Il credito d’imposta concesso, al fine di incentivare il commercio, deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione relativa aI periodo d’imposta nel corso del quale il beneficio è accordato. L’omessa tempestiva indicazione determina la decadenza, né ciò è emendabile. Sono queste le conclusioni raggiunte dalla Corte di Cassazione in una recente ordinanza
Il credito d’imposta concesso, al fine di incentivare il commercio, dall’art. 11 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione relativa aI periodo d’imposta nel corso del quale il beneficio è accordato. L’omessa tempestiva indicazione determina la decadenza né ciò è emendabile. Sono queste le conclusioni raggiunte dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 21120 del 24 agosto 2018.
Il pensiero della Corte
Innanzitutto, la Corte condivide il consolidato orientamento, secondo cui “sebbene le denunce dei redditi costituiscano di norma delle dichiarazioni di scienza, e possano quindi essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti, nondimeno, quando il legislatore subordina la concessione di un beneficio fiscale ad una precisa manifestazione di volontà del contribuente, da compiersi direttamente nella dichiarazione attraverso la compilazione di un modulo predisposto dall’erario, la dichiarazione assume per questa parte il valore di un atto negoziale, come tale irretrattabile, anche in caso di errore, salvo che il contribuente dimostri che questo fosse conosciuto o conoscibile dall’amministrazione” (Cass. n. 7294 del 2012; Cass. n. 1427 del 2013; Cass. 22673 del 2014, Cass. n. 18180 del 2015; Cass. n. 883 del 2016; Cass. n. 10239 del 2017).
Principio ribadito anche dalla pronuncia della Cassazione n. 20208 del 2015, la quale ha ulteri