L’apertura della successione non comporta l’acquisto della qualità di erede in favore dei successibili ex lege o ex testamento, ma soltanto l’acquisto della qualità di chiamato alla eredità.
Soltanto ove avvenga l’accettazione, anche tacita, il chiamato si considera erede.
In base all’articolo 521 del codice civile, chi rinunzia all’eredità è considerato come se non vi fosse mai stato chiamato, con la conseguenza che, per effetto della rinuncia, viene impedita retroattivamente l’assunzione di responsabilità per i debiti facenti parte del compendio ereditario.
La Corte di Cassazione ha affermato rilevanti considerazioni in tema di rinuncia all’eredità, anche retroattiva e suoi effetti su eventuali azioni accertative.
Rinuncia all’eredità: il caso

La Commissione Tributaria Regionale aveva riformato la decisione di primo grado sul presupposto che la rinuncia all’eredità del defunto contribuente escludesse la responsabilità per i debiti tributari.
L’Amministrazione finanziaria, nell’impugnare la sentenza, deduceva, per quanto di interesse, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 467, 519, 525, 752 e 2941 cod. civ., e 65 del Dpr. 29 settembre 1973 n. 600, per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che la rinuncia all’eredità esonerasse i vocati da ogni responsabilità per i debiti tributari del de cuius ed invalidasse l’avviso di accertamento emesso nei loro confronti anche in assenza di impugnazione dinanzi al giudice tributario.
Secondo la Suprema

