Interruzione del processo e mancata riassunzione

la pronuncia dell’estinzione del processo, successiva all’interruzione dello stesso, può essere resa in difetto della preventiva comunicazione dell’avviso di trattazione della lite agli eredi, processualmente inerti, della parte deceduta

La sentenza n. 21128, depositata dalla Corte di Cassazione il 13 ottobre 2011, rappresentando una ineccepibile motivazione in tema di estinzione del processo per mancata riassunzione, costituisce – nel contempo – una “sicura” traccia operativa per le parti che si trovassero in un assetto processuale simile a quello del caso di specie.

Infatti – secondo le indicazioni del giudice di ultima istanza – la pronuncia dell’estinzione del processo, successiva all’interruzione dello stesso, può essere resa in difetto della preventiva comunicazione dell’avviso di trattazione della lite agli eredi, processualmente inerti, della parte deceduta nelle more dello svolgimento della controversia.

Nel caso di specie, l’estinzione de qua (poi infruttuosamente impugnata in Cassazione) veniva affermata dalla Ctr – evidentemente senza la convocazione processuale dei contribuenti, per effetto della mancata riassunzione della lite (da parte di questi ultimi) entro il termine di sei mesi dalla interruzione del processo, a sua volta intervenuta contestualmente alla dichiarazione, rilasciata dal difensore, del decesso della parte.

Da premettere che il modo dell’interruzione assume un connotato assolutamente centrale nel fondamento di tal tipo di decisioni.

 

Essa agisce quando, dopo la proposizione del ricorso, si verificano fatti – incidentali ed indipendenti dalla volontà delle parti – che, compromettendo la puntuale ed adeguata partecipazione di queste ultime e del difensore al giudizio, pongono la lite in uno stato di quiescenza processuale, a sua volta rimuovibile pena l’estinzione del processo, con un atto di riassunzione .

 

Il processo si interrompe ipso iure al momento dell’evento se la parte sta in giudizio personalmente e nei casi previsti al comma 1, lettera b) dell’articolo 40 del D.Lgs. 546/92

 

Se invece , come nel caso commentato, il fatto interruttivo riguarda la parte non costituita in giudizio personalmente, l’interruzione1 ha effetto dal momento in cui la causa-evento è dichiarata in pubblica udienza o tramite apposita dichiarazione scritta del difensore, così come sancito dall’art. 40 del d.lgs n.546/92.

 

Il carattere di specialità dell’art. 40, c. 2, citata fonte, e le espresse disposizioni della norma in esso contenuta («L’ interruzione si ha al momento dell’ evento se la parte sta in giudizio personalmente e nei casi di cui al comma 1, lettera b). In ogni altro caso l’interruzione si ha al momento in cui l’evento è dichiarato o in pubblica udienza o per iscritto con apposita comunicazione del difensore della parte a cui l’evento si riferisce.») rende estranea al giudizio tributario l’applicabilità dell’art. 300, c. 1, c.p.c. che prevede l’opzione alternativa della notificazione alle altre parti.

 

Nel rito tributario, la dichiarazione formale di cui sopra – se non manifestata in pubblica udienza – può avvenire pertanto mediante mero deposito in segreteria di apposito scritto da parte del difensore. Peraltro, oltre la specialità dell’art. 40 rispetto alla citata norma processualcivilistica, bisogna tenere conto che le differenze procedurali con il giudizio civile sono incise dal fatto che la trattazione della controversia tributaria e la conseguente decisione avvengono in camera di consiglio, salva la possibilità di pubblica udienza su istanza di parte.

 

Sulla base di questo assetto, l’ultimo termine per presentare la dichiarazione2 de qua, individuato dal comma 3 dello stesso art.40, è fissato nell’ultimo giorno utile per il deposito di memorie, qualora si proceda in camera di consiglio, o nella chiusura della discussione, qualora si proceda in pubblica udienza.

 

Pertanto, nel caso di specie, avendo il difensore dichiarato in pubblica udienza il decesso del proprio assistito ed avendo la Ctr dichiarato l’interruzione3 del giudizio, correva l’interesse e il conseguente obbligo di riassunzione in capo agli eredi di quest’ultimo, in un termine di sei mesi dalla data del provvedimento di dichiarazione dell’interruzione e non da quello4 espresso da una norma non ammissibile nel processo tributario, come quella di cui al novellato art. art 3055 c.p.c..

 

La decisione de qua, non a caso, rimarca:

– che il provvedimento di interruzione risultava essere legalmente noto agli eredi, subentrati alla sfera giuridica del de cuius, perché emesso a fronte della dichiarazione del difensore di quest’ultimo;

– che l’obbligo della comunicazione relativa alla (successiva) trattazione della controversia sussiste nella sola ipotesi di riassunzione.

 

Rileva, secondo gli Ermellini, l’inerzia degli interessati eredi quale comportamento che compone necessariamente l’estinzione del giudizio, rispettandosi così il precetto della ragionevole durata del giudizio ex art. 111, c. 2, Cost..

 

11 agosto 2012

Antonino Russo

1Il giudizio di Cassazione, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, non si interrompe a causa del decesso della parte. Parte della dottrina manifesta, con indubbio vigore, il pensiero contrario (C.Glendi “ Negata interruzione in Cassazione: tra “Cesare” e “Ponzio Pilato” se il povero “Cristo” muore non succede niente” in “GT – Rivista di giurisprudenza tributaria” n.11/2011, pag. 1339)

2La rilevazione della causa interruttiva è inibita alla iniziativa ex officio del giudice e la controparte non può dolersi della eventuale prosecuzione dl giudizioin conseguenza della mancata manifestazione dell’evento utile a produrre l’interruzione.

3Il provvedimento che dichiara l’interruzione assume la forma dell’ordinanza, pertanto non è opponibile con appello o ricorso per Cassazione.

4Di tre mesi.

5L’inammissibilità dell’art. 305 c.p,c. deriva dalla specialità della analoga norma di cui all’art. 43, c. 2, d.lgs n.546/92.