Gli studi associati devono pagare l'I.R.A.P.

lo studio associato presenta il requisito dell’autonoma organizzazione quindi è un contribuente soggetto ad I.R.A.P.

Con ordinanza n. 11933 del 30 maggio 2011 (ud. del 4 maggio 2011) la Corte di Cassazione ha confermato che, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, p.p., ed art. 3, c. 1, lett. c, “l’esercizio delle attività di lavoro autonomo è escluso dall’applicazione dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata; il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui“. (Cass. nn. 3680/2007, 3678/2007, 3676/2007, 3672/2007).

Nel caso specifico, “a) nessun concreto elemento viene indicato, idoneo ad escludere l’esistenza di una autonoma organizzazione, nel caso di che trattasi, di uno studio associato di professionisti, malgrado la peculiarità della considerata forma associativa, trovi, normalmente, la propria ragion d’essere nel conseguimento di benefici, non fruibili in ipotesi di svolgimento della professione esclusivamente personale, strettamente connessi al vincolo contratto con terzi; b) nessun dato concreto viene offerto per dare contezza dell’affermazione secondo cui i “costi per collaboratori” sarebbero “inesistenti in alcuni esercizi e modesti in altri”, nonostante, alla stregua dei richiamati principi, l’impiego di personale dipendente e/o di collaboratori sia normalmente rilevante agli effetti di che trattasi e, d’altronde, la circostanza che il relativo utilizzo non sia avvenuto in tutti gli esercizi, non esonerava dal motivare, in base a quali elementi e considerazioni, per gli altri esercizi, l’effettivo impiego doveva, egualmente, essere ritenuto irrilevante”.

 

Brevi considerazioni

Continuano a non esserci aperture per i soggetti che abbiano un minimo di organizzazione, intesa in senso lato.

Ne dà conferma esplicita l’ultima ordinanza della Corte di Cassazione in materia di studi associati, i quali, indipendentemente dalla struttura adottata, sono soggetti ad Irap.

Lo studio associato, pur non configurandosi come un centro unitario di interessi, atteso che ciascun professionista mantiene la sua autonomia, da luogo, comunque, ad una struttura organizzata.

Occorre considerare, inoltre, che con ordinanza n. 18704 del 13 agosto 2010 (ud. del 9 giugno 2010) la Corte di Cassazione aveva già affermato che In tema di IRAP, questa Corte ha affermato che, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1 (nella versione vigente fino al 31 dicembre 2003) e all’art. 53, comma 1, del medesimo D.P.R. (nella versione vigente dal 1 gennaio 2004) è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata”.

Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente:

a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;

b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit , il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.

 

E l’associazione è già di per sé struttura organizzata, indipendentemente dalla presenza di mezzi di particolare valore economico, poiché essa permette una reciproca forma di collaborazione e sostituibilità.

Si pensi, ad esempio, agli studi associati fra avvocati, che nati magari per suddividere i costi, permettono degli scambi professionali.

In pratica, salvo che i contribuenti associati non riescano a dimostrare la propria autonomia (resta fermo, infatti, che “costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (Cass. n. 3676/07 ed altre)”, e questo può accadere, per esempio, quando gli associati svolgono attività professionali diverse e distinte), lo studio associato è soggetto ad Irap.

Principi peraltro espressi dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 22386 del 3 novembre 2010 (ud. del 7 luglio 2010). Per la Corte, secondo la giurisprudenza di legittimità, “l’esercizio in forma associata di una professione liberale è circostanza di per sè idonea a far presumere l’esistenza di una autonoma organizzazione di strutture e mezzi, ancorchè non di particolare onere economico, nonché dell’intento di avvalersi della reciproca collaborazione e competenza, ovvero della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze, sì da potersi ritenere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello studio, con la conseguenza che legittimamente il reddito di uno studio associato viene assoggettato all’imposta regionale sulle attività produttive, a meno che il contribuente non dimostri che tale reddito è derivato dal solo lavoro professionale dei singoli associati (v. cass. n. 24058/2009)”.Osserva la Cassazione che, “i giudici della C.T.R. avrebbero dovuto pertanto adeguatamente considerare ai fini de quo la natura associata dell’esercizio dell’attività professionale, comportante l’intento di avvalersi della reciproca collaborazione e competenza, ovvero della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze, sì da potersi ritenere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello studio, nonchè l’esistenza di una autonoma organizzazione di strutture e mezzi, ancorchè non di particolare onere economico, ed avrebbero pertanto potuto escludere l’assoggettabilità ad Irap soltanto nel caso in cui il contribuente avesse fornito la prova che il reddito è derivato dal solo lavoro professionale dei singoli associati. Nella specie, invece, i giudici d’appello, non solo non hanno considerato la forma associata dell’attività professionale e le deduzioni in proposito dell’Ufficio, ma neppure hanno specificamente indicato ed esaminato le eventuali prove offerte dai contribuenti, limitandosi a rilevare genericamente che agli atti non risultava la sussistenza di autonoma organizzazione, posto che i beni utilizzati erano quelli necessari all’esercizio dell’attività e che nella specie non era configurabile l’esistenza di una organizzazione autonoma funzionante in maniera indipendente dall’intervento dei professionisti associati (circostanza, quest’ultima, neppure rilevante ai fini della valutazione della sussistenza o meno della autonoma organizzazione, come correttamente rilevato dalla ricorrente nel secondo motivo, v. in proposito Cass. n. 3678/2007”.

 

1 luglio 2011

Roberta De Marchi