Quando è possibile proporre nuove domande ed eccezioni nel giudizio d'appello

come è noto, nel processo di appello vige il divieto di proporre nuove domande, tuttavia – a volte – è possibile integrare le domande anche in sede di appello…

1. Premessa

Una puntuale ed attenta definizione dell’oggetto della domanda, e delle eccezioni proponibili in appello, costituisce il necessario “viatico” che può far volgere le sorti del giudizio in proprio favore, dopo un primo grado sfavorevole.

Quanto precede esige un’appropriata conoscenza delle opportunità di integrare la domanda e delle eccezioni che hanno formato oggetto del ricorso introduttivo, in considerazione dei particolari limiti in tal senso imposti, ma altresì tenendo in debita considerazione le opportunità offerte in merito dalla peculiare disciplina del contenzioso tributario.

Sino al 1981 il ricorso, quale atto introduttivo del processo tributario, poteva essere presentato in forma libera, nel senso che la formulazione normativa prevista a tal proposito dall’allora vigente d.p.r. n. 636/72 lasciava ampia autonomia al difensore del contribuente, consentendogli di limitarsi a generiche contestazioni della pretesa avanzata dall’amministrazione finanziaria, mediante l’atto impositivo oggetto di impugnazione, con riserva di illustrare successivamente le motivazioni portate a sostegno delle proprie ragioni difensive.

A seguito di forti polemiche sollevate dalla medesima amministrazione finanziaria, si è pervenuti, infine, alla più profonda riforma del processo tributario, rappresentata dal decreto legislativo n. 546/92, che tuttora costituisce il “cardine” della disciplina di riferimento del citato processo.

Il citato decreto ha espressamente previsto all’articolo 18, quali componenti fondamentali del ricorso, atto “introduttivo” del processo, l’oggetto della domanda ed i motivi posti a fondamento logico dell’atto medesimo. Ovviamente, la ratio della norma citata, ha inteso altresì che, sin dal ricorso introduttivo, oltre alla domanda ed ai motivi che la sorreggono, risultino già determinate le eccezioni, siano esse processuali (di rito), ovvero di merito, inserendo nel proprio “corpus” normativo precise disposizioni, tese a vincolare l’integrazione dei motivi a determinate circostanze, ovvero a prevedere specifichi divieti all’introduzione di nuove domande od eccezioni nel giudizio di appello, dei quali ci occuperemo nel prosieguo del presente contributo.

Quanto descritto trova una chiara enunciazione in quanto affermato nella sentenza della Corte di Cassazione, sezione V, n°9754 del 18.06.2003: “il giudizio tributario…, è sostanzialmente caratterizzato da un meccanismo d’instaurazione di tipo impugnatorio, circoscritto alla verifica della legittimità della pretesa effettivamente avanzata con l’atto impugnato, alla stregua dei presuposti di fatto e di diritto in esso atto indicati, e ha un oggetto rigidamente delimitato dalle contestazioni mosse dal contribuente con i motivi specificamente dedotti nel ricorso introduttivo, in primo grado, onde delimitare sin dalla nascita del rapporto processuale tributario le domande e le eccezioni proposte dalle parti. Da ciò consegue che nuove censure del contribuente, introdotte in appello con memoria aggiuntiva, sono inammissibili perchè comportano l’esame di una nuova causa petendi”.

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