In materia di sanzioni antiriciclaggio, il D.Lgs. 90/2017 ha previsto una più ampia applicazione del favor rei, cioè del principio per cui alle violazioni si applica la normativa sopravvenuta se più favorevole rispetto a quella in vigore ai tempi in cui il fatto venne commesso. La questione è stata oggetto anche di una sentenza della Corte di Cassazione

La questione è stata oggetto della sentenza n. 28888 del 12.11.2018 della Corte di Cassazione, che ad una fattispecie precedente al D.Lgs. n. 90/2017 ha ritenuto applicabili le nuove più favorevoli disposizioni normative.
Il reato di riciclaggio
Secondo l’art. 648-bis del codice penale, al di fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni od altre utilità provenienti da un delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da 4 a 12 anni e con la multa da euro 5.000 ad euro 25.000.
La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale.
La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da un delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a 5 anni. Si applica l’ultimo comma dell’art. 648 (pertanto, le ipotesi di riciclaggio sono perseguibili anche quando l’autore del delitto da cui il denaro o le cose provengono non è imputabile o punibile, ovvero quando manchi una condizione di procedibilità riferita a tale delitto).
L’ipotesi delittuosa presuppone quindi che siano già stati commessi dei delitti, e che qualcuno “nasconda” la provenienza delittuosa dei relativi proventi.
La normativa speciale antiriciclaggio pone a carico di intermediari, professionisti, etc., una serie di obblighi di identificazione e segnalazione, prevedendo specifiche sanzioni amministrative che colpiscono l’omessa segnalazione ed altre violazioni.
Le segnalazioni
La sen


