Responsabilità per tardività della notificazione e decadenza dall’azione tributaria

         Sulla vexata quaestio della legittimazione passiva in capo al Concessionario per vizi propri della cartella esattoriale la sentenza n. 503 del 8 aprile 2008 della Commissione Tributaria Regionale di Roma sez. 1 ha puntualizzato quanto segue:

Per quanto la proposizione sia, in linea di principio esatta e condivisibile, erra l’Ufficio nel continuare pervicacemente a considerare che la tardività della notificazione sia inerente i poteri del Concessionario e come tali rientri nei vizi propri dell’atto imputabili solo a quest’ultimo.

Erra l’Ufficio perché insiste nel parcellizzare il procedimento impositivo scaturente dall’articolo 36 bis del dpr 600/73  (ma in realtà analogo ragionamento deve essere eseguito per qualsiasi altra imposizione scaturente da avviso di accertamento) mentre il procedimento impositivo è unitario ed inizia con la rettifica dell’ufficio, completandosi con l’estereazione della potestà impositiva attraverso  l’ordine di pagamento (coattivamente eseguibile) mediante la cartella esattoriale.

La tempestività della notificazione di questa, dunque, è riferibile alla tempestività dell’esercizio del potere pubblico, risalente, quanto ad imputazioni giuridiche ed effetti, all’Ufficio tributario e non al Concessionario.  

Le questioni di responsabilità per tardività della notificazione e decadenza dall’azione tributaria devono essere risolte all’interno del rapporto fra Fisco e Concessionario, cui il contribuente è estraneo, ma non possono impingere sull’elementare principio giuridico che vuole che il contribuente sia informato esattamente, a pena dì decadenza, nei termini previsti dell’avvenuto esercizio definitivo della pretesa tributaria.

Il significato della sentenza n. 280 del 205 della Corte Costituzionale è esattamente questo, e il decreto legge a 106 del 2005 ha finalmente, con anni di ritardo, adeguato l’ordinamento giuridico a questo elementare principio, stabilendo che anche la notificazione deve avvenire nei termini, espressamente decadenziali (facendo cosi anche giustizia della inopinata interpretazione autentica dell’”articolo 36 bis effettuata a suo tempo con l’articolo 28 della legge n. 449 del 1994).

In definitiva, resta definitivamente acclarato che il contribuente deve individuare il legittimato passivo del ricorso avverso la tardività della notificazione della cartella  esattoriale nei confronti dell’Ufficio tributario e non del concessionario delle imposte.

Sul punto, per altro, la Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n. 16412 del 25 luglio 2007 ha affrontato ed esaminato funditus la questione della legittimazione passiva nel caso di impugnazione della cartella o dell’avviso di mora. La Corte ritiene, e questa Commissione aderisce totalmente alla tesi, che in entrambi i casi, la legittimazione passiva spetta all’ente titolare del credito tributario e non già al concessionario  al quale, se è fatto destinatario dell’impugnazione, incombe l’onere dì chiamare in giudizio il predetto ente, se non vuole rispondere dell’esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporne d’ufficio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non è configurabile nella specie un litisconsorzio necessario.

 

Riflessioni

         Secondo l’ultimo indirizzo giurisprudenziale del giudice di legittimità  l’aver il contribuente individuato nell’uno o nell’altro il legittimato passivo nei cui confronti dirigere la propria impugnazione non determina l’inammissibilità della domanda (rectius: ricorso), ma può comportare la chiamata in causa dell’ente creditore  nell’ipotesi  di  azione  svolta avverso il concessionario, onere che, tuttavia, grava su  quest’ultimo, senza che il giudice adito debba ordinare l’integrazione del contraddittorio (Cass. sezioni unite sentenza n. 16412 del 2007).

         Il  giudice non può ordinare ex officio l’integrazione  del contraddittorio,  in quanto non sussiste tra ente creditore e concessionario una fattispecie di litisconsorzio necessario, anche in ragione dell’estraneità del contribuente al rapporto (di responsabilità) tra l’esattore e l’ente impositore. L’azione, secondo le sezioni unite del giudice di legittimità, può essere svolta dal contribuente indifferentemente nei confronti dell’ente creditore o del concessionario e senza che  tra costoro si realizzi un’ipotesi di litisconsorzio necessario, essendo rimessa alla sola volontà del concessionario, evocato in giudizio, la facoltà di chiamare in causa l’ente creditore  ex articolo 23 del dlgs 546/92.

         La deduzione in giudizio  di  un  vizio  di  notificazione  non  rende  necessaria  la  chiamata del concessionario stesso ad integrare il contraddittorio a pena di improcedibilità del ricorso o dell’appello.

         L’ente creditore rimane, infatti, pur sempre la Pubblica amministrazione nelle sue varie articolazioni (Stato, regione, provincia, comune, eccetera) e, in quanto  domina  della  pretesa impositiva, qualora si  serva  di  un  mandatario  (il  cosiddetto  “braccio esecutivo” dell’ente creditore), quale la concessionaria per la riscossione, ai fini della sola materiale esazione del tributo dovuto, sarà onere della stessa Amministrazione titolare del credito tributario eventualmente agire per il risarcimento del danno nei confronti del mandatario-concessionario, in base ad un rapporto interno rispetto al quale il terzo contribuente rimane del tutto estraneo (in tal senso sentenza  n. 23 del 22 gennaio 2007 dep. il 21 marzo 2007 della comm. trib. Reg. di Roma, sez. XXVI).

         Le sezioni unite del giudice di legittimità hanno disatteso quanto contenuto nella sentenza n. 3242 della Corte di cassazione, depositata il 14 febbraio 2007, secondo cui il concessionario è parte del processo tributario solo per gli atti viziati da errori a lui direttamente imputabili (errata compilazione o intestazione ovvero utilizzo di un modello non conforme a quello previsto dalla legge; non conformità della cartella al ruolo; mancato rispetto delle regole in tema di notificazione della cartella).

 

Carmela Lucariello

24prile 2008

 Il presente intervento è espressione di opinioni personali dell’autore

 


 

ALLEGATO

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI ROMA SEZIONE 01

riunita con l’intervento dei Signori:

V. Prof. C. Presidente

Z. Dott. C. Relatore

G. Avv. F. Giudice

 

ha emesso la seguente

SENTENZA

– sull’appello n. ………….

depositato il …………..

avverso la sentenza N. ………….

emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di ROMA

proposto dall’ufficio: AGENZIA ENTRATE UFFICIO ROMA 4 controparte:

C. G.

VIA ………………… 00148 ROMA RM

 

Atti impugnati:

RUOLO E CARTELLA DI PAGAMENTO n. ………………………… IRPEF 1988

 

FATTO

            Il centro di Servizio di Roma ha notificato al sig. O. C. iscrizione a ruolo per un totale di lire 3.150.160 a seguito del controllo eseguito sulla dichiarazione IRPEF per l’anno 1988 in applicazione dell’articolo 36 bis del dpr n. 600 del 1973, la ripresa a tassazione derivava dall’errato calcolo dell’imposta e dalla non spettanza delle detrazioni per il coniuge il cui reddito era stato superiore al minimo previsto dalla legge.

            Avverso l’atto notificato il contribuente proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma lamentando tardività della iscrizione a ruolo e della notificazione ai sensi degli articoli 36 bis e 43 del dpr n, 600 del 1973;

            La iscrizione a ruolo scaturente dalla applicazione dell’articolo 36 bis deve avvenire entro l’anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione (1989 nella specie). Poiché l’iscrizione è avvenuta il 22 marzo 1995, essa si appalesa tardiva.

Si costituiva in giudizio l’Ufficio eccependo:

            Secondo l’interpretazione autentica dell’articolo 36 bis fornita dall’articolo 28 della legge n. 449 del 1997 l’iscrizione a ruolo derivante dalla applicazione della norma citata deve avvenire entro il quinto anno successivo a quello in cui è stata prenstata la dichiarazione, vale a dire nel caso di specie entro il 31 dicembre 1994 e non è necessario che entro lo stesso termini, sia altresì notificata la relativa cartella esattoriale.

            Non può essere dato carattere decisivo alla data indicata sulla cartella relativamente alla iscrizione a ruolo.

            La notificazione della cartella è compito dell’esattore e la sua eventuale tardività non può essere imputata all’Ufficio tributario.

            Nel merito insiste per la legittimità della rettifica..

            Con la sentenza di cui in geografe la Commissione Tributaria provinciale di Roma accoglieva il ricorso osservando:

1. Premesso che il procedimento ex articolo 36 bis, pur articolandosi in varie fasi, deve ritenersi unitario, precisa che anche ai sensi della sentenza della Corte Costituzione 7 luglio 205 n. 280 la natura dei termini entro i quali il contribuente deve venire a conoscenza della pretesa fiscale è perentoria. Prima della modifica del 2001 l’articolo 26 del dpr n. 602 del 1973 prescriveva che la notificazione dalla cartella dovesse avvenire entro il giorno 5 del mese successivo a quello di consegna del ruolo.

2. Poiché i ruoli risultano consegnati, secondo quanto emerge dall’atto impositivo il 10 novembre

1994 e la cartella è stata, notificata il 22 marzo 1995, ne consegue la tardività e la illegittimità dell’atto impositivo.

            Avverso tale sentenza propone appello l’ufficio lamentando:

            Difetto di legittimazione dell’Ufficio tributario. Osserva che l’illegittimità degli atti afferenti alla cartella esattoriale deve essere contestata al concessionario e non all’ufficio il cui compito si esaurisce con la consegna allo stesso del ruolo.

            La modifica normativa di cui al decreto legge n. 106 del 2005 che ha abrogato l’articolo 17 del dpr 602 del 1973 e previsto la riformulazione dei termini decadenziali, non è applicabile alle situazioni già formatesi prima della novella. Pertanto, nel caso di specie, poiché la notificazione è avvenuta il 22 marzo 1995, prima della entrata in vigore della detta novella, non si rende applicabile la lettera c) del comma 5 bis dell’articolo 1 del citato decreto legge, il quale stabilisce che anche la cartella esattoriale deve essere notificata entro il quinquennio dalla presentazione della dichiarazione.

            Il contribuente non si è costituito.

 

DIRITTO

            In primo luogo è infondato il motivo di appello che insiste sulla vexata quaestio della legittimazione passiva in capo al Concessionario per vizi propri della cartella esattoriale.

            Per quanto la proposizione sia, in linea di principio esatta e condivisibile, erra l’Ufficio nel continuare pervicacemente a considerare che la tardività della notificazione sia inerente i poteri del Concessionario e come tali rientri nei vizi propri dell’atto imputabili solo a quest’ultimo.

            Erra l’Ufficio perché insiste nel parcellizzare il procedimento impositivo scaturente dell’articolo 36 bis citato (ma in realtà analogo ragionamento deve essere eseguito per qualsiasi altra imposizioni scaturente da avviso di accertamento) mentre il procedimento impositivo è unitario ed inizia con la rettifica dell’ufficio, completandosi con la esternazione della potestà impositiva attraverso l’ordine di pagamento (coattivamente eseguibile) mediante la cartella esattoriale. La tempestività della notificazione di questa, dunque, è riferibile alla tempestività dell’esercizio del potere pubblico, risalente, quanto ad imputazioni giuridiche ed effetti, all’Ufficio tributario e non al Concessionario.

            Le questioni di responsabilità per tardività della notificazione e decadenza dall’azione tributaria devono essere risolte all’interno del rapporto tra Fisco e Concessionario, cui il contribuente è estraneo, ma non possono impingere sull’elementare principio giuridico che vuole che il contribuente sia informato esattamente, a pena di decadenza, nei termini previsti dell’avvenuto esercizio definitivo della pretesa tributaria.

            Il significato della sentenza n. 280 del 205 della Corte Costituzionale è esattamente questo, e il decreto legge n. 106 del 2045 ha finalmente, con acini di ritardo, adeguato l’ordinamento giuridico a questo elementare principio, stabilendo che anche la notificazione deve avvenire nei termini, espressamente decadenzíali (facendo tosi anche giustizia della inopinata interpretazione autentica dell’articolo 36 bis effettuata a suo tempo con l’articolo 28 della legge n. 449 del 1994).

            In definitiva, resta definitivamente acclarato che il contribuente deve individuarne il legittimato passivo del ricorso avverso la tardività della notificazione della cartella esattoriale nei confronti dell’Ufficio tributario e non del concessionario delle imposte.

            Sul punto, per altro, la Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n. 16412 del 25 luglio 2007 ha affrontato ed esaminato funditus la questione della legittimazione passiva nel caso di impugnazione della cartella o dell’avviso di mora. La Corte ritiene, e questa Commissione aderiste totalmente alla tesi, che in entrambi i casi, la legittimazione passiva spetta all’ente titolare del credito tributario e non già al concessionario, al quale, se è fatto destinatario dell’impugnazione, incombe l’onere di chiamare in giudizio il predetto ente, se non vuole rispondere dell’esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del Contraddittorio, in quanto non è configurabile nella specie un litisconsorzio necessario.

            Entrando nel merito della tempestività della notificazione della Cartella, si deve condividere la tesi espressa dalla Commissione provinciale circa la vigenza, ratione temporis, dell’articolo 26 del dpr n. 602 del 1973. Ma anche a prescindere da ciò il secondo motivo di appello dell’Ufficio è palesemente infondato.

            La modifica dell’articolo 25 del dpr n. 602 del 1973, effettuata in applicazione della sentenza delta Corte Costituzionale n. 280 citata, stabilisce con esemplare chiarezza (ed in claris non fit interpretatio) che le cartelle esattoriali relative alle denuncie presentate sino al 2001 devono essere notificate, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinquennio successivo alla presentazione della dichiarazione. Orbene, è facile comprendere che, se il Legislatore nel 2005 si è riferito alle notificazioni di cartelle relative a dichiarazioni antecedenti al 2001 lo ha fatto necessariamente nei riguardi di dichiarazioni per le quali non si fosse verificata una definitività del rapporto. Tali sono esattamente quelle per le quali la cartella non fosse stata ancora notificata, o quelle per le quali la notificazione della cartella fosse sub judice.

            Il continuo richiamo dell’Ufficio alla giurisprudenza della Cassazione circa la non applicabilità retroattiva di novelle normative a situazioni consolidate tenta, stancamente, di distorcere un principio secolare che si attaglia alle situazioni nelle quali un diritto soggettivo o un patere Si sia perfezionato sotto l’impero di una nonna successivamente abrogata o modificata.             Occorre tuttavia, appunto, che il diritto o il potere si sia perfezionato e consolidato a seguito di acquiescenza del debitore o di sentenza passata in giudicato, ma all’evidenza non si applica alle situazioni nelle quali è esattamente il perfezionamento del diritto o del potere che è stato messo in discussione, nei termini, dinanzi al Giudice. Lo stesso ufficio ne ha una vaga contezza dove, in atto d’appello, si richiama alla definitività delle procedure. Dimentica, tuttavia, che la definitività si verifica, secondo i più basilari principi di diritto amministrativo, solo quando l’atto diventa inoppugnabile, e non quando esso è emanato, impregiudicata la decorrenza degli effetti giuridici dalla emanazione.

            Nella specie il contribuente lava contestato dinanzi al Giudice tributarlo esattamente la legittimità della notificazione di una cartella esattoriale relativa ad una dichiarazione presentata nel 1989, e dunque all’atto del Giudizio il Giudice deve applicare la norma in quel momento vigente per definire i limiti del potere impositivo, vale a dire il novelllato articolo 25 che impone, per quella dichiarazione, la notificazione entro il 31 dicembre 1994.

            L’appello, pertanto, è infondato e deve essere respinto. Sussistono, comunque, giustificati motivi per la compensazione integrale delle spese, competermi ed onorari dei due gradi del giudizio.

 

P.Q.M.

 

Respinge l’appello.

Compensa integralmente tra le parti le spese, competenze ed onorari dei due gradi del giudizio.

 

Il Presidente

Il Relatore