Storia del raddoppio dei termini di accertamento

il raddoppio dei termini di accertamento dovrebbe essere un istituto destinato all’estinzione: vediamo come è nato, quali sviluppi ha avuto e le modalità in cui ne è prevista la cessazione

Come noto, il procedimento amministrativo di accertamento tributario in materia di imposte sui redditi ed imposte sul valore aggiunto, a pena di decadenza, deve concludersi nei termini di cui all’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973 e all’art.57 del D.P.R. n. 633/1972.

Infatti, in ragione di quanto disposto dalle richiamate previsioni normative:

  • nella formulazione precedentemente alle modifiche apportate dalla Legge 28 dicembre 2015 n. 208 (Legge di Stabilità 2016 – art. 1 commi da 130 a 132) – l’avviso di accertamento, in riferimento ai settori impositivi de quibus, deve essere notificato entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della relativa dichiarazione; nel caso di omissione dell’adempimento dell’obbligo dichiarativo, il potere di accertamento decade al trascorrere del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata;

  • per gli avvisi di accertamento relativi al periodo di imposta in corso alla data del 31 dicembre 2016 e ai periodi successivi, come previsto dalla citata Legge di Stabilità, l’avviso di accertamento deve essere notificato entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della relativa dichiarazione ovvero, in caso di dichiarazione omessa o nulla, entro il settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.

Le richiamate disposizioni, oggetto di recente modifica ed aventi il legittimo fine di determinare l’arco temporale massimo durante il quale la condotta fiscale del contribuente relativa ad un singolo periodo d’imposta è soggetta al potere accertativo, si pongono, pertanto, in stretto rapporto con il dettato costituzionale di cui all’art. 24 Cost. e con i principi contenuti nell’art.3, commi 1 e 31 dello Statuto dei diritti del contribuente di cui alla Legge n.212/2000. Infatti, come ribadito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 280 del 15.07.2005, “non è consentito, dall’art.24 Cost., lasciare il contribuente assoggettato all’azione esecutiva del Fisco per un tempo indeterminato e comunque certamente eccessivo e irragionevole”.

Ulteriore disposizione di interesse – oggetto anch’essa di profonda rivisitazione prima con il D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128 e successivamente abrogato dalla Legge 208/2015 – concerne l’istituto del raddoppio dei termini dell’accertamento, introdotto a suo tempo dal c.d. Decreto BersaniD.L. n. 223 del 4.7.2006, convertito nella Legge n. 248 del 4.8.2006.

In particolare, con la citata norma venivano introdotti, in campo tributario, significative novità e, tra queste, l’ampliamento dei termini a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria per l’accertamento; infatti, attraverso i commi 24 e 25 dell’art.37 del menzionato intervento normativo, si disponeva che, in caso di violazione comportante l’obbligo di denuncia ai sensi dell’art.331 c.p.p. per taluno dei reati previsti dal D.Lgs. n. 74/2000, i termini per la notifica degli avvisi di accertamento venivano raddoppiati relativamente al periodo d’imposta in cui era stata commessa la violazione, con la conseguenza che, in presenza di condotte sussumibili nell’ambito applicativo delle fattispecie illecite previste e punite dal sistema penale tributario, i termini dell’accertamento passavano da 4 a 8 anni o da 5 a 10 anni a seconda della presentazione o meno della dichiarazione.

Per quanto concerne il raddoppio dei termini di cui al D.L. n. 223/2006, dall’analisi della disposizione normativa e di quanto indicato nella Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 28/E del 4.8.2006, si evince che:

  • la norma è volta a garantire all’Amministrazione Finanziaria l’utilizzabilità di elementi istruttori eventualmente emersi nel corso delle indagini condotte dall’Autorità giudiziaria per un periodo di tempo più ampio rispetto a quello previsto ordinariamente per l’accertamento;

  • è limitata a quei fatti che comportano l’obbligo di denuncia per uno dei reati di cui al D.Lgs. n. 74/2000 e, pertanto, l’ambito applicativo è limitato a quelle violazioni di rilievo penale relative alle imposte dirette e all’imposta sul valore aggiunto, con esclusione di quelle concernenti altri settori impositivi e/o norme di altra natura (valutarie, doganali, fallimentari, societarie ….);

  • è limitata al solo periodo d’imposta in cui è stata commessa la violazione che assume rilevanza penale non applicandosi ad altri periodi d’imposta soggetti, invece, agli ordinari termini di accertamento;

  • la proroga in analisi trova applicazione per il semplice fatto che la condotta fiscale abbia rilevanza penale e si siano, pertanto, avviate le indagine preliminari attraverso la comunicazione della notitia criminis all’A.G., ancorché la stessa non abbia ancora esercitato l’azione penale ed a prescindere dall’esito della stessa.

Il punctum dolens dell’istituto in esame – prima delle modifiche apportate dal menzionato D.Lgs. n. 128/2015deve essere individuato nella legittimità o meno di operare il raddoppio qualora la sussistenza di una condotta penalmente rilevante venga riscontrata successivamente allo spirare dei termini ordinari di accertamento.

In merito, si è assistito a posizioni giurisprudenziali di diverso avviso.

Tra le altre, si evidenzia:

  • la sentenza Commiss. Trib. Reg. Umbria Perugia Sez. III, 11-03-2016, secondo la qualeI termini ordinari per l’accertamento tributario di cui agli artt. 43, commi 1 e 2, D.P.R. n. 600 del 1973 e 57, commi 1 e 2, D.P.R. n. 633 del 1972, sono raddoppiati relativamente al periodo d’imposta in cui è stata commessa una violazione che comporti obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 c.p.p. per uno dei reati previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000. Il raddoppio dei termini per l’accertamento trova applicazione anche nell’ipotesi in cui la notizia di reato emerga successivamente allo spirare del termine di decadenza ordinario per l’accertamento fiscale”;
  • la pronuncia della Commiss. Trib. Reg. Lombardia Milano Brescia Sez. LXVII, 15-06-2015, secondo cui “in presenza di fatti che comportano l’obbligo di denuncia penale per potersi applicare il raddoppio dei termini per la notifica dell’avviso di accertamento è necessario che la notizia di reato emerga antecedentemente allo spirare dei termini ordinari di accertamento.”

Al riguardo, inoltre, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 247 del 2011, ha dichiarato costituzionalmente legittima la normativa che dispone il raddoppio dei termini per l’accertamento in presenza di un reato tributario, anche se la contestazione della violazione penale scatta quando i termini ordinari di accertamento sono già scaduti.

La problematica in analisi, come accennato in premessa, è stata superata dalle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 128/2015 che – tramite l’art.2, commi da 1 a 3 – ha disposto che il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’Amministrazione Finanziaria sia presentata o trasmessa oltre la scadenza dei termini ordinari. Il successivo art.3 prevede, altresì, anche una norma transitoria che fa salvi – ai fini dell’applicazione della previgente disciplina – gli atti notificati entro il 2 settembre 2015.

Da ultimo, la Legge di Stabilità 2016, all’art.1, commi da 130 a 132, ha previsto – a partire dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2016 – la definitiva abrogazione dell’istituto del raddoppio dei termini in caso di violazioni penali.

Sul punto, si segnala – infine – che la Commissione Tributaria Regionale di Milano, con la sentenza n. 386 del 22 gennaio 2016, ha affermato che la poc’anzi richiamata disposizione transitoria di cui all’art.3 del D.Lgs. n. 128/2015 deve intendersi – in applicazione del principio della successione delle leggi nel tempo – implicitamente abrogata.

20 aprile 2016

Nicola Monfreda