Niente I.R.A.P. anche per il medico di base

i medici di base, per la particolarità della convenzione col servizio sanitario nazionale, sono esclusi dall’I.R.A.P.

Con l’ordinanza della Cassazione n.24953 del 9 dicembre 2010 è stato affermato il principio che la disponibilità da parte dei medici di medicina generale convenzionati con il servizio sanitario nazionale di uno studio avente caratteriteristiche e dotato di attrezzature di cui al DPR 270/2000, non integra di per sé, in assenza di personale dipendente, il requisito dell’autonoma organizzazione.

In sintesi, per i giudici di legittimità, il mero rispetto della convenzione con il SSN esclude il medico dall’applicazione dell’IRAP; l’utilizzo dei macchinari richiesti espressamente dalla predetta convenzione non è prova dell’autonoma organizzazione che è requisito necessario per l’assoggettamento all’IRAP. In particolare come già un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di affermare è la “stessa convenzione che qualifica gli arredi e le attrezzature prescritte come indispensabili per l’esercizio della medicina generale. Se un bene strumentale è indispensabile, deve ritenersi che risponda anche al requisito della minimalità, ove non siano dedotti in concreto, come nella specie, costi eccedenti”.

La vicenda nasce a seguito del silenzio rifiuto all’istanza di rimborso irap avanzata da un medico convenzionato con il SSN avverso il silenzio rifiuto all’istanza di rimborso dell’irap; la CTP aveva accolto il ricorso del medico convenzionato avverso il silenzio rifiuto delle Entrate.

L’analisi dei giudici della Cassazione

L’Agenzia delle Entrate nel ricorrere in Cassazione rileva con il primo motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4. In particolare i giudici di merito della CTR non si sarebbero pronunciati su specifiche doglianze sollevate dall’Ufficio circa la mancata prova, da parte del contribuente della inesistenza dei presupposti per l’imposizione tributaria de qua. Per i giudici della Cassazione la censura è infondata. La circostanza che la CTR si sia pronunciata sia in ordine al soggetto su cui grava l’onere probatorio (“graverà sul contribuente che proponga domanda di ripetizione di indebito … dimostrare il fatto costitutivo della pretesa…) sia nel merito (riportandosi alla motivazione espressa dai primi giudici circa l’assenza di personale dipendente e di beni strumentali) porta ad escludere che nel caso in esame si verta in un omesso esame di una domanda o di una eccezione. Con secondo motivo la ricorrente assume la violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., c. 1, n. 3. Lo svolgimento dell’attività di medico convenzionato con il SSN presupporrebbe l’esistenza di una struttura organizzata.

Anche in questo caso per i giudici di legittimità la censura è infondata. In tema di IRAP, la disponibilità, da parte dei medici di medicina generale convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, di uno studio, avente le caratteristiche e dotato delle attrezzature indicate nell’art. 22 dell’Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, reso esecutivo con D.P.R. 270/2000, rientrando nell’ambito del “minimo indispensabile” per l’esercizio dell’attività professionale, ed essendo obbligatoria ai fini dell’instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale, non integra, di per sè, in assenza di personale dipendente, il requisito dell’autonoma organizzazione ai fini del presupposto impositivo (Cass. Ord. n. 10240/2010).

Con terzo motivo l’Agenzia delle Entrate afferma l’insufficiente motivazione circa un fatto controverso. La CTR non si sarebbe pronunciata in ordine a specifiche censure sollevate dall’Agenzia in ordine al contenuto delle dichiarazioni dei redditi relative agli anni 1999 – 2004. In questo caso per i giudici di legittimità la censura è fondata. Nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, è riscontrabile un’obiettiva deficienza del criterio logico che ha condotto il giudice di appello alla formazione del proprio convincimento, in assenza dei dati risultanti dalle dichiarazioni dei redditi relative agli anni 1999 – 2004.

Tale elemento comporta che la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio al giudice del merito, per le sue ulteriori valutazioni, sulla base del principio di diritto affermato e per la liquidazione delle spese.

29 gennaio 2011

Federico Gavioli