L'inutilizzo per lavori fa perdere comunque le agevolazioni

la legge impone che dopo 18 mesi dall’acquisto della “prima casa” ci si trasferisca nel comune ove si acquistata la prima casa

 

Con Ordinanza n. 13800 del 9 giugno 2010 (ud. del 29 aprile 2010) la Corte di Cassazione continua ad applicare la linea dura – ma assolutamente conforme alla norma – in materia di decadenza delle agevolazioni prima casa.

La controversia

La controversia ha per oggetto l’impugnazione da parte del contribuente dell’intimazione dell’allora Ufficio del Registro di Treviso di pagare l’imposta di registro nel suo importo ordinario, per decadenza dai benefici riservati alla prima abitazione.

Il contribuente ha opposto che il superamento del termine di 12 mesi per stabilire la residenza nell’immobile acquistato era dipeso da causa di forza maggiore costituita dal protrarsi dei lavori di ristrutturazione.

La C.T.P. di Treviso ha accolto il ricorso e la C.T.R. ha confermato tale decisione.

Ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate con un unico motivo con il quale deduce l’insufficiente motivazione della sentenza della CTR del Veneto; in particolare, fa notare l’Agenzia ricorrente, che “la CTR non ha adeguatamente valutato la circostanza per cui il contribuente avrebbe potuto stabilire la propria residenza, adempiendo cosi alla prescrizione di legge (L. n. 388 del 2000, art. 33) che, ai fini dell’agevolazione fiscale per l’acquisto della prima abitazione, richiede che l’immobile acquistato sia ubicato nel territorio del Comune in cui l’acquirente ha o stabilisce, entro diciotto mesi dall’acquisto, la propria residenza”.

La censura appare fondata in quanto la CTR si è limitata a tale proposito ad affermare che “la mancanza di altre abitazioni disponibili nel comune di Fossalta di Piave è parimenti plausibile perché chi ha acquistato una casa per abitarla spera di ultimare in fretta i lavori e nello stesso tempo non conclude un contratto per altra abitazione“.

Tale motivazione è stata ritenuta insufficiente “perché non rende conto dell’affermazione relativa alla mancanza di altre abitazioni disponibili e per altro verso contraddittoria perché nell’ipotizzare le ragioni che hanno portato l’acquirente a non trasferire provvisoriamente in un altro immobile del comune di Fossanta di Piave la propria residenza smentisce la precedente affermazione circa l’irreperibilità di altri alloggi disponibili e svalorizza l’affermazione di una causa di forza maggiore consistita nella protrazione dei lavori e nella impossibilità di trovare provvisoriamente un altro alloggio da adibire a propria residenza in attesa della fine dei lavori”.

La Corte, quindi, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della CTR del Veneto che valuterà l’eventuale esistenza di una causa di forza maggiore che abbia effettivamente impedito all’acquirente di trasferire nel termine di legge la propria residenza nel territorio del Comune di Fossanta di Piave e deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Indicazioni normative

Il complesso quadro normativo – previsto dalla legge 22 aprile 1982, n. 186 -, prevede l’applicazione di benefici fiscali per gli atti a titolo oneroso che comportano il trasferimento della piena proprietà o della nuda proprietà, abitazione, uso ed usufrutto relativi ad unità immobiliari non aventi le caratteristiche d’abitazioni di lusso, secondo quanto previsto dal D.M. del Ministero dei Lavori Pubblici del 2 agosto 1969.

Il regime agevolato attualmente in vigore – cfr. art. 3, c. 131, della legge n. 549/95 e art. 7, c. 6, della legge n. 488/99 – offre l’applicazione dell’imposta di registro in misura ridotta (3%) o alternativamente l’Iva con aliquota ridotta (4%), e le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa, sempre che:

  • l’abitazione oggetto di trasferimento sia un’abitazione “non di lusso“;

  • l’immobile sia ubicato nel Comune in cui l’acquirente abbia o stabilisca entro 18 mesi dall’acquisto la propria residenza o nel Comune nel quale svolga la propria attività, incluse quelle senza remunerazione;

  • nell’atto di acquisto (o nel contratto preliminare, al fine di usufruire dell’aliquota agevolata sin dagli acconti eventualmente corrisposti) l’acquirente dichiari di voler stabilire la residenza nel comune dell’acquisto, se non vi si trova già o se in questo non si trova la sua sede dell’attività (vedi sopra);

  • di non essere titolare, esclusivo o in comunione con il coniuge, di diritti di proprietà, usufrutto, uso o abitazione di altra casa di abitazione nel comune dove è situato l’immobile acquistato (se si è già goduto dei benefici prima casa è possibile goderne nuovamente se quanto acquistato in passato non è più nella titolarità del soggetto acquirente, all’atto del nuovo acquisto);

  • di non essere titolare, neppure per quote di comproprietà o in regime di comunione legale, in tutto il territorio nazionale, di diritti di proprietà, anche nuda, o di diritti reali di godimento su altra casa di abitazione acquistata dall’acquirente o dal coniuge con le agevolazioni “prima casa“, a partire da quelle previste dalla legge 22.04.82 n.168 (la titolarità di una sola quota di altra casa, non in comunione con il coniuge, non impedisce l’acquisto agevolato).

Sul punto, richiamiamo l’ordinanza della Corte di Cassazione – n. 24926 del 26 novembre 2009 (ud. del 21 ottobre 2009) -, che ha avuto modo ancora una volta di ribadire che, ai fini della concessione dei benefici tributari per l’acquisto della prima casa, l’acquirente ha l’obbligo di stabilire la residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile acquistato, non rilevando alcun fatto impeditivo. La Corte ha ritenuto manifestamente fondato il motivo di ricorso, con il quale, denunciando la violazione dell’art. 1, nota 2 bis, della parte 1^ della tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, nel testo sostituito dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, si censura la suddetta ratio decidendi; “essa, infatti, non è conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, in tema di imposta di registro, la fruizione dell’agevolazione fiscale per l’acquisto della prima casa richiede, in base alla disciplina introdotta a partire dal D.L. n. 12 del 1985, art. 2 che l’immobile sia ubicato nel comune ove l’acquirente ha, ovvero – come previsto dalle norme successivamente introdotte – stabilisca la residenza entro un determinato termine dall’acquisto (nella specie, regolata ratione temporis dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, un anno), senza che, attesa la lettera e la formulazione delle norme medesime, alcuna rilevanza giuridica possa essere riconosciuta nè alla realtà fattuale, ove questa contrasti con il dato anagrafico, nè all’eventuale ottenimento della residenza oltre il termine fissato, essendo quest’ultima presupposto per la concessione del beneficio e trattandosi di normativa agevolativa e quindi di stretta interpretazione (cfr. Cass. nn. 8377 del 2001, 26115 del 2005, 1173 e 4628 del 2008)”.

Nella sentenza, in rassegna, la Corte lascia però uno spazio aperto, assegnando ad altra sezione della CTR la verifica della sussistenza della causa di forza maggiore.

12 luglio 2010

Francesco Buetto