Il caso della percezione di utili Americani da parte di un residente Italiano: la Cassazione ha ammesso lo scomputo dall’imposta sostitutiva Italiana del credito d’imposta estero Americano.
La sentenza ha effetti dirompenti, dato che fino ad ora la tassazione Italiana di utili (e dividendi) Americani (così come di molti altri Paesi) è sempre avvenuta tramite applicazione di imposta sostitutiva senza possibilità di scomputare alcuna imposta estera.
Vediamo in dettaglio questa recentissima novità e le sue importanti conseguenze.
Credito d’imposta estero su utili di fonte estera: l’oggetto del contendere
La causa oggetto della Sentenza della Suprema Corte di Cassazione di cui trattiamo si può riassumere nel seguente modo:
- Una persona fisica residente in Italia aveva maturato e percepito in un determinato anno utili da parte di una Partnership Americana di cui era socio per un ammontare di 1.102.792 euro.
- Tale soggetto aveva ovviamente dovuto presentare la Tax Return Americana, all’interno della quale aveva sottoposto il reddito maturato a tassazione.
Ricordiamo che il reddito di una Partnership è assoggettato anche in America a tassazione per trasparenza indipendentemente dalla percezione.
Dalla Tax Return Americana era emerso un debito d’imposta pari a 299.820 euro, regolarmente pagato in America a titolo definitivo.
- Trattandosi di un utile non solo maturato ma anche percepito (cioè distribuito dalla Partnership Americana al socio Italiano), il soggetto in questione aveva assoggettato a tassazione tale reddito anche in Italia, applicando l’imposta sostitutiva, che all’epoca era del 12,50% (mentre ora è al 26%).
Il debito d’imposta emergente in Italia era il seguente:
utile percepito x 12,50% = 1.102.792 euro x 12,50% = 137.849 euro.
Come noto, la percezione di utili anche da parte di entità estere trasparenti come una Partnership Americana è tassata in maniera analoga alla percezione dei dividendi (vedasi anche la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 9/E del 2015).
Da ciò discende l’applicazione dell’imposta sostitutiva che, come detto, all’epoca ammontava al 12,50%.
- Nel compilare il quadro RM della Dichiarazione dei Redditi, il soggetto aveva verosimilmente compilato la Sezione V e dichiarato il reddito estero nel rigo RM12 indicando in:
- Col. 1: la lettera identificatrice del tipo di reddito percepito;
- Col. 2: il codice “069” che identifica il Paese di origine, cioè gli Stati Uniti d’America;
- Col. 3: l’utile lordo percepito (1.102.792 euro);
- Col. 4: l’aliquota dell’imposta sostitutiva applicabile (12,50% all’epoca);
- Col. 5: l’ammontare del “CREDITO D’IMPOSTA ESTERO”: qui il soggetto aveva verosimilmente riportato non l’importo totale delle imposte effettivamente pagate a titolo definitivo in America (299.820 euro), bensì l’importo dell’imposta calcolata in Italia (pari a 137.849 euro) in modo da abbatterla del tutto; facciamo presente che a partire dal 2020, tale colonna ha assunto il nome di “CREDITO IVCA”, di cui diremo alla fine.
- Col. 6: l’imposta dovuta, data dalla differenza tra gli importi di Col. 4 e Col. 5.: nel caso del nostro soggetto, zero.
- Col. 1: la lettera identificatrice del tipo di reddito percepito;
- Come noto, però, la normativa Italiana non ammette alcun credito d’imposta estero a scompu