particolare normativa è prevista invece per le cosiddette “vendite a distanza”, posto che l’art. 4 del DECRETO LEGISLATIVO 15 gennaio 1992, n. 50 attuativo della direttiva n. 85/577/CEE in materia di contratti negoziati fuori dei locali commerciali, ha introdotto il diritto di recesso entro un termine minimo di sette giorni.

Chi acquista un oggetto, sottoscrive un abbonamento o simili ha 7 giorni di tempo per disdire senza penali il contratto che ha firmato. Per l’acquisto di un prodotto, il recesso consiste nella restituzione dell’oggetto, ottenendo a scelta del consumatore i soldi oppure un buono da spendere nello stesso esercizio.

2 Per i beni venduti tramite canale tradizionale, per cui generalmente non è generalmente prevista facoltà di recesso in quanto trattasi non di vendite a distanza/fuori dai locali commerciali, è possibile, anche in questa casistica, che il cedente decida di gestire la restituzione del prodotto come un recesso, provvedendo quindi all’emissione di Nota di Credito per tutte le vendite in precedenza fatturate.

3 Cfr. la Risoluzione del ministero delle Finanze del 20 gennaio 1994 n. VI-12-2615/93 nonché la Circolare 8 agosto 1990 n.26/54572 dell’Ispettorato comp. delle tasse e imposte indirette affari di Milano, punto 4.

4 Si ricorda che – stante quanto previsto dall’art. 18 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114 recante la riforma della disciplina del commercio, l’imprenditore che intende vendere beni fisici a consumatori privati tramite negoziazione Internet deve dare apposita segnalazione certificata di inizio di attività al Comune di residenza dell’imprenditore stesso. Solo in questo caso, quindi, si pone la questione della certificazione dei corrispettivi tramite uno strumento diverso dalla fattura. Invece, l’imprenditore che si rivolge esclusivamente ad altre imprese non deve dal luogo agli adempimenti di cui al citato D.Lgs. 114 e non può nel contempo riferirsi all’art.22 del DPR 633/72 per la certificazione dei corrispettivi.

5 Nel chiarire la portata del DPR 696/96, l’Amministrazione finanziaria (Cfr. la Circolare del ministero delle Finanze n.97/E del 4 aprile 1997) ha precisato che devono essere ricomprese nell’ambito delle vendite per corrispondenza anche le vendite a domicilio, sempreché la consegna dei beni, oggetto degli ordini, non sia contestuale agli ordini stessi. In questo senso, le vendite negoziate in Internet soddisfano senza dubbio il presupposto della cennata non contestualità, postoché la formazione della negoziazione in Rete avviene in un momento distinto anteriore a quello della consegna del bene negoziato.

6 In questo senso stabilisce l’art. 11, comma 2, del DPR n.513/97 recante le disposizioni sulla firma digitale e sulla regolamentazione civilistica-contrattuale dei contratti formatisi per via elettronica.

7 Uno dei veri problemi cui si va incontro trattando della vendita telematica è quello di stabilire quando il compratore sia un “consumatore”. E’ consumatore la persona fisica che agisce per scopi che possono considerarsi estranei alla propria attività professionale”, con la necessità da parte del compratore di dichiarare, al momento dell’acquisto, il proprio status di “consumatore”, comprovandolo con l’indicazione dell’estraneità del bene acquistato alla propria attività professionale o d’impresa (Cfr. in questo senso la Cassazione civile, Sez. III, 14-04-2000, n. 4843).

8 Cfr. la Risoluzione del ministero delle Finanze n. VI-12-2615 del 20-01-1994.