Appalti e normativa antimafia: pubblicazione degli elenchi delle imprese richiedenti l’iscrizione nelle white list

le imprese che intendono partecipare a procedure di appalto pubblico devono essere iscritte nella white list che comprende i soggetti non compromessi con infiltrazioni mafiose

  1. Premessa.

L’articolo 1, comma 52, della legge 6 novembre 2012, n. 190, ha disciplinato l’istituzione delle white list1, ovvero l’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa per le attività imprenditoriali, individuate dal successivo comma 532, a rischio di infiltrazione della criminalità organizzata di tipo mafioso.

Successivamente, il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (G.U. n. 144 del 24 giugno 2014), recante Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari, ha – tra l’altro – apportato modifiche alla predetta legge n. 190 del 2012, anche nella parte in cui disciplina le c.d. white list.

In sostanza il comma 1 dell’articolo 29 del predetto decreto-legge ha disposto l’obbligatoria acquisizione della comunicazione ed informazione antimafia, per le attività nei settori a maggior rischio di infiltrazioni mafiose, attraverso la consultazione, anche in via telematica, di apposito elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa operanti nei medesimi settori.

L’incentivazione all’iscrizione in questi elenchi strettamente collegata all’obbligo, poc’anzi citato, di acquisire la comunicazione e l’informazione antimafia liberatoria attraverso la consultazione, anche telematica, dei citati elenchi, avrebbe potuto comportare un elevato numero di domande e dunque un rallentamento sia dei tempi per le verifiche prefettizie sia delle procedure di affidamento dei lavori.

Proprio con lo scopo di evitare tali situazioni, è stato introdotto un regime transitorio previsto dal comma 2 del menzionato articolo 29.

La norma in esame prevede che, per un periodo massimo di dodici mesi dall’entrata in vigore del decreto-legge, i soggetti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (tra i quali, ad esempio, le stazioni appaltanti) possano – nei settori esposti a rischio – procedere all’affidamento di contratti o all’autorizzazione di subcontratti ritenendo sufficiente la mera richiesta di iscrizione alle white list.

Il Ministero dell’Interno, al fine di dare concreta attuazione alla menzionata normativa, ha disposto (con circolare n. 15006/2 del 28 luglio 2014) l’obbligatorietà per ogni Prefettura di pubblicare, sul proprio sito istituzionale, anche l’elenco delle imprese che hanno presentato richiesta di iscrizione alle white list, nelle more della definizione del procedimento di accertamento dei requisiti richiesti per l’iscrizione.

  1. I dubbi sulla pubblicazione dell’elenco delle imprese che hanno presentato richiesta di iscrizione alle white list.

L’articolo 8, comma 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 18 aprile 2013, stabilisce che ogni prefettura deve pubblicare sul proprio sito istituzionale, e costantemente tenere aggiornato, l’elenco delle imprese iscritte nelle white list.

Diversamente per la pubblicazione dell’elenco delle società richiedenti l’iscrizione, che non è normativamente disciplinata.

Da qui, qualche locale Prefettura ha sollevato la questione ponendo in dubbio la legittimità della pubblicazione del menzionato elenco.

Nello specifico, è stato evidenziato che la richiesta d’iscrizione in questi elenchi possa tranquillamente essere prodotta anche da imprese che presentano elementi di criticità, sotto il profilo antimafia, per l’accertamento dei quali è necessaria una complessa ed articolata attività istruttoria.

Conseguentemente, i tempi tecnici per lo svolgimento di detta verifica si prolungano oltre il termine previsto per la definizione del procedimento di iscrizione nelle white list.

Ora, se durante l’attività di verifica, dette imprese permanessero nell’elenco pubblico dei richiedenti, si rischierebbe di vanificare la finalità preventiva della normativa in esame, in quanto si consentirebbe a queste società (che, ribadiamo, presentano elementi di criticità, sotto il profilo antimafia), di poter svolgere la loro attività proprio in quei settori a maggior rischio di infiltrazione della criminalità organizzata di tipo mafioso.

Inoltre, la permanenza nel richiamato elenco pubblico dei richiedenti potrebbe essere considerata un’attestazione di legalità per le imprese inserite e quindi conferire loro una pubblicità “positiva”.

Esse ne conseguirebbero un rafforzamento della loro capacità concorrenziale e potrebbero essere oggetto di una tendenziale preferenza degli operatori economici, anche privati, per il conferimento di specifiche commesse.

Premesso quanto sopra, atteso che nei fatti si verificherebbe un’equiparazione tra l’elenco dei richiedenti e quello delle imprese già iscritte, onde evitare possibili strumentalizzazioni da parte di realtà imprenditoriali sospette sotto il profilo antimafia, è stata proposta l’abolizione della pubblicazione dell’elenco delle società richiedenti l’iscrizione alle white list.

  1. La legittimità della pubblicazione dell’elenco delle imprese che hanno presentato richiesta di iscrizione alle white list.

Occorre innanzitutto fare una premessa.

Il comma 2 dell’articolo 29 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, come detto, è una norma transitoria: “in prima applicazione, e comunque per un periodo non superiore a dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto …omississ …”.

Essendo il decreto in questione entrato in vigore il 25 giugno 2014, la norma transitoria perderà efficacia a far data dal 25 giugno 2015, con la conseguenza che non sarà più necessario pubblicare l’elenco delle imprese richiedenti l’iscrizione alle white list rimanendo in capo alle prefetture l’obbligo di pubblicare il solo elenco delle imprese già iscritte.

Detto ciò, si deve aggiungere che la pubblicazione dell’elenco delle imprese richiedenti l’iscrizione alle white list costituisce uno strumento strettamente necessario per i soggetti di cui all’art. 83, commi 1 e 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 tra i quali, come già detto, le stazioni appaltanti.

Quest’ultime, infatti, proprio attraverso la consultazione di detto elenco, possono conoscere in tempo reale quali imprese abbiano inoltrato la richiesta d’iscrizione e poter procedere, laddove previsto, all’affidamento di contratti o all’autorizzazione di subcontratti.

Lo strumento in questione è da considerarsi anche un valido meccanismo di semplificazione amministrativa.

Proviamo ad immaginare cosa succederebbe se, mancando la pubblicazione del più volte citato elenco, le stazioni appaltanti dovessero richiedere alle competenti prefetture, ovviamente in numero considerevole, specifica conferma dell’avvenuta presentazione della domanda di iscrizione alle white list.

Il risultato sarebbe un ulteriore gravoso onere per gli uffici territoriali di governo in un periodo in cui non è ancora possibile usufruire dei vantaggi, in termini di riduzione dell’attività amministrativa, che saranno conseguiti con l’attivazione della Banca dati nazionale unica antimafia3.

Inoltre, l’affidamento di appalti pubblici ad imprese richiedenti l’iscrizione alle white list può essere visto come un indicatore, da sottoporre ad una successiva verifica, di legalità e trasparenza delle imprese interessate ed essere interpretato come un segnale di fiducia anche dagli operatori privati che intendono utilizzare, per le loro commesse, imprese “pulite” ovvero non condizionate dalla criminalità organizzata.

Certo, non si può negare che le imprese in odore di mafia possano tentare di strumentalizzare l’elenco in argomento per inserirsi nel sistema degli appalti pubblici.

È altrettanto vero però che le stazioni appaltanti, nell’ipotesi di diniego dell’iscrizione alle white list, hanno l’obbligo di recedere dal contratto o di revocare l’autorizzazione dal subcontratto.

In conclusione, quindi, non può che propendersi per la legittimità della pubblicazione dell’elenco delle imprese che hanno presentato richiesta di iscrizione alle white list, anche perché questo strumento è stato già utilizzato per le verifiche antimafia nei confronti delle imprese operanti negli appalti pubblici e privati di ricostruzione “post terremoto” nelle zone dell’Emilia Romagna colpite dal sisma del 2012, con rilevanti risultati preventivi conseguiti.

Nell’evidenza dell’assoluta utilità delle liste, occorre – tuttavia – fare sempre attenzione a non cadere negli automatismi procedurali: se è vero che la non presenza tra i “buoni” non implica, automaticamente e necessariamente, l’iscrizione tra i “cattivi”, costituendo una mera semplificazione, non vorremmo cadere nel paradosso inverso, laddove la semplice richiesta possa automaticamente costituire preassegnazione del beneficio.

Il diritto è ragionevolezza ed il principio di ragionevolezza impone necessariamente alla Pubblica Amministrazione di bilanciare i vari interessi in modo che l’equilibrio tra gli stessi dia luogo ad un risultato “ragionevole”4.

 

16 giugno 2015

Vincenzo Mirra e Fabrizio Stella

1 Sull’argomento, ci sia consentito il rinvio, degli stessi Autori, ad “Il decreto legge sulla P.A. modifica le norme in tema di white list anti mafia”, in questa rivista, il 27 agosto 2014.

2 A titolo esemplificativo: attività di trasporto di materiali in discarica per conto terzi, noli a caldo e a freddo, guardianie di cantieri

3 Sull’argomento, ci sia consentito il rinvio, degli stessi Autori, ad “Le semplificazioni per le imprese nella certificazione antimafia”, in questa rivista, il 30 ottobre 2014.

4A. Sandulli, “Ragionevolezza” in Dizionario di diritto pubblico.