Il Legislatore fiscale in questi ultimi anni è sempre stato più vicino alle esigenze e problemi delle imprese, prevedendo diverse forme di ausilio alla riscossione.
La rateazione, la dilazione di pagamento, la sospensione del debito sono i tre istituti fondamentali del nuovo sistema di riscossione.
In particolare, tali istituti tornano sotto la luce dei riflettori per effetto degli ultimi interventi di prassi: RM. nn. 2 e 21 del 2007.
LA RATEAZIONE
I contribuenti che ricevono un avviso di accertamento in materia di imposte sui redditi, IVA, imposta di registro e successioni ed intendono definire interamente la controversia ovvero definirne solo l’aspetto sanzionatorio, possono ottenere la riduzione ad un quarto delle sanzioni irrogate, qualora il pagamento avvenga entro i termini per proporre il ricorso. L’istituto dell’acquiescenza – di cui all’art.15 del D.Lgs.n.218/97 – e/o della definizione agevolata delle sanzioni – art.17 del D.Lgs.n.472/97 – rappresenta una forma premiale che tende ad incoraggiare la definizione delle controversie attraverso la concessione di uno “sconto” sull’aspetto sanzionatorio.
La scelta del numero delle rate è interamente devoluta al contribuente che però è tenuto a prestare idonea garanzia nelle forme previste dalla legge (fidejussione bancaria o assicurativa, titoli di stato etc…), per tutto il periodo in cui si articola la rateazione, aumentato di un anno.
La prima rata deve essere corrisposta entro i termini di proposizione del ricorso ed esibita all’Ufficio nei successivi dieci giorni, unitamente alla garanzia; gli ulteriori versamenti vanno effettuati, alla scadenza dei termini assegnati. Sul punto si ricorda che il D.L. n. 223 del 4 luglio 2006, convertito, con modificazioni, in Legge n. 248/2006, è intervenuto – attraverso l’art. 37, commi da 10 a 14 e da 53 a 55 -, in ordine ai termini di pagamento e presentazione delle dichiarazioni, con effetto dal 1° maggio 2007. Tale norma è strettamente connessa con l’art. 37, comma 49, che obbliga – a partire dal 1° ottobre 2006 (1) – i titolari di partita Iva ad effettuare i pagamenti esclusivamente in via telematica (2). Ovviamente, anche i contribuenti non titolari di partita Iva, benché non obbligati, possono adottare le modalità telematiche di versamento utilizzando i servizi online dell’Agenzia delle Entrate o del sistema bancario e postale (3).
In ordine all’accertamento con adesione, introdotto dal D.Lgs. n. 218/1997, si rileva che il mantenimento del beneficio della riduzione delle sanzioni opera anche in caso di pagamento rateale dell’obbligazione tributaria: infatti, l’agevolazione della riduzione delle sanzioni ad un quarto resta spettante anche nel caso in cui il pagamento sia dilazionato in un massimo di 8 rate trimestrali, ovvero di 12 rate – sempre trimestrali – per importi superiori a 51,645,00 €.
La procedura sopra delineata in ordine agli accertamenti è identica anche in caso di pagamento rateale di atto di adesione, ma il termine per l’effettuazione del versamento della prima rata è perentoriamente stabilito dall’articolo 8 del D.Lgs. n. 218/1997, entro 20 giorni dalla redazione e sottoscrizione dell’atto.
Anche in questo caso, sull’importo delle rate successive sono dovuti gli interessi al saggio legale, calcolati dalla data di perfezionamento dell’atto di adesione e, indipendentemente dall’importo da versare o dal numero di rate prescelto, il contribuente deve presentare una delle garanzie previste dall’art.38-bis del D.P.R.n.633/72.
L’atto di adesione sarà consegnato al contribuente solo dopo che questi abbia provveduto – entro 10 giorni dal versamento dell’intero importo o di quello della prima rata – a far pervenire all’Ufficio la quietanza dell’avvenuto pagamento e la documentazione relativa alla prestazione della garanzia.
Nella tematica in oggetto, deve riservarsi precipua attenzione alle particolarità inerenti il pagamento dell’atto di adesione: a differenza dell’avviso di accertamento, infatti, l’atto di adesione – sebbene sottoscritto dalle parti – è inefficace sino al momento del versamento, a mezzo del quale acquista validità ed efficacia.
Tale momento, per espressa previsione dell’art. 9 del D.Lgs. n. 218/1997, avviene con il versamento dell’intero importo dovuto, ovvero della prima rata e la prestazione della garanzia: pertanto, al fine di evitare l’inefficacia dell’atto di adesione sottoscritto, i contribuenti – soprattutto se scelgono la strada della rateazione – devono assolvere il proprio debito nel rigoroso rispetto dei termini e delle modalità previste dalla legge.
LA DILAZIONE
L’art.19, comma 1, del D.P.R. n.602/73, modificato per effetto dell’art.7 del D.Lgs.26 febbraio 1999 n.46, consente ai contribuenti che versano in temporanea situazione di obiettiva difficoltà, di richiedere agli uffici finanziari il pagamento rateale del debito risultante dalla cartella di pagamento, nel tentativo di estinguere l’obbligazione derivante dalle somme iscritte a ruolo.
Il secondo comma del citato art.19 precisa che “ la richiesta di rateazione deve essere presentata, a pena di decadenza, prima dell’inizio della procedura esecutiva”.
L’Amministrazione finanziaria è intervenuta più volte per diramare precise disposizioni interpretative – circolare n.184/E del 6 settembre 1999, circolare n.15/E del 26 gennaio 2000, risoluzione n.20/E dell’8 febbraio 2001, risoluzione n.128/E del 24 aprile 2002, risoluzione n.190/E del 1° ottobre 2003 e da ultimo, circolare n.52/E del 1° ottobre 2003 – concentrando l’attenzione su due dei presupposti previsti dalla norma:
– la “ temporanea situazione di obiettiva difficoltà”, in assenza di parametri di riferimento per la concessione o meno del beneficio in questione;
– il momento di inizio della procedura esecutiva.
I contribuenti che si trovano in una temporanea situazione di obiettiva difficoltà, possono richiedere, con istanza in bollo, all’ufficio finanziario che ha emesso il ruolo una dilazione del pagamento delle somme iscritte a ruolo fino ad un massimo di 60 rate mensili.
Per i ruoli emessi dai soppressi Centri di servizio la domanda di dilazione va indirizzata all’ufficio competente in relazione al domicilio fiscale del contribuente.
Presupposti e condizioni per beneficiare della nuova formulazione dell’art.19 del D.P.R. n.602/73 sono :
– situazione di obiettiva e temporanea difficoltà del contribuente;
– assenza di procedure esecutive;
– presentazione di polizza fideiussoria o fideiussione bancaria per gli importi iscritti a ruolo superiori a €. 25.823,00, entro 10 giorni dal ricevimento del provvedimento di dilazione, con ciò esonerando gli uffici dallo svolgimento della valutazione sulla solvibilità del contribuente.
La circolare n.15/2000 ha, infatti, precisato che “ l’obbligo, per il contribuente, di prestare idonea garanzia per ottenere la dilazione di somme superiori a cinquanta milioni ( n.d.r. di lire), esonera gli uffici dallo svolgimento di un’analisi di solvibilità del richiedente”, spostando, di fatto, sul soggetto che ha rilasciato la garanzia, l’analisi della solvibilità.
Naturalmente, qualora il contribuente riceva un cartella per un importo di 60 milioni di vecchie lire e, antecedentemente alla presentazione dell’istanza di rateazione, versi al concessionario della riscossione 10 milioni di lire, la fidejussione – tecnicamente – non è più necessaria, ma l’Amministrazione finanziaria dovrà tornare a valutare la temporanea situazione di obiettiva difficoltà del contribuente.
Gli interessi di dilazione, previsti dall’art.21, comma 1, del più volte citato D.P.R.n.602/73, decorrono dalla data di scadenza del pagamento, se l’istanza è presentata prima di tale data, ovvero dalla data di presentazione dell’istanza in caso contrario.
La temporanea situazione di obiettiva difficoltà
Il primo intervento ministeriale – circolare n. 184/E del 6 settembre 1999 – ha subito rimesso all’ufficio, relativamente alle somme non superiori a cinquanta milioni di vecchie lire, la valutazione discrezionale, di volta in volta, dell’esistenza dell’obiettiva difficoltà in capo al contribuente.
Con la successiva circolare n. 15/E del 26 gennaio 2000 l’Amministrazione finanziaria, nel fornire ulteriori indicazione, ha richiesto che il contribuente si trovi nella impossibilità di pagare il debito iscritto a ruolo in unica soluzione ma capace di sopportare l’onere finanziario derivante dalla ripartizione del debito in un numero di rate congruo rispetto alle proprie condizioni patrimoniali.
La temporanea situazione di obiettiva difficoltà presuppone, pertanto, che il contribuente, seppure impossibilitato a corrispondere l’obbligazione tributaria iscritta a ruolo in unica soluzione, sia comunque in grado, per le proprie condizioni patrimoniali, di assolvere ratealmente il debito tributario; in altre parole, la particolare situazione economica non deve essere così grave da compromettere, per il futuro, il soddisfacimento rateale del carico iscritto a ruolo.
Va precisato che la prova dell’esistenza della temporanea situazione di obiettiva difficoltà spetta, comunque, al contribuente che deve esattamente delinearla e, se del caso, documentarla, nell’istanza rivolta all’ufficio.
Quest’ultimo, tuttavia, nell’istruttoria del procedimento può e deve verificare le argomentazioni e gli elementi forniti dal contribuente, sulla base degli atti e delle notizie in proprio possesso.
Per quanto attiene alla documentazione di tutte le cause giustificative (4) sopra menzionate, devono ritenersi applicabili le norme vigenti in materia di autocertificazione, con la conseguenza che il contribuente può avvalersene in occasione della presentazione dell’istanza, soprattutto con riferimento alla documentazione di fatti ed elementi che attengono alla sua sfera reddituale, già in possesso dell’Amministrazione (dichiarazioni dei redditi, modelli C.U.D., bilanci, esistenza di altre cartelle di pagamento dilazionate, versamenti eseguiti, etc.).
L’assenza di procedure esecutive
Come già evidenziato, il secondo comma dell’art. 19 del D.P.R. n. 602/73 dispone che “ la richiesta di rateazione deve essere presentata, a pena di decadenza, prima dell’inizio della procedura esecutiva”.
In merito, in prima battuta, gli estensori delle istruzioni fornite con la circolare n. 184/E del 1999 precisano che “il momento di inizio della procedura esecutiva è quello in cui viene effettuato il primo atto esecutivo e che tale non può essere considerato l’avviso di mora, al quale va attribuita, invece, la natura di atto introduttivo dell’esecuzione”.
Nel successivo intervento – circolare n. 15/E del 26 gennaio 2000 -, le Finanze prevedono che, qualora il concessionario abbia iscritto ipoteca, ai sensi dell’art. 77, del D.P.R. n. 602/73, così come modificato dall’art.1 6 del D. Lgs n. 46/99, lo stesso concessionario “ su segnalazione dell’ufficio che ha emesso il provvedimento di rateazione, dovrà cancellare l’ipoteca; al contrario, l’ipoteca dovrà essere mantenuta se la rateazione, avendo ad oggetto importi inferiori a cinquanta milioni ( n.d.r. di lire), non è coperta da garanzie“.
Con la risoluzione n. 20 dell’8 febbraio 2001 l’Agenzia delle Entrate afferma, che “ nel caso si sia già provveduto all’iscrizione di ipoteca o del fermo amministrativo di un veicolo appartenente al debitore, non può essere disposta, ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. n. 602/1973, la rateazione delle somme iscritte a ruolo”.
A ribaltare tale indirizzo, è nuovamente intervenuta l’Agenzia delle Entrate, che con circolare n. 52/E del 1° ottobre 2003 ha modificato il pensiero espresso, affermando che, anche nel caso in cui si sia già provveduto all’iscrizione di ipoteca o di fermo di beni mobili registrati, può essere disposta, ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. n. 602/1973, la rateazione delle somme iscritte a ruolo.
Da ultimo, come anticipato, con risoluzione n. 2/E dell’11 gennaio 2007, le Entrate, partendo dalla constatazione che per la corretta valutazione della questione, occorre considerare che, pur nella diversità dei rispettivi contesti, la ratio sottesa a tutti gli interventi legislativi che nel tempo si sono succeduti in tema di pagamento dilazionato delle imposte iscritte a ruolo è quella di agevolare l’assolvimento dell’obbligazione tributaria, osserva che la pendenza della procedura esecutiva, prima della modifica introdotta dal citato D. Lgs. n. 46 del 1999, non costituiva di per sé sola un elemento ostativo alla concessione del provvedimento agevolativi e, ove iniziata, veniva eventualmente mantenuta in funzione di garanzia ed in ogni caso veniva sospesa (circolari n. 157/E del 9 giugno 1997 e n. 284/E del 31 ottobre 1997).
Come abbiamo visto, la richiesta di rateazione deve essere presentata, a pena di decadenza, prima dell’inizio della procedura esecutiva.
Al riguardo, nel documento di prassi n. 2/2007, gli estensori osservano che “la disposizione di cui trattasi non può certamente essere interpretata né in senso contrastante con l’esigenza di conseguire un rapido e sicuro recupero del credito iscritto a ruolo, né con quella di consentire al debitore che si trovi in temporanea difficoltà economica di assolvere ratealmente all’obbligazione tributaria”. La norma tende ad evitare che il contribuente possa formulare richieste di rateazione meramente dilatorie ed a tal fine “ individua all’interno del procedimento della riscossione coattiva un momento (l’inizio della procedura esecutiva) superato il quale il contribuente perde il diritto di richiedere la rateazione del pagamento e la procedura esecutiva avviata dovrà essere necessariamente ed interamente espletata; una volta che tale procedura si è conclusa senza l’integrale soddisfacimento, se il debitore richiede di poter assolvere la residua obbligazione tributaria in via dilazionata ai sensi del citato art. 19, nulla osta all’emissione del relativo provvedimento”.
Atteso ciò, secondo le Entrate, “se il verbale di irreperibilità costituisse un atto di esecuzione si tratterebbe comunque di un atto conclusivo della procedura esecutiva mobiliare e, dunque, per i motivi sopra indicati, non precluderebbe al debitore di richiedere successivamente la dilazione di pagamento del debito iscritto a ruolo”.
Tuttavia, la procedura esecutiva mobiliare non ha inizio se l’ufficiale giudiziario (ovvero l’ufficiale della riscossione), recatosi al domicilio del debitore, constata che lo stesso è ivi irreperibile, data l’impossibilità di procedere all’accesso ed alla ricerca dei beni da sottoporre a pignoramento (art. 513 del codice di procedura civile) e, in caso positivo, all’intimazione al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito i beni che si assoggettano alla espropriazione (art. 492, comma 1, del codice di procedura civile). In tal caso si è in presenza di un pignoramento mancato ed il relativo verbale costituisce esclusivamente l’atto processuale che attesta l’impossibilità di procedere al pignoramento per irreperibilità del debitore.
Pertanto, “ il verbale di irreperibilità non costituisce causa ostativa alla concessione della rateazione delle somme iscritte a ruolo”.
LA SOSPENSIONE
I contribuenti che si trovano in una temporanea situazione di obiettiva difficoltà, possono richiedere, con istanza in bollo, all’ufficio finanziario che ha emesso il ruolo, in alternativa alla dilazione del pagamento, la sospensione della riscossione per 12 mesi e, successivamente, la ripartizione del pagamento fino ad un massimo di 48 rate mensili.
In ordine a tale fattispecie, i chiarimenti ministeriali insistono sul carattere eccezionale del beneficio, da accordarsi solo in presenza di particolari documentate circostanze, individuate dall’Agenzia nella necessità di soddisfare altri creditori e nell’esistenza di una rilevante posizione debitoria.
LA SOSPENSIONE EX ART. 39 DEL D.P.R. N.602/73
La sospensione temporanea della riscossione prevista dall’art. 19 del D.P.R. n. 602/73 muove da presupposti di fatto e di diritto ben diversi da quelli previsti dall’art. 39 dello stesso D.P.R.n.602 del 1973, interamente sostituito dall’articolo 15 del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, in vigore dal 1° luglio 1999.
Infatti, l’art. 39, comma 1 del D.P.R.n.602/73 dispone che il ricorso contro il ruolo di cui all’art. 19 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, non sospende la riscossione; tuttavia, l’ufficio delle entrate o il centro di servizio ha facoltà di disporla in tutto o in parte fino alla data di pubblicazione della sentenza della commissione tributaria provinciale, con provvedimento motivato notificato al concessionario e al contribuente. Il provvedimento può essere revocato ove sopravvenga fondato pericolo per la riscossione. Sulle somme il cui pagamento è stato sospeso e che risultano dovute dal debitore a seguito della sentenza della commissione tributaria provinciale si applicano gli interessi, riscossi mediante ruolo formato dall’ufficio che ha emesso il provvedimento di sospensione.
In merito è intervenuta la risoluzione n. 21 del 7 febbraio 2007, per rispondere al quesito se la facoltà concessa agli uffici locali dell’Agenzia di sospendere la riscossione “… in tutto o in parte fino alla data di pubblicazione della sentenza della Commissione tributaria provinciale, con provvedimento motivato notificato al concessionario o al contribuente” possa essere esercitata, non soltanto per le somme iscritte a ruolo a seguito di liquidazione della dichiarazione ai sensi dell’art.36-bis del D.P.R. n. 600/73, ma anche per le somme iscritte a ruolo a seguito di avviso di accertamento.
Il percorso giuridico avviato dalla Direzione Centrale parte da lontano: l’Amministrazione finanziaria ha chiaramente affermato la non applicabilità della sospensione amministrativa della riscossione per le somme iscritte a ruolo a seguito di avviso di accertamento, se non per vizi propri del ruolo, con la nota del 17 dicembre 1981, prot. n. 7216, posizione in seguito ribadita con la risoluzione del 19 maggio 1986, prot. n.1983.
Con il primo dei richiamati documenti di prassi è stato, infatti, chiarito che l’ufficio, in pendenza di ricorso può disporre, a norma dell’art. 39, comma 1, del D.P.R.n.600/73, con provvedimento motivato, la sospensione totale o parziale della riscossione dei carichi tributari iscritti a ruolo fino alla decisione della adita Commissione tributaria di I grado.
La facoltà di sospensione sussiste solamente quando sia proponibile e sia stato proposto dal contribuente ricorso avverso l’iscrizione a ruolo.
Resta quindi esclusa la possibilità di adottare provvedimenti sospensivi nel caso di istanze avanzate in pendenza di contestazioni avanti la Commissione tributaria di I grado adita dal contribuente con ricorso avverso l’accertamento eseguito a suo carico dal competente ufficio imposte dirette.
Tale esclusione trova la sua giustificazione nella norma contenuta nell’art. 15 del citato D.P.R. n. 602 che richiede, dopo la notifica dell’atto di accertamento, l’iscrizione provvisoria di un terzo dell’imposta corrispondente all’imponibile od al maggiore imponibile accertato dall’ufficio.
Da tali assunti discende che quando l’iscrizione a ruolo è preceduta dalla notificazione dell’avviso di accertamento, l’ufficio, qualora sia stato proposto ricorso contro il ruolo e ne venga richiesto, può concedere la sospensione solamente con riguardo agli eventuali vizi del ruolo essendo ad esso preclusa ogni valutazione, ai fini della sospensione, circa la fondatezza della pretesa tributaria che ha formato oggetto dell’impugnato accertamento dell’ufficio.
Con la successiva risoluzione prot. n.1983 del 1986 è stato ulteriormente chiarito che: ” resta quindi esclusa ……la possibilità di adottare provvedimenti sospensivi nel caso di istanze avanzate in pendenza di contestazioni avanti la Commissione tributaria di I grado adita dal contribuente con ricorso avverso accertamento eseguito a suo carico dal competente ufficio delle imposte dirette. Né può essere disposta la sospensione della riscossione nel caso in cui il contribuente, presentato il ricorso avverso l’avviso di accertamento, produca, a seguito di iscrizione in via provvisoria, ricorso contro il ruolo proponendo le stesse eccezioni già sollevate nel gravame avverso l’avviso di accertamento”.
Pur se i citati documenti di prassi dono stati emessi sotto la vigenza del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, in un sistema di giustizia tributaria che non prevedeva la sospensione giudiziale in corso di causa dell’esecuzione dell’atto impugnato, l’orientamento a suo tempo espresso “ deve essere vieppiù confermato alla luce dell’attuale contesto normativo, ed in specie dell’art.47 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che disciplina compiutamente la sospensione dell’atto impugnato da parte della Commissione tributaria provinciale”.
In tal senso, d’altronde, si era già espressa l’Amministrazione finanziaria con la circolare del 23 aprile 1996, n.98/E, parte 8, in cui è stato chiarito che: “circa la riscossione coattiva a mezzo ruoli dell’imposta sul valore aggiunto, dell’imposta di registro, dell’imposta di successione e donazione, dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili, di cui all’art.67, commi 1 e 2, lettera a), del D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, si avverte che, per effetto dell’abrogazione espressa, operata dall’art. 71, dell’art. 11, comma 5, del D.L. 13 maggio 1991, n. 151, convertito dalla L. 12 luglio 1991, n. 202, non è più possibile richiedere la sospensione in via amministrativa delle cennate iscrizioni a ruolo, fermo restando per tali fattispecie la sola tutela cautelare prevista dall’art. 47″.
Tuttavia, rileva la risoluzione n. 21/2007, l’art.2-quater del D.L. 30 settembre 1994, n. 564 convertito dalla L. 30 novembre 1994, n. 656, al comma 1-bis, aggiunto dalla L. 18 febbraio 1999, n. 28, espressamente prevede che “Nel potere di annullamento o di revoca … deve intendersi compreso anche il potere di disporre la sospensione degli effetti dell’atto che appaia illegittimo o infondato”.
Dunque, la facoltà di sospendere il ruolo discende della più ampia potestà di autotutela e deve, di conseguenza, essere assoggettata alle regole dettate dal menzionato art.2-quater del D.L. n. 564 del 1994 e dal D.M. 11 febbraio 1997, n.37.
A tale soluzione l’allora Dipartimento delle Entrate era già giunto con la circolare del 6 marzo 1998, n.77/E, rilevando al riguardo che: “… il potere di autotutela includa logicamente anche quello di sospensione degli effetti dell’atto al fine di consentire all’ufficio di valutarne la legittimità e la fondatezza, prima di adottare l’eventuale provvedimento di annullamento”.
Il potere di sospendere l’efficacia dell’atto è, però, strumentale a quello di annullamento e dunque prima di accordare la sospensione della riscossione, che deve essere richiesta nell’ambito della procedura di autotutela, gli uffici sono tenuti a valutare:
le concrete possibilità che l’atto che ha dato origine all’iscrizione al ruolo sia revocato o annullato in via amministrativa o contenziosa (valutazione del cosiddetto fumus boni juris);
il pericolo per il contribuente di subire un danno grave ed irreparabile a seguito della riscossione coattiva (cosiddetto periculum in mora).
NOTE
(1) Salvo proroghe dell’ultima ora. La circolare, infatti, precisa in apertura che i chiarimenti dati non tengono conto della probabile evoluzione del quadro normativo.
(2) Sul punto, per la puntualità degli interventi, si rinvia a La Rocca, I versamenti telematici obbligatori per i titolari di partita Iva a decorrere dal prossimo 1° ottobre 2006: aggiornamento alla luce dell’ulteriore comunicato stampa dell’Agenzia delle Entrate del 14 settembre, in “il fisco” n. 35/2006, pag. 5510; La Rocca, I versamenti telematici obbligatori per i titolari di partita Iva a decorrere dal prossimo 1° ottobre 2006, in “il fisco” n. 34/2006, pag. 5280. Cfr. anche Antico, F24 On Line: gli ultimi chiarimenti delle Entrate. Circolare n. 30/E del 29 settembre 2006, in “il fisco” n. 38/2006, pag. 5958
(3) Per i chiarimenti di prassi si rinvia alle cc. nn.. 28/2006 e 3072006
(4) Per una carrellata delle cause giustificative si rinvia ad Antico,
Gianfranco Antico
Marzo ’07