La norma del processo tributario esclude l’applicazione delle disposizioni del codice di procedura civile sui regolamenti di competenza: proponiamo un’analisi di tale problematica processuale
Come è noto, la norma del processo tributario, di cui all’art. 5, comma 4, del D. Lgs. n. 546/1992, esclude l’applicazione delle disposizioni del codice di procedura civile sui regolamenti di competenza.
La lettura sommaria della norma può però prestare il fianco ad interpretazioni fuorvianti e può essere di chiarimento l’insegnamento della Suprema Corte, così nuovamente manifestato nella sent. n. 999/2016: “in tema di contenzioso tributario, il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 5, comma 4 – secondo cui “non si applicano le disposizioni del codice di procedura civile sui regolamenti di competenza” – è inserito in un complesso normativo, integrante microsistema, contenuto nel cit. D.Lgs m. 546 artt. 4 e 5, che riguarda la disciplina della competenza, essenzialmente per territorio, delle commissioni tributarie, e si riferisce soltanto alle questioni che queste possono essere chiamate a rendere in ordine a tale competenza. Pertanto, in conformità all’esigenza di tutelare i diritti fondamentali garantiti dall’art. 24 Cost., comma 1 e art. 111 Cost., comma 2, e art. 6, comma 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, deve ritenersi che la norma sopra citata non esclude la proposizione del regolamento di competenza avverso i provvedimenti di sospensione del processo ex art. 295 c.p.c.,[1] impugnazione senz’altro ammissibile alla stregua del combinato disposto del D. Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2 e art. 42 c.p.c[2]” [3] .
Si è così superato il risalente orientamento della giurisprudenza di legittimità