Legittimo il taglio dei compensi ai revisori dei conti negli enti locali

la spinosa questione della riduzione dei compensi dei revisori dei conti negli enti locali trova un altro conferma a sfavore dei professionisti nel senso che è ritenuto legittima la riduzione che il Comune ha effettuato alla terna uscita dal sorteggio in base alla normativa vigente

Con il presente commento analizziamo la questione del taglio dei compensi ai revisore dei conti, negli enti locali, mettendo a confronto l’orientamento prevalente della giurisprudenza contabile con il parere fornito dal Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti e esperti contabili.

La Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per la Campania , con il parere n. 225 del 21 ottobre scorso, ha fornito a seguito della richiesta di un Comune, alcuni interessanti risposte in merito ai quesiti formulati; in particolare con il presente commento si commenta la legittimità della riduzione del 10% sul compenso dei revisori.

Il parere del consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili

Il Consiglio Nazionale dei Dottori commercialisti e degli esperti contabili con le sue note interpretative, composte di tre documenti del 16 febbraio 2011, ha fornito il proprio parere su una questione molto dibattuta : il taglio dei compensi ai revisori contabili ed ai componenti di collegi sindacabili negli enti pubblici come previsto dalla manovra estiva 2010. Per il CNDCEC chi assume incarichi in enti pubblici come revisore contabile o sindaco di società pubblica, non dovrebbe essere coinvolto nei tagli che la Manovra estiva, contenuta nel DL 78/2010, ha previsto poiché i compensi, per tali tipi di incarichi, sono previsti da altre norme di riferimento.

Il primo documento del Consiglio nazionale evidenzia che l’Organo di revisione è definito dal D.Lgs. 267/2000 organo di revisione economico-finanziario e non può essere confuso con gli organi di controllo. Nella pubblica amministrazione l’attività di controllo viene esercitata da organi facenti parte dell’amministrazione stessa e da organi di altro ente. In tal senso, si distinguono i controlli interni da quelli esterni. Negli enti locali, secondo le previsioni dell’art. 147, del D.Lgs. 267/2000, le finalità del controllo interno vengono realizzate attraverso gli strumenti e le metodologie individuate dallo stesso ente, nel rispetto del principio della distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di gestione. La norma del D.Lgs. 267/2000, riferito ai controlli esterni è l’art. 148, che affida alla Corte dei Conti il controllo sulla gestione degli Enti Locali, ai sensi delle disposizioni di cui alla Legge 14 gennaio 1994, n. 20 e successive modificazioni ed integrazioni.

Appare pertanto assolutamente improprio includere l’organo di revisione tra “gli organi di indirizzo, direzione e controllo”. La definizione del D.Lgs. 267/2000 è quella di “organo di revisione economico-finanziaria” essendo investito di molteplici funzioni che comprendono la collaborazione, la vigilanza, l’attestazione dei risultati, il referto e le verifiche periodiche di cassa. L’Organo di revisione economico-finanziaria” in definitiva non può essere considerato “Organo di controllo”, né interno né esterno dell’ente locale.

Per il CNDCEC la riduzione disposta dall’art.6, c. 3, del DL 78/2010, non è applicabile all’organo di revisione degli enti locali; in ogni caso quand’anche si volesse ritenere applicabile la riduzione anche all’organo di revisione, dovrebbero ritenersi da ridurre i compensi base stabiliti dal D.M. 20/5/2005, ai sensi del comma 1, dell’art. 241 del D.Lgs. 267/2000 e non quelli stabiliti dal Consiglio all’atto della nomina .

Con il secondo documento il CNDCEC si sofferma invece sull’art. 6, c. 6 della citata Manovra estiva 2010 , che prevede una riduzione del 10%, a decorrere dalla prima scadenza, del compenso indicato nell’art. 2389, c. 1, c.c., percepito dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione e di quelle possedute in misura totalitaria dalle amministrazioni pubbliche. Tra tali organi di controllo, per il CNDCEC, non va ricompreso il collegio sindacale, il cui compenso è indicato nell’art. 2402 c.c., mentre quello del revisore legale e delle società di revisione legale dall’art. 10, cc. 9 – 10 del DLgs. 39/2010.

Il terzo documento, infine, è incentrato sulla gratuità della partecipazione agli organi collegiali anche di amministrazione, degli enti, nonché della titolarità di organi dei predetti enti, fatta eccezione per il rimborso spese e gettoni di presenza; il CNDEC ritiene che nell’asserzione “organi collegiali, anche di amministrazione” non sono da comprendere i predetti organi in quanto gli stessi costituiscono imprescindibili organi di controllo. A fronte delle specifiche disposizioni che regolano i compensi in esame il documento del CNDCEC ritiene che il Legislatore se avesse inteso comprenderli nella previsione della “gratuità” avrebbe richiamato esplicitamente i suddetti disposti normativi. Inoltre per lo svolgimento dell’attività di sindaco o di revisore vengono richiesti particolari requisiti di professionalità e capacità tecniche che non possono essere prestate imponendo un obbligo di “gratuità” delle suddette prestazioni.

La riduzione del compenso ai revisori negli enti locali secondo la giurisprudenza amministrativa

Sulla questione oggetto del presente commento, in passato, la deliberazione n. 13/2011, della sezione regionale di controllo per la Lombardia della Corte dei Conti in risposta ad una richiesta di un Ente Locale ha rilasciato il proprio parere. Anche la sezione regionale della Toscana deliberazione n 204/2010/PAR si è espressa in merito. Per i giudici contabili lombardi essendo la finalità perseguita dal legislatore quella di “operare sensibili riduzioni di spesa a carico della pubblica amministrazione”, la norma non può che riferirsi a “tutte le possibili forme di compenso corrisposte dalle amministrazioni ai componenti degli organi collegiali e ai titolari di incarico di qualsiasi tipo”, e quindi anche all’organo di revisione senza operare distinzioni connesse all’ammontare percepito rispetto al limite massimo previsto per legge e alla natura e/o composizione degli stessi. Afferma inoltre la sezione della Lombardia che il riconoscimento di una “specialità” del trattamento economico dei revisori contrasterebbe con la ratio e la formulazione letterale della norma nonché con lo spirito e gli obiettivi della manovra finanziaria. In precedenza era intervenuta anche la Sezione regionale di Controllo per la Toscana con delibera n. 204/2010/PAR in risposta alla richiesta di un ente chiedeva di non operare la riduzione del 10% visto che il compenso era stato fissato ben al di sotto del limite massimo stabilito dal Dm. Interno 20 maggio 2005 (addirittura del 40%). Per i giudici contabili Toscani la norma non formula distinzioni in merito all’ammontare che si può percepire in relazione ad un limite massimo edittale e la riduzione del 10% deve essere applicata anche nel caso in cui i compensi siano stati quantificati, antecedentemente al 30 aprile 2010, al di sotto del limite massimo stabilito dal Dm. Interno 20 maggio 2005.

L’ultimo orientamento della giurisprudenza

Il Comune, tramite il suo Sindaco, ha chiesto di sapere, con il primo quesito se, ai sensi della deliberazione della Corte dei Conti Sezione delle Autonomie, n. 4 del 10.2.2014, si possa ritenere che la riduzione del 10%, sul compenso del Collegio dei revisori degli enti locali non sia applicabile nei casi previsti dal comma 3, dell’articolo 6, del d.l. 78/2010, convertito in legge n. 122/2010.

Con riferimento al primo quesito (riduzione del 10% sul compenso del Collegio dei revisori degli EELL), i giudici contabili campani, evidenziano che la questione sottoposto riguarda la corretta interpretazione del comma 3, dell’articolo 6, del decreto legge n. 78/2010 convertito dalla legge n. 122/2010, che così recita: “Fermo restando quanto previsto dall’art. 1, comma 58 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, a decorrere dal 1° gennaio 2011 le indennità, i compensi, i gettoni, le retribuzioni o le altre utilità comunque denominate, corrisposti dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3, dell’articolo 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, incluse le autorità indipendenti, ai componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati ed ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo, sono automaticamente ridotte del 10 per cento rispetto agli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010. Sino al 31 dicembre 2015, gli emolumenti di cui al presente comma non possono superare gli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010, come ridotti ai sensi del presente comma. Le disposizioni del presente comma si applicano ai commissari straordinari del Governo di cui all’ articolo 11, della legge 23 agosto 1988, n. 400 nonché agli altri commissari straordinari, comunque denominati. La riduzione non si applica al trattamento retributivo di servizio“.

I giudici contabili campani evidenziano che il dubbio interpretativo in riferimento alla riduzione del 10% dei compensi comunque corrisposti ad “organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati ed ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo” previsti dal comma 3, dell’art. 6, del citato decreto legge 78/2010, anche in relazione agli enti locali trae origine dalla deliberazione della Sezione delle Autonomie (n. 4/SEZAUT/2014/QMIG) che, nel contesto di un’articolata motivazione relativa ad altri specifici punti di diritto ivi esaminati, ha affermato che “Le disposizioni dettate dall’art. 6, commi da 1 a 3 non si riferiscono agli enti territoriali”.

La Corte dei Conti osserva di aver già trattato l’argomento in una precedente deliberazione, ribadendo di ritenere applicabile la suddetta previsione a tutta la pubblica amministrazione, inclusi gli enti locali, facendo leva su argomenti sia di ordine letterale che sistematico, già accolti da altre Sezioni regionali di controllo.

Tali argomento, osservano i giudici contabili campani, possono essere così riassunti.

a) Un primo indizio di ordine testuale proviene dalla rubrica dell’art. 6: “Riduzione dei costi degli apparati amministrativi“. Nonostante le rubriche non costituiscano parte del comando normativo contenuto nell’articolo rubricato, ma piuttosto espressione della volontà storica e soggettiva del Legislatore alla stregua delle relazioni parlamentari, il carattere sufficientemente onnicomprensivo dell’espressione “apparati amministrativi” appare confermare la volontà oggettiva del Legislatore di riferirsi anche agli enti locali. Tuttavia, considerato che le rubriche non rilevano se non in quanto “oggettivate” nel disposto degli articolati, secondo il significato intrinseco delle parole e della loro connessione sistematica, è imprescindibile il richiamo anche alle altre considerazione di seguito esposte.

b) Le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell’articolo 6, espressamente, si applicano, senza distinzioni, all’ampio novero delle Pubbliche Amministrazioni; da un lato, infatti, l’ambito di eccezione alla applicabilità di tali commi è oggetto di espressa definizione normativa e dall’altro, in via residuale, il Legislatore ne dispone l’applicabilità a tutte le pubbliche amministrazioni di cui al conto consolidato della pubblica amministrazione.

c) Una diversa interpretazione, diretta a circoscrivere l’ambito di applicazione delle norme in questione alle sole amministrazioni centrali, avrebbe inevitabilmente l’effetto di sottrarre ai tagli disposti dal Legislatore un ampio numero di potenziali destinatari, anzi forse la più cospicua in termini numerici, con la conseguente significativa minimizzazione dell’impatto della spending review effettuata con le disposizioni in argomento.

Tale orientamento , rilevano i giudici contabili campani, è stato, tra l’altro, recentemente confermato dalla deliberazione del 14 settembre scorso della Sezione delle Autonomie che, rilevando “l’insussistenza dei presupposti per pronunciare una delibera di orientamento, restando ferma la giurisprudenza delle Sezioni regionali di controllo“, ha ritenuto sulla questione interpretativa posta dalla Sezione regionale di controllo per la Campania con apposita deliberazione (n. 199/2015/QMIG), in ragione di quanto esposto “che non ricorrono i presupposti per l’adozione di una pronuncia di orientamento interpretativo ai sensi l’art. 6, comma 4, del d.l. 10 ottobre 2012, n. 174, convertito dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, e successive modificazioni“.

24 novembre 2015

Federico Gavioli