Amministratore di sostegno: la qualificazione fiscale dell'indennità

se l’amministratore di sostegno è un libero professionista, allora la giusta indennità per lo svolgimento del compito di amministrazione – liquidata dal giudice – rappresenta una componente del reddito di lavoro autonomo

Quando l’incarico di amministratore di sostegno viene affidato ad un professionista (ad esempio un avvocato), l’indennità liquidata ai sensi dell’art. 379 c.c., è qualificabile reddito di lavoro autonomo, costituendo un compenso per lo svolgimento di un’attività professionale, ed è pertanto sottoposta ad Irpef, ai sensi dell’art. 53 TUIR e ad Iva ai sensi degli articoli 3 e 5 D.P.R. 633/1972.

La risoluzione dell’Agenzia delle entrate, n. 2/E del 9 gennaio 2012 spiega perché.

 

L’amministrazione di sostegno. Quadro normativo.

L’amministrazione di sostegno è disciplinata dalla legge 9 gennaio 2004, n. 6. Tale legge si prefigge “di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente”. Il legislatore è pertanto intervenuto introducendo nel libro primo, titolo XII, del codice civile (la cui rubrica è stata sostituita dalla seguente: “Delle misure di protezione delle persone prive in tutto od in parte di autonomia“) il capo I, “dell’Amministrazione di sostegno” e modificando gli articoli 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 del codice civile in materia di interdizioni e di inabilitazione.

Secondo l’art. 404 c.c., la persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica (anziani malati non autosufficienti, soggetti con handicap, malati psichiatrici, etilisti, tossicodipendenti, malati terminali...), si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, che ha cura della persona e del suo patrimonio, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio.

La richiesta di un amministratore di sostegno può essere proposta dallo stesso soggetto beneficiario oppure dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado, dal tutore, dal curatore o dal Pubblico ministero. La scelta dell’amministratore di sostegno avviene con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della persona del beneficiario. Esso può essere individuato dallo stesso interessato – in vista della propria eventuale futura incapacità – mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata. In mancanza, ovvero in presenza di gravi motivi, il giudice tutelare può designare con decreto motivato un amministratore di sostegno diverso.

Nella scelta, il giudice tutelare preferisce, ove possibile, il coniuge (che non sia separato legalmente), la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado ovvero il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata. Nello svolgimento dei suoi compiti l’amministratore di sostegno deve tener conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario.

Il beneficiario, peraltro, mantiene la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno; in ogni caso può compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana (art. 409 c.c.).

Fuori dai casi in cui tale incarico è rivestito dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dagli ascendenti o dai discendenti, l’amministratore di sostegno non è tenuto a continuare nello svolgimento dei suoi compiti oltre dieci anni.

La gestione dell’amministrazione di sostegno rimane sotto la vigilanza del giudice tutelare che può convocare in qualunque momento l’amministratore per chiedere informazioni, chiarimenti e notizie ovvero per fornire istruzioni riguardo gli interessi morali e patrimoniali del beneficiario.

 

Il quesito

Con la risoluzione n.2/E del 9 gennaio 2012, l’Agenzia delle entrate esprime un parere relativamente all’interpretazione del’art. 53 TUIR e, in particolare, circa il trattamento tributario, ai fini Irpef ed Iva, dell’indennità percepita da un avvocato con riguardo agli incarichi di amministratore di sostegno ricoperti.

Secondo l’interpellante l’indennità liquidata dal giudice tutelare all’amministratore di sostegno, ai sensi dell’art. 379, c. 2, c.c., ha la stessa natura compensativa dell’indennità liquidata al tutore in quanto le attività cui si correlano spesso non possono farsi rientrare nelle tabelle professionali dei diritti e degli onorari.

A sostegno della sintetizzata soluzione interpretativa il contribuente cita l’ordinanza n. 1073 del 24.11.1988 della Corte Costituzionale nella quale, viene evidenziata la natura non retributiva dell’indennità percepita dal tutore sulla considerazione che spese e gli oneri da questi sostenuti non sono documentabili.

Aggiunge, infine, che i giudici tutelari per l’attività in oggetto, per un certo periodo, hanno liquidato l’equa indennità prevista dall’art. 379 c. 2 del c.c. comprensiva di oneri accessori (e su quell’importo l’istante ha emesso regolare fattura) e che, successivamente, avevano mutato orientamento non considerando più la suddetta indennità come reddito imponibile. Dunque, spiega il contribuente, il giudice tutelare liquida la sola indennità, indicando che non si tratta di reddito imponibile e non aggiunge gli oneri accessori previsti dalla legge (rimborso forfetario, IVA e CNAP). Diversamente, quando l’istante – in qualità di avvocato – svolge attività giudiziale o stragiudiziale nell’interesse dell’amministrato, il giudice liquida a parte la parcella presentata dal legale su cui poi viene emessa regolare fattura.

In considerazione di quanto esposto l’interpellante ritiene di non dover sottoporre ad Irpef ed Iva l’indennità percepita per l’incarico di amministratore di sostegno e descrive dettagliatamente come intende procedere al recupero delle imposte versate in eccesso.

 

Il parere dell’Agenzia delle Entrate.

L’Agenzia delle entrate si esprime in senso opposto.

Il rinvio all’art. 411 c.c., ammette che all’amministrazione di sostegno si applicano, “in quanto compatibili“, talune norme del codice civile riguardanti l’ufficio tutelare tra cui l’art. 379 c.c. secondo cui “L’ufficio tutelare è gratuito. Il giudice tutelare tuttavia considerando l’entità del patrimonio e le difficoltà dell’amministrazione, può assegnare al tutore una equa indennità. Può altresì, se particolari circostanze lo richiedono, sentito il protutore, autorizzare il tutore a farsi coadiuvare nell’amministrazione, sotto la sua personale responsabilità, da uno o più persone stipendiate”.

Tuttavia, sottolinea la risoluzione, ai sensi dell’art. 408 c.c. “la scelta dell’amministratore di sostegno avviene con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della persona del beneficiario” e può ricadere preferibilmente su un familiare dell’amministrato ma, quando ne ravvisa l’opportunità, e nel caso di designazione dell’interessato quando ricorrano gravi motivi, può chiamare all’incarico di amministratore di sostegno anche altra persona idonea, ovvero uno dei soggetti di cui al titolo II (persone giuridiche) al cui legale rappresentante ovvero alla persona che questi ha facoltà di delegare con atto depositato presso l’ufficio del giudice tutelare, competono tutti i doveri e tutte le facoltà previste nel presente capo”.

Bisogna quindi distinguere l’ipotesi in cui l’amministrazione di sostegno è affidata ad un parente dell’assistito dall’ipotesi in cui venga affidata ad “altra persona idonea”.

In quest’ultimo caso, la relativa indennità, anche se determinata in via equitativa e su base forfetaria, rappresenta comunque, sotto l’aspetto dell’applicazione della normativa tributaria un compenso per lo svolgimento di una attività professionale, qualificabile, quindi, reddito di lavoro autonomo ai sensi dell’art. 53 del testo unico della imposte sui redditi e rilevante ai fini IVA ai sensi degli articoli 3 e 5 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633.

Ciò, sottolinea il documento, con riferimento allo specifico caso rappresentato, è confermato dal provvedimento di assegnazione dell’equa indennità (allegato all’istanza) in cui si afferma che “rivestendo l’Amministratore di Sostegno la qualifica professionale di avvocato, ai fini della determinazione del compenso, quale parametro di riferimento può soccorrere l’art. 7 della Tariffa professionale, in combinazione con l’art. 6 della tabella allegata in materia stragiudiziale, nella parte in cui fa richiamo all’attività di gestione amministrativa in adempimento di incarichi giudiziari e con esclusivo riguardo all’entità dell’onorario“.

La citata ordinanza della Corte costituzionale n. 1073 del 1988, richiamata a supporto dell’interpretazione suggerita dall’istante, oltre ad essere antecedente alle norme che disciplinano l’istituto (2004), riguarda una diversa fattispecie.

La Consulta vi ha, infatti, evidenziato che l’equa indennità di cui all’art. 379 c.c., secondo comma, che il giudice tutelare può riconoscere al tutore, considerando l’entità del patrimonio e le difficoltà dell’amministrazione, non ha natura retributiva ma serve a compensare gli oneri e le spese non facilmente documentabili da cui è gravato il tutore in ragione dell’attività di amministrazione del patrimonio dell’amministrato. Tale decisione è stata, però, emanata nel corso di un giudizio di tutela di un interdetto affidata ad un parente, nella parte in cui non prevedeva a favore del tutore, che presta assistenza personale particolarmente gravosa, l’indennità di cui all’art. 379 c.c. prevista, invece, a vantaggio del tutore in considerazione delle difficoltà dell’amministrazione del patrimonio.

In chiusura, la risoluzione osserva che l’art. 411 c.c. rinvia all’art. 379 c.c., in quanto compatibile, “facendo con ciò presumere che l’applicazione di quest’ultimo” (“Il giudice tutelare tuttavia, considerando l’entità del patrimonio e le difficoltà dell’amministrazione, può assegnare al tutore un’equa indennità”) “comporta comunque una verifica di detto requisito da parte dell’interprete in relazione alla situazione concreta”.

 

3 marzo 2012

Cinzia Bondì