L'appropriazione indebita di un credito tributario

se un contribuente si “appropria” di un credito tributario per errore di compilazione dell’intermediario che ha trasmesso il modello F24 esiste l’appropriazione indebita? (C.T.R. di Bari)

COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI BARI – SEZIONE 5

SENTENZA 23/5/11 pronunciata il 7.03.2011, depositata in segreteria il 16 maggio 2011

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Lo studio legale associato, X.X., nella compilazione del modello F24, per il versamento all’Erario dell’imposta IVA e IRAP, relativamente all’anno di imposta 2005, trascriveva in maniera errata il proprio codice fìscale-partita IVA, per cui il pagamento dei tributi effettuato non veniva dal sistema imputato allo studio, bensì a favore di tale X.X. – titolare del codice fiscale inesatto – esercente in Bari il commercio al dettaglio di prodotti del tabacco.

Il 20.06.2008 l’Agenzia delle Entrate-Direzione Centrale invitava lo studio legale a regolarizzare il pagamento delle citate imposte per l’anno 2005 in quanto, dal controllo automatizzato della relativa dichiarazione dei redditi mod. unico 2006, lo stesso risultava omesso.

Il rappresentante legale dello studio associato segnalava tempestivamente all’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Trani – le ragioni per cui risultava inadempiente, precisando che l’erronea indicazione del codice fiscale – partita IVA era da attribuirsi al dipendente dell’Istituto di credito che materialmente aveva compilato il mod. F24.

Per cui, sulla scorta di tutta la documentazione probatoria di rito, chiedeva formalmente all’Ufficio, in data 25.07.2008, di procedere al disabbinamento del pagamento di € 688,00 che, per effetto dell’errore, risultava effettuato da X.X: ed al suo contestuale abbinamento allo Studio associato.

Tale richiesta rimaneva senza risposta, mentre il 22.04.2009 veniva, invece, notificata allo studio la relativa cartella esattoriale n. 014 2009 00040468 47 che il rappresentante legale dello stesso impugnava tempestivamente alla Commissione Tributaria provinciale di Bari, per chiederne l’annullamento, dopo aver, comunque, inoltrato all’Ufficio apposita istanza affinché, alla luce del disguido incontestabile, annullasse in autotutela l’atto impositivo.

Si costituiva in giudizio l’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Trani – evidenziando che: nonostante gli sforzi dell’Ufficio di Trani e della parte lesa per il recupero bonario di detta somma, la sig.ra X.X. rifiutava la restituzione a lei erroneamente accreditata, anzi la stessa si recava presso l’Ufficio di Taranto, affinché fosse abbinata…”.

Pertanto, l’Ufficio concludeva che, in assenza di una eventuale denuncia di appropriazione indebita fatta dallo studio nei confronti di X.X., era stato costretto ad iscrivere a ruolo, con le sanzioni e relativi interessi, la somma delle imposte che risultavano non pagate dallo studio medesimo.

La Commissione adita, con la sentenza n. 2/14/10 rigettava il ricorso, ritenendo legittimo l’operato dell’Ufficio in presenza di imposte che risultavano non versate mentre, prendeva atto della denuncia-querela formalizzata dallo studio nei confronti di X.X., dichiarandosi incompetente per la rilevanza penale assunta dalla vicenda. Compensava le spese di giudizio.

Si gravava di appello lo studio associato X.X., per la riforma della sentenza impugnata in quanto ingiusta, immotivata e contraddittoria.

Eccepiva il comportamento omissivo e palesemente illegittimo dell’Agenzia delle Entrate che, pur in presenza di un incontestato errore materiale commesso nella indicazione del codice fiscale, aveva, comunque proceduto ad abbinare il versamento fatto dallo studio, alla dichiarazione dei redditi di X.X., avallando, in tal modo, l’appropriazione indebita di somme, che, comunque lo studio aveva versato direttamente nelle casse dell’Erario, assolvendo, in tal modo, il suo debito fiscale.

Evidenziava che aveva potuto sporgere querela solo ad avvenuto abbinamento formale del versamento in favore della X.X., effettuato dall’Ufficio, sulla cui base, lamentava, l’Amministrazione finanziaria avrebbe potuto e dovuto effettuare, in autotutela, lo sgravio della cartella impugnata che lo studio aveva dovuto comunque pagare, al fine di evitare azioni esecutive da parte del Concessionario.

Pertanto, gli avv.ti X.X. chiedevano, in riforma della sentenza appellata, che fosse dichiarata nulla la cartella di pagamento impugnata n. 014 20090004046847 relativa all’IVA, nonché illegittima la richiesta di pagamento delle somme che risultavano erroneamente ancora dovute, in quanto già versate alle previste scadenze, con vittoria delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

Facevano, comunque, presente che, nel frattempo, era stata notificata anche altra cartella di pagamento di € 130,68 relativamente all’IRAP che però era stata pagata sempre con lo stesso F24 errato.

Con controdeduzioni l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale delle Entrate – chiedeva il rigetto dell’appello e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’appello è fondato.

Dagli atti processuali risulta, in maniera incontestabile, che lo studio associato, avv.ti X.X. puntualmente provveduto in data 19.07.2006 al pagamento delle imposte I.V.A. e I.R.A.P. dovute per l’anno di imposta 2005, in relazione all’attività professionale, versandole, con delega, nelle casse dello Stato mediante il previsto modello di versamento F24.

Tale adempimento, riconosciuto come avvenuto dall’Agenzia delle Entrate -Ufficio di Trani – non può essere assolutamente vanificato dall’errata indicazione, sul citato modello, del codice fiscale-partita iva dello studio legale, da cui è derivato l’abbinamento casuale del citato pagamento, alla contribuente X.X..

Riconosciuto, quindi, che la X.X. non poteva legittimamente vantare alcun diritto sulla somma di € 688,00, peraltro, regolarmente acquisita dall’Erario a seguito del suo versamento effettuato dallo studio legale, l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto sentire l’obbligo di attivarsi, nelle forme previste dalla vigente normativa, per il disabbinamento dalla X.X. del pagamento della citata somma di 688,00 che, per effetto dell’erronea trascrizione del codice fiscale sul mod. F24, è risultato dalla stessa effettuato e procedere, contestualmente, al suo abbinamento allo studio associato.

Ciò, indipendentemente dalla volontà contraria manifestata dalla X.X., che se assecondata – così come illegittimamente è avvenuto, prima da parte dell’Agenzia delle Entrate-Ufficio di Trani e poi con la sentenza impugnata – determinerebbe un evidente illecito arricchimento della X.X: a spese dello studio legale associato X.X. che, senza alcuna plausibile ragione, è statolo stretto ad assolvere per la seconda volta lo stesso debito di imposta, con il pagamento della cartella esattoriale impugnata, al fine di evitare azioni esecutive da parte del Concessionario.

L’Agenzia delle Entrate ha tenuto, al riguardo, un comportamelo omissivo e rinunciatario al recupero, dalla X.X:, della somma alla stessa abbinata.

Comportamento da ritenere, con tutta evidenza, illegittimo in quanto supportato solo da motivazioni infondate e del tutto irrilevanti giuridicamente (“Nonostante gli sforzi dell’Ufficio di Trani e della parte lesa per il recupero bonario di detta somma, la sig.ra X.X. rifiutava la restituzione a lei erroneamente accreditata…”), atteso che il 1° comma dell’art. 8 del D.lgs. n. 471/97, citato dall’Ufficio nelle proprie controdeduzioni non è pertinente, in quanto non sancisce il divieto di effettuare operazioni di disabbinameto/abbinamento, come richiesto dall’appellante, ma disciplina le violazioni relative al contenuto delle dichiarazioni ai fini delle imposte dirette e dell’I.V.A.

La particolarità della controversia costituisce valido motivo per compensare le spese di giudizio.

P.Q.M.

 

Accoglie l’appello proposto dal contribuente e, in riforma della sentenza impugnata, dichiara nulla la cartella impugnata, nonché illegittima la relativa richiesta delle somme già versate. Dichiara integralmente compensate fra le parti le spese processuali.

 

Bari, 7 marzo 2011