I costi aziendali che contano

Qual è la differenza fra costo e investimento? Gli imprenditori spesso non sono in grado di interpretare i costi aziendali: quali sono quelli fini a se stessi e quelli che invece nascondono investimenti…A cura di Cecilia Vandemini, Gianrico Quattrocolo e Luca Bianchi.

costi che contanoQuando un fattore produttivo costa troppo? La variabile costo è davvero fondamentale nella gestione aziendale? Sfatiamo qualche mito  

“Costa Troppo!” Quante volte abbiamo sentito un cliente, un imprenditore lamentarsi di quanto paga, a prescindere? Soprattutto quando deve pagare le “nostre” consulenze professionali…

 

È giusto che un imprenditore dica “costa troppo!”?

È una affermazione spesso sbagliata quando si tratta di una azienda. Vediamo brevemente perché…

I costi legati alla sua attività principale (il core business), non dovrebbero mai essere spese fini a sé stesse bensì restituire nel tempo più di quello che è stato investito (il classico Ritorno dell’Investimento).

Facendo qualche esempio pratico: un collaboratore “costa” (per usare il verbo preferito dagli imprenditori) perché ha solide competenze e una strutturata capacità produttiva; una nuova attrezzatura perché mi permette di incrementare il business e/o la qualità di quello che offro; un software di ultima generazione mi permette di velocizzare le operazioni e affinare le analisi…

 

Costo o investimento?

Il problema non è (quasi) mai il prezzo di un fattore produttivo, ma quanto quel “costo”, che faremmo meglio a definire investimento:

  • mi da nel tempo (l’investimento mi porta più soldi di quelli che ho speso?),
  • in quanto (ho abbastanza liquidità?)
  • e per quanto tempo (è solo spot o duraturo e sostenibile?).

“C’era una volta il Sig. Paperone che a Natale decise di regalarsi un macchinario costosissimo, senza prima aver fatto nessuno studio di fattibilità e del mercato di sbocco. Se nel mondo ce n’erano solo altri due, un motivo c’era! E l’azienda saltò come un tappo di spumante.” MORALE: Nella vita privata è una scelta personale togliersi degli sfizi per soddisfare il proprio ego, a livello imprenditoriale invece, nulla dovrebbe essere fatto a caso, senza un obiettivo, un riscontro, una finalità.  

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Come gestiamo le due diverse categorie di costi?

I costi fini a se stessi

I costi fini a se stessi, tendenzialmente non hanno un riscontro economico ma sono strumentali alla vendita o erogazione del servizio.

Dovrebbero essere gestiti in ottica di risparmio, ove possibile “strappando” (a parità di condizioni) il prezzo più basso. In questo caso è lecito dire “lo scelgo perché costa meno”!

Esempio: scelgo, a parità di altre condizioni, l’assicurazione più conveniente, il contratto telefonico più economico…

“C’era una volta il Sig. Smanettone che aveva 12 banche, 24 conti correnti e un software costruito ad hoc per gestirli. Tutto fatto con l’illusione di aver un maggiore accesso al credito”.

MORALE: se non mettiamo nero su bianco costi e benefici, la visione e la percezione possono distogliere la nostra attenzione dalla realtà vera dei fatti.

 

I costi da investimento

I costi assimilabili agli investimenti invece, andrebbero valutati in relazione ai frutti che danno. Non c’è nulla che costa troppo in valore assoluto.

La cifra complessiva raffrontata con ciò che l’oggetto o il servizio acquistato permetterà di fare.

 

Esempio: quale PC scegliere? Domanda facile

Uno economico, o addirittura quello col prezzo più basso, può essere sufficiente se non ci sono particolari esigenze da gestire, MA se rallenta il lavoro del personale (perché si blocca, è lento, macchinoso, ecc.) senza dubbio occorre investire di più.

“C’era una volta il Sig. Oculato, che pur di non comprare un tablet da 200 € al fine di gestire parallelamente l’agenda e il magazzino, preferiva pagare 2 ore di straordinario al giorno ad un suo collaboratore, posticipando il carico e lo dopo la chiusura dell’azienda!”

MORALE: spesso non esitiamo a spendere se una cosa ci piace o è nelle nostre corde, ma se abbiamo una qualsiasi ritrosia, rischiamo di perdere di vista l’obiettivo …

Un altro caso riguarda la formazione, di cui un bravo imprenditore dovrebbe sempre farla con un obiettivo preciso e considerare il suo riscontro (altrimenti il commercialista si arrabbia perché i costi lievitano!!!): un collaboratore mandato ad un corso se non torna “un po’ più …(bravo) di prima”, ha sprecato tempo e soldi. Questo plus poi andrebbe riversato sui clienti in termini di proposta, andando nel tempo, ad incrementare la produzione pro-capite.

 

Come si misura il ritorno dei diversi tipi di costi-investimento?

Ragioniamo nella pratica….

Il ritorno della Pubblicità si può misurare con tante variabili quali: il numero di clienti nuovi, la frequenza, spesa media e gli acquisti suddivisi per tipologia dei clienti fedeli, …

Per la formazione, si dovrebbe valutare l’incremento individuale di produttività (efficacia ed efficienza) o di fatturato grazie alle competenze acquisite.

I frutti dell’acquisto di strumenti e attrezzature di lavoro si possono misurare, tra le altre cose, attraverso l’incremento di produttività oraria (più tempo a disposizione) e della qualità (differenziazione) del servizio.

“C’era una volta il Sig. HiT, che era solito comprare uno o due macchinari all’anno, recuperava molto velocemente l’investimento (attraverso valide campagne commerciali) poi li metteva a prendere polvere in magazzino”.

MORALE: la cosa peggiore che possiamo fare è coprire i costi e smettere di usare l’attrezzatura. In questo modo il ritorno è 0 (pareggio Ricavi-Costi). Bisogna sfruttare al massimo gli strumenti e dismetterli quando non servono più.

 

Quindi …? Concludendo?

Ci sono costi e COSTI.

È indispensabile distinguere tra quelli fini a sé stessi e quelli che hanno la capacità di dare frutti sull’investimento fatto.

Dei primi, bisognerebbe valutare, tenendo conto dei benefici, prevalentemente l’economicità; per i secondi invece, ci si può spingere nell’investimento fino a quando è profittevole (più lo è, più se ci sono risorse a disposizione [i]

[N.B. Nei cash business il flusso di cassa dovrebbe essere sempre positivo], si può investire, anche se in valore assoluto il prezzo è maggiore).

“C’era una volta la Sig. (Tacc)Agna, che aveva una azienda tirata a puntino, senza lasciare nulla al caso tranne … la calcolatrice in cassa, vecchia di trent’anni, ingiallita e senza alcuni tasti ma fedelmente usata per fare i conti ad ogni cliente passato”.

MORALE: a volte, piccoli investimenti, che riteniamo superflui o non necessari, potrebbero rivelarsi indispensabili tenere alta e coerente l’immagine dell’azienda.

Non bisogna ragionare solo sui costi, altrimenti guardando le cifre in valore assoluto, ci si paralizza dall’angoscia e non si fa mai nulla!

Un imprenditore dovrebbe sempre ragionare come un investitore, chiedendosi, ogni volta che decide di investire del denaro, quanto questo gli frutterà, in quanto e per quanto tempo …

Chiunque ragioni in questa maniera diventa ricco … di risorse e di tempo!

N.B.: Nessuno degli aneddoti è fantascienza, ma ahinoi si tratta di pura realtà conosciuta grazie all’esperienza professionale… (l’unica finzione sono, per ovvi motivi, i nomi!)

 

***

NOTA

[i] Ricordiamo che nei cash business il flusso di cassa dovrebbe essere sempre positivo.

 

A cura di Cecilia Vandemini, Gianrico Quattrocolo e Luca Bianchi

Venerdì 2 ottobre 2020

 

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