La liquidazione dei compensi del CTU (prima parte)

iniziamo a pubblicare una guida al calcolo dei compensi che spettano ai professionisti che operano (in ambito processuale) come ausiliari del giudice (Alberto Leggi)

1 – NOTIZIE PRELIMINARI E FONTI NORMATIVE

RICOGNIZIONE DELLE FONTI NORMATIVE

La materia della liquidazione dei compensi agli ausiliari del magistrato ha conosciuto una lenta evoluzione normativa, che ha progressivamente condotto il legislatore a superare la concezione di una disciplina specifica per i consulenti tecnici, e a perseguire semmai lo scopo di un inquadramento organico e onnicomprensivo di tutta la materia.

 

Fino all’entrata in vigore del D.P.R. n. 115/2002, il testo di riferimento per la determinazione del compenso del CTU era la legge 8 luglio 1980 n. 319. Oggi il compenso del perito nominato dal giudice è regolato dal menzionato D.P.R. n. 115/2002 “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di spese di giustizia” (d’ora in aventi testo unico) il quale, nell’abrogare esplicitamente la legge 319/1980, ha sostituito, riscrivendole in modo quasi identico, gran parte delle norme che precedentemente concernevano tale materia. Il suddetto testo unico ha esplicitamente abrogato, infatti, la legge 319/1980, fatta eccezione per l’art. 4 relativo agli “onorari commisurati al tempo.

 

Il punto cruciale di questo percorso sta nel passaggio dal sistema della legge 319/1980 al testo unico delle spese di giustizia, di cui al DPR 115/2002, che tende a creare un sistema chiuso suscettibile di eterointegrazione solo in presenza di esplicito rinvio contenuto nel corpo stesso del testo unico.

 

Vale la pena sottolineare questo concetto, poiché non di rado si manifestano tuttora, nella prassi giudiziaria, tentazioni verso la diretta applicazione delle specifiche normative di riferimento delle varie professionalità chiamate a prestare la propria opera in ambito giudiziario; esito che è da ritenere ormai totalmente estraneo a un sistema che, pur con le varie carenze che gli sono addebitate, è completo e autosufficiente, benché non racchiuso in una sola fonte normativa. Occorre allora tracciare il panorama delle fonti, ben sapendo in partenza che l’intera materia di cui stiamo trattando deve trovare ogni soluzione all’interno di tale sistema.

 

Il corpo centrale è senz’altro dato dal testo unico sulle spese di giustizia, al cui interno peraltro si registra una tripartizione sistematica degli istituti, da esaminare meglio in seguito. Il titolo VII della Parte II del testo unico (artt. 49-57) costituisce indubbiamente il precipitato storico di un lungo percorso normativo ma anche giurisprudenziale, che ha portato infine alla creazione, in questo esiguo gruppo di norme, di un vero e proprio statuto dei compensi dell’ausiliare del magistrato (cioè il perito, il consulente tecnico, l’interprete, il traduttore e qualsiasi altra figura competente in una determinata arte o professione, comunque idonea al compimento di atti), al di fuori del quale non è possibile rintracciare alcuna fonte integrativa, diversa da quella della normazione di secondo grado legittimata dall’art. 50, che rimanda a specifici decreti del Ministro della giustizia ai fini della determinazione degli onorari.

 

Un terzo livello normativo, esclusivamente residuale, è costituito dall’unico articolo della L. 319/1980 sopravvissuto al testo unico del 2002. Si tratta dell’art. 4, che resiste nell’ordinamento solo perché in essa è contenuta praticamente tutta la disciplina degli onorari a vacazione (o a tempo).

 

A queste norme occorre aggiungere fin d’ora l’art. 15 del D.Lgs. 2011/150, in materia di riduzione e semplificazione dei riti civili – norma rilevante ai soli fini della disciplina delle controversie previste dall’art. 170 del testo unico.

 

LA DISCIPLINA DELLA LIQUIDAZIONE NEL TESTO UNICO

Il corpo normativo centrale della materia riposa, come già detto, sugli artt. da 49 a 57 del DPR 115/2002, il cui scopo è quello di disciplinare:

– l’individuazione analitica delle spettanze dell’ausiliario (49);

– la distinzione e la misura degli onorari (50);

– la regola di giudizio che deve seguire il magistrato nella liquidazione

(51 );

– le modulazioni in aumento e in diminuzione degli onorari (52);

– la misura degli onorari per incarichi collegiali (53);

– la riserva al potere amministrativo di adeguamento periodico degli

onorari (54):

– i criteri di liquidazione delle indennità (55) e delle spese (56).

 

A questo complesso di nonne si affiancano altri due momenti normativi, rispettivamente dati dall’art. 71 – che disciplina la domanda di liquidazione e i suoi tempi – e dagli artt. 168-171, riguardanti in modo specifico il decreto di pagamento del magistrato, la sua natura di titolo esecutivo, la disciplina dell’opposizione. Si ricollega a quest’ultimo segmento normativo il citato art. 15 del D. Lgs. 150/2011, che rende applicabile il rito sommario di cognizione alle opposizioni di cui all’art. 170 del testo unico.

 

PECULIARITA’ DELLA LIQUIDAZIONE

La tendenziale esaustività del sistema conduce ad alcune affermazioni di principio, che possono così riassumersi:

– il procedimento di liquidazione presenta connotazioni giurisdizionali, poiché il suo normale esito è un decreto costituente titolo esecutivo, suscettibile di un’opposizione a contraddittorio differito; la possibile responsabilità erariale del magistrato non trasforma tale procedimento in attività amministrativa;

– le tariffe professionali esterne al testo unico e ai decreti ministeriali non possono essere tenute in conto dal giudice, nemmeno in via di applicazione analogica (d’altronde, l’art. 50 del testo unico prevede che la misura degli onorari sia stabilita con riferimento alle tariffe professionali, ma tenendo conto della natura pubblicistica dell’incarico (secondo la giurisprudenza il compenso spettante a un ausiliare non esplicitamente contemplato tra le categoria tipiche, deve comunque seguire la tariffa giudiziale e non quella professionale; principio da ultimo applicato in Cass. 14.02.2012 n. 2152);

– la distinzione di fondo tra onorari fissi e variabili, da un lato, e onorari a tempo, dall’altro lato, comporta che le due forme di liquidazione non possono, di principio, coesistere; ciò nel senso che una stessa prestazione non può essere compensata facendo riferimento indifferentemente all’uno o all’altro criterio, e inoltre nel senso che una prestazione puramente accessoria va liquidata con riferimento all’onorario fiso o variabile, in via di principio; e solo in via subordinata può essere liquidata con riferimento all’onorario a tempo;

– la liquidazione deve avvenire tenendo conto, in prima battuta, degli onorari e solo ove la prestazione non sia inquadrabile in alcuna delle tipologie previste dagli artt. da 2 a 28 del decreto ministeriale sarà possibile far capo alle variazioni;

– gli onorari vanno sempre considerati come onnicomprensivi, ai sensi dell’art. 29 del decreto ministeriale; dunque, tutte le attività funzionali allo svolgimento dell’incarico sono automaticamente ricomprese nella liquidazione, senza possibilità di distinzioni; esporre, ad esempio, come autonome le spese per i rilievi tecnici e fotografici e per la cancelleria, è da considerare precluso, secondo la detta norma.

 

A questi principi di massima la giurisprudenza ha applicato alcuni piccoli temperamenti, il più importante dei quali è quello secondo cui il principio di onnicomprensività posto dall’art. 29 del decreto ministeriale riguarda le attività complementari e accessorie, ma non quelle attività che si presentino del tutto autonome rispetto a quella principale. In tali casi, quindi, non solo le diverse prestazioni potranno essere valutate secondo diverse tipologie di onorari, ma anche mediante cumulo di onorari fissi/variabili e onorari a tempo.

 

Inoltre, è principio affermato in giurisprudenza quello secondo cui la subalternità del metodo di liquidazione a vacazioni può essere derogato mediante applicazione analogica delle fattispecie tipiche (Cass. 17685/2010).

 

Quanto alle regole di applicazione della liquidazione, va considerato che il magistrato deve attenersi a un criterio di valutazione rigida delle vacazioni effettivamente necessarie al compimento dell’incarico (Cass. 2410/2012) e inoltre e della specifica documentazione delle spese, che va comunque esaminata dal magistrato ai fini della valutazione di pertinenza.

 

Rilevante è l’art. 56 del testo unico anche in tema di spese sostenute per i fiduciari dell’ausiliare. Se si tratta di prestatori d’opera designati per attività strumentali (purché ne sia stato autorizzato preventivamente l’impiego), le spese vanno determinate comunque secondo le tabelle applicabili agli ausiliari (Cass. 15535/2008). Ma se le prestazioni hanno una propria autonomia rispetto all’incarico, occorre non solo la preventiva autorizzazione, ma la vera e propria nomina da parte del magistrato.

 

Altro aspetto di rilievo, non di rado presente nella prassi giudiziaria, è quello riguardante il sindacato del magistrato sulla idoneità della prestazione; problema che si pone segnatamente con riguardo al lavoro del consulente tecnico. ln particolare, si sono poste talvolta questioni circa la liquidabilità degli onorari in caso di inadeguatezza nel merito della consulenza tecnica, o sua asserita invalidità. Il principio di diritto affermato in giurisprudenza è quello secondo cui il magistrato non possa valutare, nemmeno in sede di opposizione, la validità e l’utilità della consulenza tecnica (Cass. 3024/2011) ma deve senz’altro escludere il diritto a compenso allorquando l’attività dell’ausiliare non sia utilizzabile nemmeno astrattamente o perché non conferente all’incarico o per effetto di una dichiarata nullità della consulenza (Cass. 4655/2006).

 

La giurisprudenza esclude, inoltre, la possibilità di liquidare alcun compenso per l’attività integrativa svolta dal consulente richiamato per chiarimenti, allorquando essa sia strettamente necessaria e non estranea rispetto all’oggetto della prestazione (Cass. 4655/2006).

 

EVOLUZIONE STORICA DELL’ADEGUAMENTO DEI COMPENSI

Come già precisato in precedenza, i compensi sono suddivisi in tre classi fondamentali:

i compensi ad importo fisso (1)

i compensi ad importo variabile (2)

i compensi a vacazione (3)

 

Per vacazione si intende il lavoro peritale di due ore o frazione. La vacazione può essere divisibile soltanto a metà (cioè un’ora) per cui, ad esempio, la prestazione durata un’ora ed un quarto varrà come una intera vacazione. Poiché l’art. 1 del D.M. 30.05.2002 determina in euro 14,68 l’importo della prima vacazione ed in euro 8,15 l’importo delle vacazioni successive, occorre precisare che per prima vacazione si intende la prima in assoluto (cioè le prime due ore di inizio delle operazioni) per cui tutte le vacazioni successive saranno quotate euro 8,15 a nulla influendo l’eventuale sospensione e successiva ripresa dei lavori peritali. Sono consentite non più di quattro vacazioni giornaliere.

 

L’articolo 10 della legge 419/1980 prevedeva l’adeguamento triennale della misura degli onorari. Tale scadenza non è stata però strettamente osservata dal legislatore. Infatti:

= con il D.P.R. 27.07.1988 n. 388 sono state adeguate tutte e tre le tipologie dei compensi, in relazione alle variazioni dell’indice ISTAT da dicembre 1984 a dicembre 1987

= con il D.M. 5.12.1997 sono stati adeguati soltanto i compensi a vacazione, in relazione alle variazioni dell’indice ISTAT da agosto 1988 ad agosto 1994

= con il D.M. 30.05.2002 sono state adeguate tutte e tre le tipologie dei compensi, in relazione alle variazioni dell’indice ISTAT da agosto 1994 ad agosto 1999 (per i compensi a vacazione) e da agosto 1988 ad agosto 1999 (per gli altri compensi).

 

Le misure attualmente in vigore sono quelle previste dal D.M. 30.05.2002.

 

11 aprile 2013

Alberto Leggi