Il Codice Civile definisce la transazione come accordo tra parti che, mediante concessioni reciproche, risolvono o prevengono litigi. È essenziale che le parti abbiano la capacità di disporre dei diritti in questione, altrimenti l’accordo è nullo. La giurisprudenza, inclusa la Cassazione, ha esaminato varie applicazioni, dimostrando che la transazione può riguardare tanti diversi aspetti.
Aspetti civilistici e fiscali della transazione – Argomenti esaminati:
La transazione
Aspetti civilistici
Definizione e capacità di disporre
L’art. 1965 codice civile definisce la transazione come quel contratto mediante il quale “le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro”.
Di conseguenza, attraverso le reciproche concessioni, tra le parti, si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti differenti da quello che ha originato la pretesa e la contestazione di queste ultime.
Perché si possa transigere, a parte la presenza di una contestazione, è indispensabile che le parti interessate posseggano la capacità di disporre dei diritti che hanno concorso a creare la lite.
Se alle parti è sottratta la disponibilità di detti diritti, vuoi per loro natura, vuoi per espressa disposizione di legge, la transazione è nulla (Art. 1966 codice civile).
Al riguardo, la Corte di Cassazione:
- Sez. III, ordinanza del 16 febbraio 2023, n. 4947, (Conforme: sez. III, sentenza del 17 maggio 2010, n. 11947; sez. III, sentenza 31 gennaio 2006, n. 2148), in base alla quale le parti del contratto di locazione di un immobile urbano definiscano transattivamente le liti giudiziarie fra loro pendenti circa la durata del rapporto e l’ammontare del canone, stabilendo, fra l’altro, una determinata scadenza per il rilascio dell’immobile ed un certo corrispettivo per il suo ulteriore godimento, questo nuovo rapporto, ancorché di natura locatizia, trova la sua inderogabile regolamentazione nei patti del negozio transattivo e, in via analogica, nella normativa generale delle locazioni urbane, ma si sottrae – data la sua genesi e l’unicità della causa che avvince il complesso rapporto – alla speciale disciplina giuridica che regola la materia delle locazioni (leggi di proroga legale, legge cosiddetta dell’equo canone e successive modificazioni) cui è assolutamente insensibile.
Peraltro il precedente rapporto, che deve ritenersi convenzionalmente estinto alla data della transazione, resta regolato – per quanto riguarda il suo svolgimento e la sua cessazione – dallo stesso negozio transattivo ovvero, in mancanza di patti contrari, dalla normativa ordinaria e da quella speciale previgenti. (In applicazione del principio, la S.C. ha statuito che la rinuncia all’indennità di avviamento contenuta in un accordo, trasfuso nel verbale di conciliazione concluso tra le parti a definizione di un precedente contenzioso tra le stesse, è sottratta alla sanzione della nullità ex art. 79 l. n. 392 del 1978); - Sez. II, ordinanza del 3 ottobre 2023, n. 27887, ha affermato che l’accordo transattivo, che recepisce la chiara volontà delle parti contraenti di superare e definire tra esse e tramite reciproche concessioni, ogni rapporto derivante dal giudizio pendente, non può più essere modificato da una successiva pronuncia, in considerazione della vasta portata definitoria della transazione sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo;
- Sez. I, ordinanza del 26 giugno 2018, n. 16860, ha ritenuto ammissibile la transazione attraverso la quale la madre ha rinunciato al credito per il rimborso, da parte del padre, delle spese anticipate per il mantenimento del figlio minore con lei convivente, relativamente al periodo antecedente la proposizione del ricorso, affermando che la stessa non è affetta da nullità, in quanto è un credito entrato a far parte del suo patrimonio e, quindi, disponibile;
- Sez. I, sentenza dell’8 febbraio 2013, n. 3064 (Conforme: Sez. I, sentenza 29 febbraio 2008, n. 5433), che, in ordine all’appalto di opere pubbliche, ha confermato che il principio della irrinunciabilità degli interessi, stabilito dall’art. 4, ultimo comma, della L. 10 dicembre 1981, n. 741, ha valenza soltanto al momento della contrattazione – fase durante la quale la legge vuole tutelare la parte più debole da possibili abusi dell’Amministrazione e garantire la tempestività della realizzazione dell’opera – laddove, in sede di transazione, la rinuncia ad un diritto già scaduto non può considerarsi sottratta alla libera determinazione dei contraenti, vista l’assenza dell’esigenza di assicurare la tempestività della realizzazione dell’opera pubblica.
Inoltre, in considerazione dell’utilità per entrambe le parti di un atto transattivo, le stesse ben possono rinunciare ad un siffatto diritto, limitando situazioni giuridiche patrimoniali già sorte e disponibili.
La prova
Secondo l’art. 1967 codice civile, la transazione richiede che sia attestata per iscritto, fermo il disposto del n. 12 (Devono farsi per atto pubblico o per scrittura privata, sotto pena di nullità: omissis; 12) le transazioni che hanno per oggetto controversie relative ai rapporti giuridici menzionati nei numeri precedenti), dell’art. 1350 codice civile.
Sulla predetta norma, si riportano alcune sentenze della Corte di Cassazione:
- Sez. I, del 27/10/2023, n. 29799 (ordinanza), che ha affermato come, nel contratto di mutuo, è legittima e non censurabile in cassazione se congruamente motivata la decisione con cui il giudice di merito ritenga che il requisito della forma ad probationem dell’accordo transattivo sia stato soddisfatto a