Accordo Basilea 2 sui requisiti patrimoniali della banche

Approfondimento su Basilea 2, accordo internazionale sui requisiti patrimoniali delle banche. a cura di Roberto Antoniucci

Cos’è Basilea 2

“Basilea 2” è un accordo internazionale sui requisiti patrimoniali delle banche.

In base ad esso le banche dei paesi aderenti devono accantonare quote di capitale proporzionali al rischio derivante dai vari rapporti di credito assunti, valutato attraverso lo strumento del rating.

 

I Soggetti interessati:

Gli Accordi di Basilea sui requisiti patrimoniali delle banche sono il frutto del lavoro del Comitato di Basilea, istituito dai governatori delle Banche centrali dei dieci paesi più industrializzati (G10) alla fine del 1974. I membri attuali del Comitato provengono da Belgio, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti.

 

Il Comitato opera in seno alla BRI, Banca dei Regolamenti Internazionali, con sede a Basilea, un’organizzazione internazionale che ha lo scopo di promuove la cooperazione fra le banche centrali ed altre agenzie equivalenti allo scopo di perseguire la stabilità monetaria e finanziaria.

 

I tre punti principali di Basilea 2

Il contenuto del Nuovo Accordo si articola su tre punti:

 

1. I Requisiti patrimoniali minimi

E’ la parte del nuovo Accordo che più importa. E’, in sostanza, un affinamento della misura prevista dall’accordo del 1988 che richiedeva un requisito di accantonamento dell’8%. In primo luogo ora si tiene conto del rischio operativo (frodi, caduta dei sistemi; misura in parte riveduta nel giugno 2002) e del rischio di mercato.

In secondo luogo, per il rischio di credito, le banche potranno utilizzare metodologie diverse di calcolo dei requisiti.

Le metodologie più avanzate permettono di utilizzare sistemi di internal rating, con l’obiettivo di garantire una maggior sensibilità ai rischi senza innalzare né abbassare, in media, il requisito complessivo. La differenziazione dei requisiti in funzione della probabilità d’insolvenza è particolarmente ampia, soprattutto per le banche che adotteranno le metodologie più avanzate.

 

2. Il controllo delle Banche Centrali

Tenendo conto delle strategie aziendali in materia di patrimonializzazione e d’assunzione di rischi, le Banche Centrali avranno una maggiore discrezionalità nel valutare l’adeguatezza patrimoniale delle banche, potendo imporre una copertura superiore ai requisiti minimi.

 

3. Disciplina del Mercato e Trasparenza

Sono previste regole di trasparenza per l’informazione al pubblico sui livelli patrimoniali, sui rischi e sulla loro gestione.

 

Cosa cambia per le imprese

Legare con maggiore aderenza il fabbisogno di capitale al rischio sottostante a un finanziamento o a un investimento implica inevitabilmente che il prezzo di quel finanziamento o di quell’investimento divengano maggiormente sensibili al rischio implicitamente contenuto. In seguito al recepimento delle nuove disposizioni regolamentare il legame fra rating interno e pricing si farà più solido, più strutturato e più trasparente.

Ciò potrà indurre un effetto di carattere restrittivo nei confronti delle imprese, in particolare le PMI, in quanto i prenditori di minore qualità creditizia (tipicamente le piccole e medie imprese) vedrebbero peggiorare le condizioni loro praticate con un effetto di compressione della loro capacità di indebitamento e di revisione delle opportunità di indebitamento.

 

In pratica, secondo una larga parte degli osservatori, le banche sarebbero indotte a ridurre il credito destinato alle PMI e ad aumentare al contempo i tassi d’interesse.

Sul documento originario di Basilea 2 sono state formulate numerose critiche che hanno portato a modifiche che, pur non cancellando i dubbi, dovrebbero attenuare le conseguenze negative attese dall’applicazione dell’accordo.

Quali sono queste conseguenze negative? Sono almeno tre:

1. La discriminazione tra banche (quelle piccole non potranno utilizzare le metodologie più avanzate, quindi subiranno un onere patrimoniale maggiore rispetto ai grandi gruppi);

2. La penalizzazione del finanziamento alle piccole e medie imprese (PMI) indotto dal sistema dei rating interni;

3. Il problema della prociclicità finanziaria (nei periodi di rallentamento economico, l’Accordo avrebbe l’effetto di indurre le banche a ridurre gli impieghi, causa il crescere del rischio, con la potenziale conseguenza di inasprire la crisi stessa).

 

Le pressioni di Banca d’Italia e della Bundesbank, volte a difendere la specificità dei rispettivi sistemi economici caratterizzati dalla presenza di migliaia di piccole imprese, hanno portato ad una parziale revisione della bozza di accordo che prevede ora requisiti minimi patrimoniali ridotti per l’esposizione delle banche verso le piccole e medie imprese.

Queste misure potranno ridurre, ma non eliminare l’impatto di Basilea 2 sulle PMI.

 

 

Ma che cos’è il rating interno?

Qui occorre osservare che il Comitato di Basilea 2 ha fornito soprattutto un quadro di riferimento, non regole dettagliate, quindi il metodo di calcolo del rating internamente alla Banca A potrà differire anche significativamente da quello adottato dalla Banca B.

Ciò sia con riferimento agli elementi considerati che al peso attribuito a ciascuno di essi. I metodi IRB (Internal Rating Based) possono essere definiti un

“insieme strutturato e documentabile di metodologie e processi organizzativi che permettono la classificazione su scala ordinale del merito di credito di un soggetto e che quindi consentono la ripartizione di tutta la clientela in classi differenziate di rischiosità, a cui corrispondono cioè diverse probabilità di insolvenza”.

Quindi le imprese saranno valutate, con riferimento alla rischiosità, cioè alla probabilità di insolvenza, sulla base di una scala ordinale di merito e attraverso l’utilizzo di metodologie e di processi organizzativi adatti (e approvati da Banca d’Italia, per inciso).

Facciamo un passo indietro e vediamo che cosa è BASILEA 2 e chi è “toccato” da quest’accordo.

Le imprese avrebbero in teoria tre anni per adeguarsi. Assolutamente no!

I gruppi bancari che ambiscono al riconoscimento più avanzato dell’Accordo (cd. Advanced Approach, che dovrebbe consentire i più rilevanti vantaggi sul piano regolamentare ed operativo, nonché i maggiori benefici patrimoniali) dovranno adottare il conteggio “parallelo” del nuovo e del vecchio Accordo a partire dalla fine del 2005; per fare ciò dovranno dimostrare di avere adottato l’uso interno dei modelli da almeno tre anni, secondo le indicazioni previste dall’Accordo stesso.

Di fatto l’Accordo, per i Gruppi bancari che ambiscono alle versioni più sofisticate, entrerà in vigore nel corso del 2003, dovendo rispettare almeno tre anni di conformità operativa, strumentale, organizzativa per potersi qualificare per gli approcci più avanzati. La Banca d’Italia ha indicato di attendersi che tutti i gruppi bancari italiani con patrimonio consolidato superiore a €.3/mld. adottino gli approcci basati sui modelli interni.

 

Riflessioni sul Basilea 2

“Gli imprenditori hanno bisogno di finanziamenti per trasformare in realtà le loro ambizioni”

E’ una frase, apparentemente banale e scontata, che si trova scritta nell’ultimo rapporto della Commissione europea al Consiglio e al Parlamento europei sull’attuazione della Carta europea per le piccole e medie imprese.

Essa rivela, tuttavia, la sua enorme portata se ricordiamo che oggi la vera e, direi, obbligata, ambizione delle piccole e medie imprese è quella di crescere e svilupparsi in contesti dai confini sempre più ampi e caratterizzati da dinamiche sempre più competitive.

In ogni occasione di incontro e di dialogo emerge in modo costante la centralità del “fattore finanza” in qualsiasi processo di crescita che voglia considerarsi duraturo e sostenibile.

Una centralità unanimemente riconosciuta ma che, ancora oggi, non sembra trovare corrispondenza, né in una matura “cultura finanziaria” delle imprese, con la loro scarsa propensione ad aprire il proprio capitale a partecipazioni e a controlli esterni, né in un’adeguata e moderna conformazione del nostro sistema finanziario.

La competizione sempre più accesa su mercati globali esige sviluppo tecnologico, innovazione, diversificazione produttiva, politiche di internazionalizzazione; esige sempre nuovi e maggiori investimenti, che proiettano in primo piano il problema nodale della finanza a disposizione delle imprese e della sua qualità.

Eppure l’indebitamento bancario, soprattutto a breve, e il pluriaffidamento sono ancora predominanti nel finanziamento delle piccole imprese e da qui discendono una gestione finanziaria dell’azienda spesso appena abbozzata o inesistente e un rapporto di sostanziale estraneità del finanziatore alla dinamica degli affari dell’azienda.

L’insufficiente evoluzione delle imprese da una finanza di debito ad una finanza di mercato e del capitale e l’attitudine di “esternalità” del finanziatore verso il finanziato, non corrispondono di certo alle esigenze di competizione sugli attuali mercati.

Le imprese hanno bisogno, in questa fase, di un mercato creditizio inserito in un sistema finanziario moderno, in grado di affiancarle nel sostenere strategie innovative. Ciò significa, fra l’altro, uscire dalla logica di una cultura finanziaria limitata alla concessione del fido bancario, ma aprirsi ad una visione in cui diversi strumenti e metodi di finanziamento siano messi in concorrenza fra di loro.

Il settore finanziario ha subito negli ultimi anni una profonda ristrutturazione che ha seguito essenzialmente due direttrici: da un lato un massiccio processo di concentrazione che ha interessato anche le banche a più spiccata vocazione territoriale (oggi, l’insieme degli intermediari organizzati in forma di gruppo detiene una quota di mercato pari a circa il 90%); dall’altro l’introduzione e la diffusione di tecniche per la selezione e la gestione dei rischi riferibili a metodologie di rating destinate a soppiantare le modalità finora seguite per la valutazione della clientela e la concessione del finanziamento.

Questi due fenomeni hanno concorso in misura significativa ad aumentare il razionamento del credito per le piccole e medie imprese, operando non più mediante il costo, come e’ accaduto negli anni di alti tassi di interesse prima del nostro ingresso nella moneta unica europea, ma attraverso la disponibilità.

Le banche hanno, sempre di più, rivolto la propria attenzione verso le attività di offerta di servizi finanziari ad elevato valore aggiunto riguardanti le attività di collocamento sul mercato; l’erogazione del credito, che è ancora estremamente vitale per le imprese minori, sta diventando, invece, per le banche un business troppo poco redditizio perché si cerchino nuove modalità e vi si impegnino risorse significative.

Nella prospettiva di Basilea 2 le banche saranno spinte a sviluppare sempre più relazioni di mercato standardizzate e impersonali, con le conseguenze che questo comporterà per le imprese minori.

A breve questo creerà qualche problema alle imprese pur competitive e innovative nel reperimento di capitali per sostenere il proprio sviluppo ma determinerà quasi l’impossibilità di ottenere credito per le imprese meno redditive, addossando all’imprenditore e al finanziatore istituzionale, la famiglia, i rischi imprenditoriali, che potranno trovare eventualmente appoggio nelle banche minori e nei Confidi.

In definitiva, oggi ci troviamo di fronte ad un aumento dei vincoli finanziari allo sviluppo delle piccole e medie imprese, alla mancanza di strumenti alternativi al credito, o alla loro sostanziale inaccessibilità per le imprese di dimensioni minori; ciò priverà le PMI di un elemento essenziale a realizzare le proprie ambizioni di crescita.

Ma se le nostre PMI non crescono, è la competitività dell’intero sistema economico italiano ad essere in serio pericolo. Su questo punto credo non si possa che essere tutti d’accordo.

Ed è proprio su questa consapevolezza che deve trovare fondamento un vero “patto per lo sviluppo”.

Oggi, imprese e banche devono sentire lo sviluppo come un valore comune da perseguire sinergicamente, ciascuno impegnato, per la propria parte, a contribuire a questo obiettivo che è l’unico a poter garantire vantaggi crescenti ad entrambi.

Entrambi, infatti, si è parte integrante ed integrata di un unico ambiente economico dove raccolta e servizi, da un lato, si incrementano e durano se si contribuisce a sostenere lo sviluppo del territorio, mentre, dall’altro, margini e opportunità di crescita, non possono più prescindere da gestioni imprenditoriali managerialmente evolute ed aperte senza remore al mondo finanziario.

La revisione della regolamentazione sul capitale di vigilanza delle banche ed agli effetti che questa potrà avere sui rapporti tra banche e imprese e, soprattutto, tra banche e imprese minori, è necessario ricordare che, rispetto alla versione dell’accordo pubblicata nel gennaio 2001, il Comitato di Basilea ha ridotto l’impatto dei requisiti patrimoniali riferiti ai crediti verso le PMI.

Questo “sconto”, che va nella direzione auspicata da molte Associazioni di categoria, testimonia come sia stato riconosciuto da parte del Comitato di Basilea che, il maggior rischio associato, in media, alle singole piccole imprese è compensato dall’elevato frazionamento del rischio di un portafoglio di crediti alle PMI.

Lo “sconto” potrà avere riflessi importanti in termini di pricing: la riduzione del requisito di capitale, che potrà arrivare ad un massimo del 20% ed è stimato in media intorno al 10%, dovrebbe ovviamente tradursi in un vantaggio in termini di riduzione del prezzo dei crediti.

Si tratta di importanti novità che, sebbene mitighino i possibili effetti negativi del nuovo regime sulle PMI, non ci consentono di accantonare definitivamente le preoccupazioni che la nuova regolamentazione ha destato nel sistema imprenditoriale.

 

 

Basilea 2 resta un evento di portata rivoluzionaria che imporrà a tutti dei sacrifici.

Se è vero che da questa rivoluzione il rapporto banca-impresa potrà uscire modernizzato, è altrettanto vero che l’adozione di metodologie “oggettive” di valutazione del credito – sostanzialmente estranee alla nostra cultura creditizia – rischia di spersonalizzare le relazioni banca-impresa e di non consentire una valutazione adeguata del merito di credito delle imprese minori.

Resta in sostanza viva la preoccupazione che l’applicazione del nuovo accordo possa avere un impatto traumatico sulle imprese, in particolare su quelle minori, determinando effetti di razionamento e di rincaro del prezzo dei prestiti: effetti dei quali si sono peraltro già avute alcune anticipazioni.

 

a cura di Roberto Antoniucci