A proposito di obbligo di POS per gli studi professionali

proponiamo alcune valutazioni sul prossimo decreto che tratterà di obbligo di POS anche per gli studi professionali: si spera che il Governo abbia presente le differenze esistenti fra esercizi commerciali al dettaglio e attività libero professionali

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Sembra che sia in arrivo il famigerato decreto che renderà effettivo l’obbligo per tutti i soggetti esercenti attività commerciali, imprenditoriali e professionali ad assicurare ai propri clienti di poter effettuare i pagamenti (per un importo superiore a 5 euro) anche via POS. In caso di mancanza dello strumento POS il professionista-imprenditore sarà soggetto a sanzione, definita nell’emanando decreto. Ricordiamo che la norma era stata prevista dalla Legge di stabilità per il 2016, ma che fino ad oggi non era stata data attuazione al sistema sanzionatorio rendendola di fatto un obbligo da rispettare, ma senza sanzioni.

E’ evidente lo spirito della norma di contrastare l’utilizzo del contante a fini antievasione e antiriciclaggio; è evidente che la norma rincorre lo spirito del tempo, che va sempre di più verso la moneta elettronica (come certificato anche dalle ultime statistiche di Banca d’Italia che segnalo un aumento dei punti POS). Le categorie imprenditoriali tuttavia soffrono molto questo decreto perché vedono, non a torto, un’imposizione costosa e di nulla utilità: in particolare la norma sembra non evidenziare le differenze sostanziali che esistono fra le attività di commercio al dettaglio e quelle delle attività professionali.

Il problema è che si paventa un decreto che di fatto obblighi (tramite sanzioni irrogate a tutti) ogni titolare di partita IVA detenere il POS per permettere i pagamenti da parte dei clienti senza tener conto che non tutte le attività imprenditoriali o commerciali hanno come clientela utenti che necessitano di pagamenti via POS. Per fare un esempio estremo: la holding di partecipazione o la società di costruzione di immobili effettuano operazioni commerciali che possono essere regolate con pagamento via POS? Ovviamente no…

Nel mondo economico italiano, anche quello dei professionisti sono tante le posizioni che non operano direttamente col pubblico ma operano solo nel segmento business to business. Il POS è uno strumento necessario per chi opera col consumatore finale o effettua operazioni di importo tale da poter essere regolato con bancomat e carta di credito. Il rischio insito nel decreto in arrivo è che un obbligo esteso a tutti i professionisti renda indispensabile il POS anche a chi non lo utilizzerà mai, obbligandolo a sostenere un costo, per quanto basso, inutile. L’esempio tipico sono quei professionisti con partita IVA che lavorano per altri professionisti o altre strutture e che non hanno propria clientela: il medico che lavora per altre strutture, il commercialista l’avvocato o l’ingegnere che collaborano con uno studio…

E’ di evidenza assoluta che chi offre servizi retail deve avere il POS per comodità, mentre chi opera solo con clientela business può gestire tutti i pagamenti in via tracciata senza POS, anche perché difficilmente il cliente paga con tale strumento.

Per fare un esempio attinente con la nostra professione: è palese che per un 730 o una dichiarazione dei redditi di una persona fisica il pagamento via POS può essere la soluzione naturale. Un professionista che svolge tali operazioni dovrebbe avere già il POS a prescindere dal decreto. Il mio dentista ovviamente accetta pagamenti con bancomat e carte di credito.

Per l’assistenza un operazione societaria complessa con compenso di qualche migliaio di euro lo strumento POS non verrà mai utilizzato.

Il viceministro Casero ha promesso (speriamo che mantenga le promesse) che l’emanando decreto evidenzi quali sono i professionisti che verranno sanzionati per la mancanza di POS e quali sono i professionisti che potranno continuare (date le oggettive condizioni di svolgimento dell’attività) a non essere soggetti a tale obbligo.

Se le promesse di Casero saranno veritiere, sl problema sarà la posizione di chi magari offre poche prestazioni di tipo retail e potrebbe essere obbligato a detenere il POS sostendone i relativi costi per effettuare un minimo numero di transazioni. Facciamo un esempio pratico: uno studio che effettua principalmente attività di consulenza aziendale e si trova ad elaborare qualche modello di dichiarazione dei redditi in via residuale.

Il POS costa, questo è il problema

Uno dei problemi rilevati dai professionisti e che l’obbligo di utilizzo del POS genera ulteriori costi da sostenere: le banche normalmente prevedono un canone annuale (anche basso) per lo strumento ed un costo percentuale per singola transazione effettuata (il costo è calcolato in una percentuale della transazione). Il viceministro Casero ha segnalato che il governo cercherà di ridurre i costi bancari sullo strumento che sono fra i più alti registrati nelle economie avanzate.

Sicuramente se fossi un professionista a cui non serve l’uso del POS, facciamo l’esempio di un medico che lavora per una casa di cura o di un avvocato che segue clienti a gratuito patrocinio, dover pagare anche poche centinaia di euro all’anno sarebbe molto spiacevole; tale obbligo genera solo un ricavo per le banche che vedranno aumentare le richieste di POS inutilizzati o scarsamente utilizzati.

Il fatto che il viceministro Casero invochi una riduzione del costo delle commissioni bancarie già delinea un problema: le commissioni bancarie in Italia sono tendenzialmente più alte che in Europa, non si vede per quale motivo entità private come le banche dovrebbero abbassarle nel momento in cui nuovi clienti dovranno fornirsi da loro. Oggettivamente oggi il governo verso le banche può fare solo opera di moral suassion.

Il problema della tracciabilità delle transazioni economiche è questo: i costi li sostengono i contribuenti attraverso il sistema bancario e sono nulli o quasi per lo stato. Bisogna anche segnalare che, al momento, il sistema bancario italiano non gode di buona fama, a causa dei numerosi scandali che lo hanno colpito.

Oggettivamente obbligare un professionista o un’impresa a un costo che potrebbe avere poca o nulla utilità a fini antievasione appare folle dal punto di vista del soggetto che subisce l’imposizione (al contrario è sensata per l’amministrazione finanziaria). Se vi è volontà delle parti di evadere il fisco, si continueranno ad usare i contanti senza relativa fatturazione; l’unico aiuto che potrebbe dare la nuova normativa sarebbe solo quello di restringere ulteriormente l’utilizzo e la disponibilità di contanti.

Il rischio fondamentale è questo: chi ha necessità del POS probabilmente lo utilizza già per ovvie ragioni di mercato. Il rischio è di estendere l’obbligo a chi non utilizza per motivi di mercato (ovviamente chi decide di evadere lo farà a prescindere dal POS) onerando gli operatori di ulteriori costi bancari in una fase economica difficile per i liberi professionisti.

Il beneficio dei POS è di sgravare dalla gestione del contante e dai rischi che ne conseguono chi lavora molto con transazioni in contanti. Il caso tipico sono gli esercizi commerciali al dettaglio che senza POS vedrebbero limitata la loro capacità di vendita.

Il mondo dei professionisti può presentare analogie con gli esercizi commerciali soprattutto quando effettua operazioni di modico valore a clientela retail (per tali realtà professionali il POS dovrebbe già essere una realtà). Si tratta di analogie e somiglianze che iniziano a cessare quando si passa ai servizi business to business (moltissimi professionisti, in primis i commercialisti operano nell’universo B2B), per cui si usano già altri strumenti egualmente tracciabili per la gestione dei pagamenti: bonifici, RIBA, assegni, cambiali… E’ oggettivamente più facile immaginare che un imprenditore saldi i suoi debiti tramite assegni e bonifici piuttosto che andare in giro per gli studi dei professionisti aziendali col bancomat per pagare i conti, garantendo comunque la tracciabilità dei pagamenti. Al contrario è facile pensare che la predisposizione di un 730 o di una dichiarazione di una persona fisica possa essere pagata con bancomat al momento della predisposizione. Se non si riesce a percepire la differenza fra le due tipologie di prestazione e clientela (come appare dagli articoli pubblicati sulla stampa) vuol dire la classe politica possiede una scarsa cognizione della realtà economica italiana. Dalla lettura degli articoli di stampa, anche specializzata, sembra quasi che l’unica forma di studio professionale sia solo quella che offre al pubblico retail le prestazioni di base: il caso tipico è lo studio medico, dentistico, nel nostro campo lo studio che offre 730, dichiarazioni dei redditi e altri adempimenti a clientela privata; come detto sopra questi professionisti dovrebbero essere già dotati di Pos, per comodità di utilizzo. Adesso iniziano a sorgere i problemi per gli altri professionisti, quelli che non si sono adeguati all’obbligo non sanzionato: il POS diventerà obbligatorio anche per chi non ne motivo di utilizzo?

Le lamentele espresse in questi giorni appaiono in fondo motivate. Si spera che il decreto sappia ben riconoscere le oggettive differenze che sussistono fra il mondo delle professioni e quello del commercio al dettaglio nella gestione dei pagamenti in base alla clientela servita e sappia ben identificare quali sono i soggetti per cui è veramente necessario l’utilizzo dei POS.

10 agosto 2017

Luca Bianchi

Ermal Shkreli