I nuovi requisiti per la nomina di curatore fallimentare

il recente decreto legge che detta “Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria” dispone alcune interessanti novità in relazione alla figura del curatore fallimentare

Il decreto legge n. 83/2015, dal titolo “Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria”, è composto da 24 articoli; il testo contiene una serie di novità in materia di:

  1. facilitazioni per l’accesso al credito;

  2. facilitazione per l’accesso al concordato preventivo;

  3. un nuovo accordo di ristrutturazione dei debiti nei confronti di creditori finanziari (banche ed intermediari) con la previsione di una moratoria dei crediti;

  4. azione revocatoria: è più semplificata per atti a titolo gratuito pregiudizievoli dei creditori, in relazione ai quali questi ultimi potranno procedere subito a esecuzione forzata;

  5. misure più stringenti requisiti per i curatori nel fallimento;

  6. possibilità di rateizzare il prezzo delle vendite e degli altri atti di liquidazione .

Come anticipato tra le modifiche più significative alla legge fallimentare si segnalano gli interventi correttivi alla disciplina dei curatori fallimentari.

 

Nomina e funzione del curatore fallimentare

Ai sensi dell’art. 27, del R.D. 16 marzo 1942, n.267, il curatore è nominato con la sentenza di fallimento, o in caso di sostituzione o di revoca, con decreto del tribunale.

Possono essere chiamati a svolgere le funzioni di curatore:

a) gli avvocati, i dottori commercialisti, i ragionieri e ragionieri commercialisti;

b) gli studi professionali associati o società tra professionisti, sempre che i soci delle stesse abbiano i requisiti professionali di cui alla lettera a (in tale caso, all’atto dell’accettazione dell’incarico, deve essere designata la persona fisica responsabile della procedura);

c) coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società per azioni, dando prova di adeguate capacità imprenditoriali e purché non sia intervenuta nei loro confronti dichiarazione di fallimento.

Il curatore ha l’amministrazione del patrimonio fallimentare e compie tutte le operazioni della procedura sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori, nell’ambito delle funzioni ad esso attribuite. Egli non può stare in giudizio senza l’autorizzazione del giudice delegato, salvo che in materia di contestazioni e di tardive dichiarazioni di crediti e di diritti di terzi sui beni acquisiti al fallimento, e salvo che nei procedimenti promossi per impugnare atti del giudice delegato o del tribunale e in ogni altro caso in cui non occorra ministero di difensore.

Il curatore non può assumere la veste di avvocato nei giudizi che riguardano il fallimento.

 

La riforma della legge fallimentare: la figura del curatore fallimentare

La riforma della legge fallimentare è stata attuata con il D.Lgs. n. 5 del 9 gennaio 2006, in attuazione della delega contenuta nella L. n. 80 del 14 maggio 2005: è entrato in vigore il 17 luglio 2006.

Per quanto riguarda il curatore, il provvedimento di delega ha previsto un significativo ampliamento dei poteri a questi attribuiti in relazione:

– alla formazione dello stato passivo;

– all’esercizio provvisorio dell’impresa;

– al programma di liquidazione.

Si evidenzia che la disciplina prevista dal testo del 1942 attribuiva a tale organo la gestione patrimoniale del fallimento sotto la direzione del giudice delegato: il curatore era, infatti, chiamato a compiere gli atti di ordinaria gestione, funzionali alla conservazione del patrimonio e alla realizzazione della finalità liquidatoria del procedimento. Nella precedente impostazione quindi il curatore, come ausiliare del giudice delegato, seppur fornito di poteri di proposta e di iniziativa funzionali a sollecitare le determinazioni dell’autorità giurisdizionale, non era, in alcun modo, investito di poteri decisori, in grado di incidere direttamente sulla conduzione della procedura.

Nella nuova impostazione, quale risulta dalle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 5/2006, invece, il curatore non ha più come referente il giudice delegato. Il suo ruolo appare valorizzato, essendo ora chiamato, insieme al comitato dei creditori, ad indirizzare la procedura nel suo complesso e ad operare le scelte di opportunità per la gestione di questa. Secondo la nuova formulazione dell’art. 31 della L.F. , dunque, il curatore è deputato alla gestione del patrimonio del debitore non più sotto la direzione del giudice delegato, ma sotto la vigilanza di questo e del comitato dei creditori. All’ampliamento dei poteri del curatore corrisponde un ampliamento degli adempimenti e degli obblighi di informazione nei confronti del comitato dei creditori. Con la riforma tale ultimo organo passa da una funzione meramente consultiva ad una funzione primaria e decisoria nella gestione della procedura concorsuale, con poteri di autorizzazione e di controllo, in relazione:

  • all’esercizio provvisorio dell’impresa;

  • alle richieste di informazioni al curatore;

  • alla sostituzione del curatore;

  • al programma di liquidazione predisposto dal curatore.

La circostanza che la rubrica del nuovo art. 31 della L.F. non si riferisca più ai “poteri del curatore“, ma in generale alla “gestione della procedura“, rende evidente che la riflessione sulle nuove funzioni del curatore non possa svolgersi a prescindere dall’indagine sul diverso rapporto tra gli organi della procedura. La riforma ha spostato il centro propulsore della procedura dalla figura del giudice delegato al curatore, sotto il controllo del comitato dei creditori, i cui pareri ed autorizzazioni diventano per lui vincolanti, quasi ne fosse un mandatario.

 

Le novità contenute nel D.L. 83/2015

Il Capo III, del decreto legge 83/2015 (artt. 5 – 7), detta alcune modifiche alla disciplina che la legge fallimentare dedica al curatore fallimentare sia con finalità di accelerazione delle procedure, sia di garanzia della terzietà dell’organo.

In particolare, il comma 1, dell’articolo 5, del decreto legge n. 83/2015:

  • modifica il comma 3 dell’articolo 28 della Legge fallimentare sulle situazioni di incompatibilità della nomina a curatore. In particolare è esteso dai 2 ai 5 anni anteriori alla dichiarazione di fallimento il periodo in cui vige l’incompatibilità alla nomina di chi ha concorso al dissesto dell’impresa. Analoga incompatibilità riguarda chi abbia svolto funzioni di commissario giudiziale in un concordato con lo stesso debitore nonché colui che, con quest’ultimo, era unito in associazione professionale;

  • aggiunge tre ulteriori commi allo stesso art. 28 della L.F. secondo i quali:

  • il curatore deve essere in possesso di una struttura organizzativa e di risorse che permettano il rispetto dei tempi previsti dal programma di liquidazione di cui all’art. 104-ter della L.F.;

  • la sentenza dichiarativa di fallimento motiva sulla sussistenza dei requisiti della nomina a curatore e, anche in base alle risultanze dei rapporti riepilogativi semestrali sull’attività svolta, trasmessi da questi al giudice, tiene conto delle indicazioni dei creditori sulla nomina del curatore eventualmente espresse durante il procedimento. Occorre valutare se la sentenza dichiarativa di fallimento, con cui è nominato il curatore, debba tenere conto delle risultanze dei rapporti riepilogativi dell’attività del curatore medesimo, inerenti a procedure fallimentari diverse, nell’ambito delle quali egli abbia svolto la medesima funzione. Infatti, essendo la nomina effettuata con la sentenza dichiarativa di fallimento, i rapporti riepilogativi , successivi alla nomina, non potranno che riferirsi a distinte procedure fallimentari.

 

Attenzione: La disciplina transitoria dettata dall’art. 23 del provvedimento in esame prevede che le citate disposizioni dell’art. 28 L. fall. sulle incompatibilità del curatore, sulla necessità della struttura organizzativa e sulla sussistenza dei requisiti di nomina del curatore si applichino ai fallimenti dichiarati dopo la data di entrata in vigore del decreto-legge 83/2015 (cioè dopo il 28 giugno 2015)

  • viene istituito presso il Ministero della Giustizia un registro nazionale, accessibile al pubblico e gestito con modalità informatiche dove confluiscono, oltre ai provvedimenti di nomina dei curatori fallimentari, anche quelli dei commissari e liquidatori giudiziali; sul registro vanno annotati anche le chiusure dei fallimento, le omologhe del concordato nonché l’ammontare dell’attivo e passivo delle procedure concorsuali chiuse.

 

Efficacia delle novità

Sulla base della citata disciplina transitoria dell’art. 23 del decreto-legge in commento, le disposizioni sul registro nazionale acquistano efficacia 60 giorni dopo la pubblicazione sul sito Internet del Ministero della Giustizia delle specifiche tecniche da parte del responsabile per i sistemi informativi automatizzati dello stesso Ministero, da adottarsi entro sei mesi dalla citata data di entrata in vigore del decreto-legge in esame.

Il comma 2, dell’articolo 5, autorizza per l’istituzione del citato registro nazionale presso il Ministero della giustizia, la spesa di 100.000 euro per l’anno 2015.

 

13 luglio 2015

Federico Gavioli