Effetto retroattivo della variazione della rendita catastale per effetto di una sentenza tributaria

L’Agenzia del Territorio con la risoluzione n. 1 del 27 marzo 2007 è intervenuta a precisare l’efficacia temporale delle rettifiche delle rendite catastali a seguito di ricorso tributario da parte del soggetto interessato; in particolare, tale documento ha chiarito che la variazione della rendita catastale per opera di una sentenza tributaria ha efficacia retroattiva (1).

Secondo tale provvedimento l’avvenuto riconoscimento, con circolare n. 11/2005 (2), dell’efficacia retroattiva, alla decisione amministrativa d’annullamento per illegittimità dell’atto d’attribuzione della rendita catastale:

A) Crea un’importante precedente anche con riferimento agli analoghi effetti della pronuncia giudiziale con cui si riconosce l’illegittimità del classamento catastale notificato al contribuente, perché non riflettente la reale situazione dell’immobile censito dall’amministrazione.

B) Rende opportuno attribuire gli stessi effetti a procedimenti differenti nella forma ma sostanzialmente uguali nelle conseguenze.

Giova osservare che la risoluzione 1/2007 recepisce un preciso  orientamento giurisprudenziale del giudice di legittimità.

Con la sentenza n. 6206/2005, in particolare, la suprema corte ha precisato:

a) che l’efficacia della rendita catastale modificata con sentenza definitiva non può non coinvolgere anche il periodo compreso fra la data di proposizione del ricorso e la data della sentenza;

b) che una diversa soluzione si pone in contrasto sia con i principi costituzionali in materia di tutela dei diritti, sia con i principi di capacità contributiva e di riserva di legge.

Con la sentenza n. 13069/2006 la Cassazione ha statuito che, per effetto dell’intervenuto passaggio in cosa giudicata della decisione concernente la rendita catastale, ai fini di stabilire l’ammontare dell’Ici dovuta dal contribuente, deve tenersi conto esclusivamente della rendita determinata da quel giudice tributario, perché solo questa è da considerare legittimamente risultante in catasto (ovverosia messa in atti) al 1° gennaio dell’anno di riferimento dell’imposta, a norma del comma 2, articolo 5 del Dlgs 504/1992.

La Cassazione, in buona sostanza, ha riproposto e valorizzato la forza del generale principio secondo cui gli effetti di ogni provvedimento giurisdizionale retroagiscono al momento della domanda, se a tale momento esistevano già le condizioni richieste per l’emanazione del provvedimento. Non è privo di pregio rilevare che anche l’Avvocatura generale dello Stato (interpellata dall’Agenzia del Territorio), con parere del 5 febbraio 2007 n. 15373, richiamandosi alla sentenza della Corte di Cassazione 13069/2006, ha concordato sull’opportunità di ammettere il carattere retroattivo delle decisioni adottate dal giudice tributario, in analogia a quanto avviene nel caso di annullamento di ufficio nella sede propria dell’esercizio del potere di autotutela.

 

CONCLUSIONI

 

L’Agenzia del Territorio, con Risoluzione 27 marzo 2007, n. 1, ha, in definitiva, affermato il principio secondo cui le sentenze definitive dei giudici tributari che modificano le rendite catastali attribuite dall’Amministrazione finanziaria in senso favorevole al contribuente, hanno effetto fin dalla data di proposizione del ricorso da parte degli interessati e non dalla data della loro notificazione, secondo la regola generale, ormai superata, stabilita dall’art. 74, Legge n. 342/2000. Analogamente a quanto avviene in caso di esercizio della potestà di autotutela da parte dell’Amministrazione finanziaria, come riconosciuto dalla medesima Agenzia nella Circolare n. 11/2005, anche alle pronunce giudiziali che accertano l’illegittimità del classamento deve infatti essere riconosciuta efficacia retroattiva. In entrambi i casi infatti si è di fronte ad un provvedimento non meramente modificativo, ma diretto a ripristinare la correttezza o la legittimità di un atto.

 

Dott. Angelo Buscema

 

Maggio 2007

                                                         Note

1) Il principio costituisce un’importante deroga all’art. 5, comma 2, del d. lgs. 504/92, secondo il quale nel calcolare la base imponibile ICI, il contribuente deve considerare la rendita catastale vigente al 1° gennaio dell’anno di imposizione.

2) La circolare n. 11 del 26 ottobre 2005 dell’Agenzia del Territorio, in tema d’esercizio dell’autotutela nel settore catastale e, precisamente,  in  ordine all’efficacia temporale delle variazioni di classamento catastale operate dall’Agenzia del territorio d’ufficio o, come accade più di frequente, in seguito alla presentazione di apposite stanze di parte ha precisato, in sintesi, sulla base della previa acquisizione di un apposito parere dell’organo legale (nota prot. 67615 del 14/5/2005) quanto segue:

         Il riesame del classamento operato dall’Ufficio dell’Agenzia, in via autonoma o su istanza di parte, è qualificabile come esercizio della potestà di autotutela – in quanto finalizzato ad eliminare incongruenze derivanti da errori di inserimento dati oppure da erronee applicazioni dei principi dell’estimo catastale; pertanto, la nuova rendita attribuita esplicherà efficacia retroattiva (ex tunc), cioè a decorrere dalla data dell’originario classamento, indipendentemente dalla data di notifica della nuova rendita agli intestatari della partita catastale. Sembra assumere decisiva rilevanza la  connotazione attribuibile all’attività di autotutela nel peculiare settore catastale. In tale contesto, infatti, il provvedimento emesso in sede di autotutela non appare qualificabile, strictu sensu, come mero atto modificativo della rendita – secondo l’accezione desumibile dall’art. 74 della legge n. 342/2000  ma, piuttosto, come atto tendente a ripristinare la correttezza e/o la legittimità di un provvedimento (l’atto attributivo o modificativo della rendita) errato fin dall’origine, cioè fin dalla sua emanazione. Ovviamente, al fine di rendere esplicita negli atti catastali l’efficacia retroattiva della rettifica operata in via di autotutela, nelle annotazioni dei predetti atti dovrà essere opportunamente evidenziato che la decorrenza della nuova rendita è corrispondente a quella del classamento rettificato.

         Viceversa, se il riesame del classamento, attivato su istanza di parte, viene eseguito sulla base di elementi, circostanze o parametri nuovi, sopravvenuti rispetto all’originario classamento e per i quali non ricorre l’obbligo della dichiarazione in catasto (si veda il procedimento ex art. 38 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), l’eventuale rettifica della rendita, scaturendo da un’attività di riesame non qualificabile strictu sensu come esercizio del potere di autotutela, non potrà che esplicare effetti ex nunc. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15862 del 17 marzo 2005, depositata il 28 luglio 2005,  in tema di I.C.I., ha sottolineato che nell’ipotesi in cui “…la variazione dipenda dalla correzione di un pregresso errore e non da modificazione dei parametri” non si rende “…applicabile il disposto di cui all’art. 5, comma 5, l. 504/92, secondo cui il valore catastale per l’ICI è quello vigente al 1° gennaio dell’anno di imposizione”. Tale impostazione è stata poi ribadita dalla stessa Cassazione, con riferimento all’imposta di registro, nella recente sentenza n. 18426 dell’8 giugno 2005, depositata il 16 settembre 2005.

         L’istanza di autotutela  non riapre in nessun caso i termini di impugnativa degli atti di accertamento catastale. In tal senso la Suprema Corte, con la sentenza n. 247 del 1° luglio 2003, depositata il 12 gennaio 2004, ha ribadito che il termine di sessanta giorni entro cui impugnare l’atto impositivo ha natura decadenziale di modo che il suo inutile decorso determina la definitività del provvedimento stesso, precludendo la possibilità di rimetterlo in discussione nell’ambito di un giudizio tributario in forza delle disposizioni che hanno introdotto la cosiddetta autotutela.

         A seguito della sentenza n. 274/2005 della Corte  Costituzionale, la portata dell’art. 46, comma 3, del D. Lgs. 546/92 deve ritenersi integrata dalla previsione concernente la possibilità per i giudici tributari di condannare l’amministrazione virtualmente soccombente al pagamento delle spese, anche nell’ipotesi di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere. In relazione a tale ultimo aspetto, pertanto, gli uffici sono invitati ad evadere – con assoluta priorità – le istanze di autotutela relative ad accertamenti catastali per i quali siano pendenti i termini di impugnativa, al fine di evitare il rischio di condanna al pagamento delle spese di virtuale soccombenza processuale, in applicazione dell’art. 46, comma 3, più volte citato, come integrato dalla recente sentenza della Corte Costituzionale.

In buona sostanza, la circolare riconosce l’efficacia retroattiva della variazione di classamento solo nel caso sia la conseguenza dell’esercizio della potestà di autotutela, vale a dire solo se la variazione catastale è finalizzata ad eliminare incongruenze derivanti da errori di inserimento oppure da erronee applicazioni dei principi dell’estimo catastale. Viceversa, nel caso la variazione di rendita sia dovuta a circostanze o parametri nuovi si applica la regola generale per cui l’efficacia temporale decorre dalla notifica della variazione.