Prestazione come diritto d'autore o collaborazione ai testi?

nel mondo della televisione e dei mass media è sempre più frequente l’acquisizione di notizie già elaborate da palinsesti editoriali; è utile esaminare i risvolti, giuridici e fiscali, derivanti dalla formazione di contratti aventi ad oggetto la scrittura di testi per redazioni giornalistiche o trasmissioni televisive

In considerazione della prassi negoziale diffusa nell’industria dell’informazione e dell’intrattenimento, concernente l’acquisizione dell’elaborazione delle news e dei palinsesti editoriali, è utile esaminare i risvolti, prima giuridici e poi fiscali, derivanti dalla formazione di contratti aventi ad oggetto la scrittura di testi per redazioni giornalistiche o trasmissioni televisive.

Identificazione del diritto d’autore

Innanzitutto, oggetto del diritto d’autore sono le opere dell’ingegno di carattere creativo (non l’idea in sé, ma l’estrinsecazione di una idea nuova, originale e creativa, ovvero la sua rappresentazione “materiale” quale espressione del lavoro intellettuale dell’uomo)1. La richiesta originalità dell’opera attiene alla forma dell’esposizione e non al contenuto esposto sicché anche contenuti già di dominio pubblico possono costituire oggetto di opera tutelabile quando siano espresse in una forma che rechi l’impronta originale di una elaborazione personale dell’autore (ad esempio un catalogo può essere oggetto di protezione ai sensi della legge sul diritto d’autore se l’esposizione presenta elementi apprezzabili di creatività).

In linea generale, ai sensi degli artt.7, 38 e 42 della legge 633/1941, per le opere collettive, a cui appartengono riviste e giornali, il diritto morale di autore spetta al direttore, creatore dell’opera complessiva2.

Il diritto patrimoniale di utilizzazione economica appartiene all’editore mentre è di pertinenza del collaboratore il diritto di utilizzare la propria opera su altre riviste o giornali3.

Dal punto di vista giuridico, e di conseguenza sotto l’aspetto tributario, il fatto che il diritto d’autore maturi a titolo originario in capo all’editore non preclude che la remunerazione conseguita dal collaboratore non sia configurabile come compenso per la cessione di opera dell’ingegno.

Infatti, ove la collaborazione editoriale sia resa in contesto negoziale diverso dal rapporto di lavoro dipendente4, l’insorgenza del diritto d’autore in capo all’editore non comporta necessariamente che la prestazione del collaboratore non sia suscettibile di tutela come opera dell’ingegno.

Soccorre, al riguardo, sia la giurisprudenza che la prassi dell’Amministrazione finanziaria.

In particolare, è stata riconosciuta natura di corrispettivo per la cessione del diritto d’autore:

alla partecipazione dell’«esperto» (ad esempio, il professore universita-rio) alla realizzazione, con propri scritti, di opera editoriale (Cfr. il Consiglio di Stato, Sez. VI, Sentenza n.77 del 21-01-1993);

all’ideazione dell’intitolazione e del contenuto di rubrica giornalistica (Cfr. Corte di Cassazione Sez. I civile, sentenza n.2702 del 14/7/1976);

alla collaborazione a testa giornalistica che si sostanzia nell’effettivo concorso dell’elaborazione creativa del redattore alla formazione dell’opera collettiva che, come si è visto, è il prodotto editoriale.

Elemento della creatività e mera collaborazione professionale

In relazione alla configurazione giuridica del rapporto negoziale intercorrente tra il collaboratore e l’editore, e del conseguente riflesso sul piano fiscale, l’Amministrazione finanziaria5 ha evidenziato che occorre distinguere tra la “redazione di articoli” e la collaborazione che si sostanzia, ad esempio, nella mera correzione delle bozze e nella fornitura di notizie, qualificandosi la prima attività come cessione di diritto d’autore (ai sensi dell’art.53, comma 2, lettera b), del DPR 917/86) e la seconda, invece, prestazione d’opera a carattere coordinato e continuativo portatrice di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (ai sensi dell’art.50, comma 1, lettera c) bis, del DPR 917/86)6.

Analoga interpretazione è stata espressa dall’Amministrazione finanziaria nella Risoluzione n.145/E del 28 giugno 2007, laddove sono stati riproposti i concetti già consolidati (Cfr. la citata Circolare del Ministero delle Finanze n. 108/E del 3 maggio 1996, nonché la Nota n.75 del 22/2/1990 dell’Ispettorato Compartimentale delle Imposte dirette Lombardia, la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 7/E del 26/1/2001).

Per inciso, ai fini IRPEF, ai sensi dell’art.54, comma 8, del DPR 917/86, l’inquadramento della prestazione come diritto d’autore implica la tassazione sul solo 75% (60% nel caso dei giovani autori minori di 35 anni) del compenso percepito, con l’esclusione dall’Irap.

Ai fini IVA, per il diritto d’autore vige l’esclusione ai sensi dell’art.3, comma 4, lettera a), del DPR 633/72

In pratica, va fatta netta distinzione tra il carattere della originalità e della creatività, che può essere ravvisato nell’elaborazione di testi, e la semplice trasmissione di informazioni e notizie, senza dubbio di valenza divulgativa su un accadimento di potenziale interesse per il pubblico, ma priva degli ulteriori requisiti dell’elaborazione e dell’interpretazione dell’autore tale da dare luogo alla creazione dell’opera dell’ingegno .

Ciò stante, come evidenziato, in relazione alla fattispecie ricorrente nella prassi del rapporto negoziale intercorrente tra committente e prestatore, e del conseguente riflesso sul piano fiscale, occorre avere riguardo alla differenza tra la “redazione di testi” e la collaborazione alla loro stesura, collaborazione che si sostanzia, ad esempio, nella mera correzione delle bozze e nella fornitura di bibliografie, qualificandosi la prima attività come cessione di diritto d’autore e la seconda, invece, prestazione d’opera7.

Ove, dunque, il rapporto contrattuale intercorrente con l’autore, abbia ad esempio ad oggetto la “realizzazione dei testi del Programma, garantendone i requisiti della creatività e dell’originalità, tali da configurare i testi stessi come opera dell’ingegno, proteggibile ai sensi della Legge sul diritto d’autore”, è corretto qualificare il compenso per detta attività, come corrispettivo per l’utilizzazione economica di opera dell’ingegno, posto che l’attività medesima si sostanza nella creazione di un qualcosa di nuovo, creativo e originale tale da suscitare l’attenzione, l’interesse e la curiosità del fruitore del Programma o del lettore della Testata.

Viceversa, laddove l’attività contrattualmente prevista sia meramente di supporto alla stesura di testi, prevedendo, ad esempio, “la collaborazione alla stesura e alla correzione dei testi, la conduzione delle ricerche bibliografiche e tematiche idonee costituire la base informativa per le battute del conduttore”, si ritiene che a detta elaborazione non possa essere attribuito il carattere del diritto d’autore difettando il carattere della creatività e dell’originalità.

 

23 marzo 2013

Giovanni Mocci

1Cfr. l’Art. 6 della Legge del 22 aprile 1941, n. 633 (Legge sul Diritto d’Autore).

2 Cfr. Cass. civile, sez. I, 25-09-1999, n. 10612

3 Tale regolamentazione si applica in mancanza di diversa pattuizione tra le parti, sicché è valido l’accordo tra colla-boratore ed editore di riprodurre una volta soltanto il proprio lavoro ed entro un tempo determinato dalla prima pubblicazione, con conseguente obbligo di compensare nuovamente ogni successiva utilizzazione della stessa collaborazione, anche se la pubblicazione avvenga assemblando quelle già compensate perché precedentemente stampate su numeri rimasti invenduti e pur se i negativi sono stati ceduti.

4 La giurisprudenza di Cassazione (Cfr. la Sentenza della Sez. Lavoro n. 12089 del 1°/7/2004), esaminando un con-tenzioso avverso la RAI SpA innescato da un giornalista dipendente dell’azienda, ha evidenziato che esiste uno stretto nesso di causalità fra l’attività dovuta in relazione al rapporto di lavoro dipendente e l’opera dell’ingegno realizzata in tale contesto giuridico, giacché occorre verificare se quest’ultima costituisca o no l’esito programmato della prima. In particolare, qualora si evidenzi che la prestazione creativa integra l’oggetto del rapporto di lavoro dipendente, i diritti patrimoniali sono attribuiti totalmente al datore di lavoro, con la conseguenza che non sarà il datore di lavoro a dover provare quali diritti sono trasferiti, bensì il lavoratore a dover dimostrare, con riferimento al lavoro giornalistico di per sé creativo, la ricorrenza di un’opera creata del tutto al di fuori dello svolgimento del rapporto di lavoro, fuori dell’orario di lavoro o del luogo di lavoro, e senza l’utilizzazione di strumenti, documentazione e strutture di ricerca e comunicazione appartenenti al datore di lavoro.

5 Cfr. la Circolare del Ministero delle Finanze n. 108/E del 3 maggio 1996, Nota n.75 del 22/2/1990 dell’Ispettorato Compartimentale delle Imposte dirette Lombardia, Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 7/E del 26/1/2001.

6 In relazione al trattamento IRPEF tributario delle prestazioni di cui trattasi è dato resoconto in apposita sezione. Giova in questa sede evidenziare che – in considerazione della regolamentazione giuslavoristica delle collaborazioni coordinate e continuative varata con il D.Lgs. 10 settembre 2003, n.276 (cosiddetta “Riforma Biagi”) – ove la pre-stazione dell’interessato risulti in continuità e coordinazione con l’attività del committente – è opportuno verificare l’effettivo esperimento delle formalità richieste dalla norma citata, a meno che non si voglia incorrere nella possibile conversione del rapporto contrattuale in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data della sua costituzione.

7 Altro aspetto che va evidenziato è quello della connotazione autorale correlata alla “riproducibilità” dell’opera. In proposito l’INPGI (la Cassa di previdenza dei giornalisti), nella Circolare del 1° novembre 2008 relativa alla contribuzione alla gestione separata dei giornalisti, ha segnalato che se l’attività resa dal giornalista si presenta un contenuto informativo ed esaurisce la sua funzione con la prima e tempestiva diffusione allora si ha prestazione giornalistica professionale (opera “lavorativa”). Ove, invece, sussiste il diritto alla riproduzione dell’opera, allora si ha diritto d’autore (“momento intellettuale”). E’ dunque legittimo che con lo stesso giornalista si possa instaurare un duplice rapporto, uno di tipo “lavorativo” professionale con partita IVA e l’altro di tipo “autorale”, ma perché ricorra il presupposto del diritto d’autore, è bene che il secondo rapporto comporti il diritto alla riproduzione nel tempo e non si esaurisca, invece, nella diffusione tempestiva della notizia.