Vediamo quali sono le criticità se la comunione de residuo riguarda l'impresa individuale di uno dei coniugi separati.
Dopo oltre 40 anni dalla rivoluzionaria modifica del diritto di famiglia, apportata dalla L. 151/1975, si può scrivere la parola fine sulla comunione de residuo o comunione differita, dopo contrapposti orientamenti dottrinali e giurisprudenziali.
Scioglimento della comunione
L’art. 191 del Codice Civile disciplina lo scioglimento della comunione tra coniugi e dispone che detta comunione si scioglie per:
- la dichiarazione di assenza o di morte presunta di uno dei coniugi;
- l'annullamento, per lo scioglimento o per la cessazione degli effetti civili del matrimonio;
- la separazione personale;
- la separazione giudiziale dei beni;
- mutamento convenzionale del regime patrimoniale;
- il fallimento di uno dei coniugi.
Con riferimento all’ipotesi di separazione personale, la comunione tra i coniugi si scioglie quando:
- il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati;
- ovvero quando i coniugi sottoscrivono il processo verbale di separazione consensuale, dinanzi al presidente, a condizione che il predetto processo verbale sia omologato.
La Corte di Cassazione, Sez. Unite, con sentenza del 29 luglio 2021, n. 21761, ha affermato che, nell’accordo di separazione consensuale o di divorzio a domanda congiunta:
- l’attribuzione a uno o ad entrambi i coniugi della proprietà esclusiva di beni – mobili o immobili – o la titolarità di altri diritti reali;
- il trasferimento a favore di uno di essi o dei figli, dei predetti beni, al fine di assicurarne il mantenimento;
sono valide clausole, in quanto il predetto accordo, inserito nel verbale di udienza redatto da un ausiliario del giudice, assume forma di atto pubblico (Art. 2699 c.c.) e, qualora comporti il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo il decreto di omologazione della separazione o la sentenza di divorzio, titolo idoneo per la trascrizione (Art. 2657 c.c.), a condizione che il cancelliere attesti che le parti hanno prodotto gli atti e rese le dichiarazioni previste dall’art. 29, comma 1-bis, della L. 27 febbraio 1985, n. 52[1], essendo inutile l'ulteriore verifica circa gli intestatari catastali dei beni e la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari. Ritornando all’art. 191 c.c., lo stesso dispone, inoltre, che:
- l'ordinanza del presidente del tribunale che autorizza i coniugi a vivere separati è comunicata all'ufficiale dello stato civile, perché annoti, nei registri civili, lo scioglimento della comunione;
- lo scioglimento della comunione, nel caso di azienda di cui all’art. 177, lett. d), c.c. (le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio), può essere deciso, per accordo dei coniugi, osservata la forma di atto pubblico.
Ritorna utile, ai fini del prosieguo del presente lavoro, ricordare l’art. 178 c.c. che fa rientrare, nella comunione:
- i beni destinati all'esercizio dell'impresa di uno dei coniugi, costituita dopo il matrimonio;
- gli incrementi dell'impresa costituita anche prima del matrimonio;
solo se sussistono al momento dello scioglimento di questa.
Con riferimento all’eventuale applicazione dell’imposta di registro, sugli atti giudiziari, in esito ai procedimenti di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, la Corte di Cassazione, sez. V, con sentenza del 9 febbraio 2021, n. 3074, ha affermato che detti procedimenti beneficiano del regime di esenzione previsto dall'art. 19, della L. 6 marzo 1987, n. 74; anche la sentenza di divisione giudiziale della comunione legale dei coniugi, conseguente al mancato raggiungimento di accordi, usufruisce della predetta agevolazione tributaria, in quanto la ratio “risiede nella volontà di favorire le famiglie già indebolite dalla crisi coniugale che addivengono alla complessiva sistemazione dei rapporti patrimoniali dipendenti dalla lite divorzile, né lo scioglimento della comunione insieme ai trasferimenti (mobiliari o immobiliari) costituiscono indice di capacità contributiva”.
Le seguenti sentenze della Corte di Cassazione, Sez. I, precisano alcuni aspetti patrimoniali tra i coniugi