Illegittimo il licenziamento del dipendente in ferie per fraintendimento con l’azienda

La Corte di Cassazione ha dichiarato illegittimo il licenziamento per giusta causa basato su un’assenza ingiustificata legata a un fraintendimento sulle ferie accordate verbalmente. Una sentenza che sottolinea l’importanza di valutare il contesto e adottare la forma scritta.

Ferie accordate verbalmente: illegittimo il licenziamento per fraintendimento

licenziamento dipendente in ferieIl licenziamento intimato al dipendente in ferie accordate verbalmente dal datore di lavoro è da considerarsi illegittimo in ragione della sproporzione tra la natura dell’assenza ingiustificata (legata ad un fraintendimento con il datore di lavoro sulla durata delle ferie) e il provvedimento disciplinare adottato, rappresentato dal licenziamento per giusta causa.

A stabilirlo la Corte di Cassazione, pronunciatasi sul licenziamento per giusta causa di un dipendente reo di essersi assentato in maniera ingiustificata, a seguito della fruizione delle ferie, dapprima respinte dal datore di lavoro, per iscritto, salvo poi essere accordate verbalmente con incertezza però sulla durata del periodo autorizzato.

Analizziamo la questione in dettaglio.

 

I fatti all’origine della controversia

La controversia all’esame della Cassazione trova origine dal licenziamento disciplinare di un dipendente intimato a seguito di un’assenza ingiustificata dal lavoro dal 19 al 24 agosto 2019.

A seguito dell’impugnazione in giudizio dell’atto di recesso, da parte del lavoratore, il giudice di primo grado ne dichiarava l’illegittimità.

La Corte d’Appello di Firenze, nel confermare il provvedimento del giudice di primo grado, rilevava che il quadro probatorio acquisito non consentiva di verificare la ricorrenza di tutti i fatti oggetto di contestazione disciplinare. Risultava, invero, pacifico, che il lavoratore avesse chiesto due settimane di ferie, dapprima respinte, per iscritto, dall’azienda e, in un secondo tempo, accordate verbalmente.

Era comunque rimasta controversa (si legge nella sentenza) la durata “del periodo autorizzato, a fronte della fruizione” da parte del dipendente interessato “di entrambe le settimane”.

Considerato pertanto il fraintendimento tra datore di lavoro e dipendente, il concreto “disvalore del fatto non appariva tale da integrare una giusta causa di recesso” secondo la Corte d’Appello fiorentina con conseguente “sproporzione della sanzione adottata e applicazione della tutela indennitaria prevista dall’art. 18, comma 5” dello Statuto dei Lavoratori (approvato con Legge 20 maggio 1970, numero 300).

Avverso la sentenza di secondo grado il datore di lavoro proponeva ricorso per cassazione.

Il pensiero della Suprema Corte

Investita della questione, la Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso del datore di lavoro.

Nello specifico la Cassazione sottolinea che, nel caso di specie, la valutazione del giudice di merito si è svolta con riferimento agli aspetti concreti afferenti alla natura del singolo rapporto, alla posizione delle parti, al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, al nocumento eventualmente arrecato, alla portata soggettiva dei fatti stessi, ossia alle circostanze del loro verificarsi, ai motivi e all’intensità dell’elemento intenzionale o di quello colposo.

In definitiva, secondo la Suprema Corte, nel valutare la legittimità del licenziamento, è opportuno considerare, da un lato, le condotte punibili sotto il profilo disciplinare (definite dall’apposito regolamento interno) e, dall’altro lato, le circostanze in cui concretamente si è manifestato il comportamento del lavoratore che ha dato avvio alla procedura disciplinare.

Nel caso di specie, il recesso datoriale è stato considerato come illegittimo per via delle caratteristiche dell’assenza ingiustificata, determinata non dal rifiuto delle ferie da parte del datore di lavoro (sia pure con assenso avvenuto verbalmente) ma da un fraintendimento sulla durata stessa dell’assenza.

Procedendo con il licenziamento per giusta causa, il datore di lavoro ha realizzato una sproporzione (illegittima) tra:

  • la reale condotta del dipendente (assenza ingiustificata per il solo fraintendimento sulla durata delle ferie);
  • la gravità della lesione del vincolo fiduciario tra datore di lavoro e dipendente stesso, non di impatto tale da giustificare l’interruzione del rapporto di lavoro.

L’assenza ingiustificata

L’assenza ingiustificata rappresenta una delle condotte dei lavoratori che, di norma, espongono lo stesso, in relazione a quanto previsto nei singoli regolamenti disciplinari, al rischio di incorrere nel licenziamento per giusta causa, nell’ambito del quale il datore di lavoro non è tenuto a riconoscere alcun preavviso al dipendente.

Nelle ipotesi in parola, infatti, l’assenza del dipendente, in virtù dei possibili danni all’attività economico – produttiva, conseguenti al mancato svolgimento della prestazione, giustifica il ricorso al licenziamento senza preavviso in ragione della gravità della lesione del vincolo fiduciario tra azienda e lavoratore.

È importante precisare che la corrispondenza tra assenza ingiustificata e licenziamento per giusta causa ricorre, in generale, nel momento in cui l’assenza stessa eccede un determinato numero di giornate (consecutive), relegando le altre ipotesi ai restanti provvedimenti disciplinari potenzialmente adottabili dall’azienda, sempre nel rispetto del regolamento interno.

Le ferie

Nell’ambito del potere direttivo del datore di lavoro, da intendersi come l’insieme delle scelte necessarie al corretto svolgimento dell’attività economico-produttiva, rientra l’ultima parola in merito alla concessione o meno delle ferie.

Pertanto, il dipendente non può, in maniera unilaterale, assentarsi dal lavoro per ferie non accordate dall’azienda. In caso contrario, l’assenza dev’essere qualificata come ingiustificata (e, pertanto, non retribuita).

 

Conclusioni

In ragione del pensiero della Corte di Cassazione, espresso nella sentenza numero 30612/2024, prima di procedere alla contestazione disciplinare per assenza ingiustificata e, in ogni caso, all’esito del procedimento stesso in sede di decisione sull’adozione o meno del licenziamento per giusta causa, il datore di lavoro è bene che proceda ad una valutazione sul reale impatto della condotta del dipendente e sulle circostanze in cui la stessa si è realizzata, interrogandosi se determinati atti o direttive (anche orali) impartite dal datore di lavoro o dai superiori gerarchici del lavoratore hanno portato a fraintendimenti o dubbi sulla possibilità di non presentarsi al lavoro.

Ad ogni modo, per evitare il rischio di situazioni simili in azienda, è sempre opportuno ricorrere alla forma scritta per quanto concerne:

  • la richiesta di giorni di ferie individuali da parte del dipendente;
  • l’adozione del piano di ferie collettive da parte del datore di lavoro;
  • la concessione o meno delle ferie individuali / collettive da parte del datore di lavoro.

In qualsiasi missiva tra azienda e dipendente, riguardante la fruizione delle ferie è altresì necessario dettagliare:

  • il numero di giorni di ferie interessati;
  • il periodo dal – al in cui le ferie stesse sono previste.

 

Fonte: Corte di Cassazione, Sentenza n. 30612/2024.

 

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Paolo Ballanti

Venerdì 27 dicembre 2024