Pignoramenti dell'Agente della riscossione su conti correnti: quali tutele per il contribuente?

Equitalia sta agendo sempre più spesso sui conti bancari dei contribuenti morosi: quali sono i più efficaci strumenti a disposizione del contribuente per difendersi dall’azione esecutiva di Equitalia? La procedura di pignoramento dei crediti presso terzi, gli strumenti di tutela del contribuente pignorato ed i limiti alla pignorabilità delle somme depositate

 

Il legislatore attribuisce al Concessionario il potere di ordinare all’Istituto di Credito di versare direttamente nelle casse erariali le somme di denaro depositate dal contribuente sul proprio conto corrente, fino a concorrenza del credito per cui si è proceduto. Ci si chiede quali strumenti giuridici possono essere adottati dal contribuente/debitore esecutato al fine di ottenere una tutela giurisdizionale all’atto esecutivo.

 

I presupposti per il pignoramento da parte dell’Agente della riscossione

Si definisce pignoramento l’atto con il quale ha inizio l’espropriazione forzata. Esso consiste nel provvedimento di ingiunzione che l’ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da ogni atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito i beni ad esso assoggettati ed i frutti di essi, con l’avvertimento che qualsiasi atto compiuto su di esso sarà invalido.

La disciplina dell’espropriazione forzata ordinaria è contenuta nel Codice di procedura civile agli artt. 474 e seguenti.

In tema di riscossione delle imposte le procedure (speciali) di pignoramento dichiarano applicabili a quest’ultima in quanto non derogate e compatibili con la disciplina da esso dettata, le norme ordinarie.

Le regole dell’espropriazione esattoriale sono regolamentate dal D.M. 18.01.2008, n. 40, che prevede l’incasso diretto delle somme da parte degli agenti della riscossione, in seguito all’esito positivo della procedura di verifica.

Il procedimento è notevolmente più veloce rispetto a quello ordinario, in quanto:

a) non richiede la designazione di un difensore,

b) non necessita di essere autorizzazione dal Giudice dell’esecuzione,

c) non prevede la fissazione di un’udienza, con effetti sul carico giudiziale, risultando di conseguenza più opportuno, seppur senza produrre gli stessi effetti della procedura per eccellenza giudiziale.

d) non prevede la citazione del terzo pignorato, né il conseguente passaggio dal giudice dell’esecuzione,

e) il terzo è tenuto a effettuare il versamento in base all’atto ricevuto dall’agente della riscossione, senza che vi sia un’ordinanza di assegnazione dell’autorità giudiziaria.

Il procedimento esecutivo presenta, quindi, un carattere derogatorio rispetto alla disciplina del codice di procedura civile.

L’Agente della riscossione, ove il contribuente non abbia versato la somma iscritta a ruolo entro sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, ovvero novanta giorni dalla notifica dell’accertamento esecutivo, è legittimato ad avviare l’espropriazione forzata ben potendo scegliere se pignorare un bene immobile o un bene mobile o un credito del contribuente.

La procedura di pignoramento dei crediti presso terzi

L’Agente della riscossione è legittimato a pignorare un credito vantato dal contribuente nei confronti di un terzo o con le modalità ordinarie dettate dalla disciplina processualcivilistica o con quelle del tutto specifiche previste dal D.P.R. n. 602/73.

In sostanza, l’atto di pignoramento dei crediti verso terzi può contenere l’ordine al terzo di pagare direttamente il credito all’Agente della riscossione fino a concorrenza del credito cui si procede. In questo caso l’intervento del Giudice dell’esecuzione è eventuale in quanto relegato al solo caso di inottemperanza da parte del terzo, all’ordine di pagare.

Al fine di evitare l’inottemperanza e quindi la necessità di adire l’Autorità Giudiziaria, l’Agente della riscossione può adottare la procedura <preventiva> di cui all’art. 75 D.P.R. n. 602/73, richiedendo a soggetti terzi, debitori del contribuente iscritto a ruolo, di indicare per iscritto le cose o le somme da loro dovute al contribuente.

Secondo quanto previsto dall’art. 72-bis, D.P.R. n. 602/73, così come modificato dall’art. 52, L. n. 98/2013, l’atto di pignoramento dei crediti del debitore presso terzi puo’ contenere, in luogo della citazione di cui all’articolo 543, comma 2, numero 4, del codice di procedura civile l’ordine al terzo di pagare il credito direttamente al concessionario, fino a concorrenza del credito per cui si procede:

a) nel termine di sessanta giorni dalla notifica dell’atto di pignoramento, per le somme per le quali il diritto alla percezione sia maturato anteriormente alla data di tale notifica;

b) alle rispettive scadenze, per le restanti somme.

In sostanza per effetto delle modifiche apportare all’art.72-bis del DPR n.602/73 è stato elevato da 15 a 60 giorni il termine, che decorre dalla notifica dell’atto di pignoramento, entro cui il debitore del pignorato deve adempiere al versamento diretto nei confronti del concessionario della riscossione.

Trattasi di una dilazione che intende tutelare maggiormente il debitore che, ha più tempo a disposizione, rispetto al passato, per poter eventualmente agire e presentare opposizione nei confronti di procedimenti esecutivi ritenuti indebiti.

L’atto di espropriazione forzata esattoriale di crediti puo’ essere redatto anche da dipendenti dell’agente della riscossione procedente non abilitati all’esercizio delle funzioni di ufficiale della riscossione e, in tal caso, reca l’indicazione a stampa dello stesso agente della riscossione e non e’ soggetto all’annotazione di cui all’articolo 44, comma 1, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.

Va notato come se per l’iscrizione di ipoteca è lo stesso legislatore a disciplinare la fattispecie imponendo la notifica al proprietario di una intimazione ad adempiere, e se per il fermo amministrativo, il concessionario della riscossione sollecita il pagamento del debito iscritto a ruolo mediante il preavviso di fermo amministrativo, resta la necessita che vengano tutelati, allo stesso modo, i contribuenti sottoposti a fermo amministrativo di crediti (di importo eccedente € 2.000,00) la cui misura cautelare appare <meritevole> a nostro parere (alla stregua delle altre) di essere preceduta dall’invio di una autonoma intimazione ad adempiere.

La disposizione non si applica relativamente a ai crediti pensionistici e con i limiti stabiliti per le ipotesi contemplate dall’articolo 545, commi 4, 5 e 6, del codice di procedura civile.

Secondo tale disposizione le somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate nella misura di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, ed in eguale misura per ogni altro credito. Il pignoramento per il simultaneo concorso delle cause indicate precedentemente non può estendersi oltre alla metà dell’ammontare delle somme predette. Restano in ogni caso ferme le altre limitazioni contenute in speciali disposizioni di legge (codice civile artt. 1881, 1923, 2751, n. 7; codice di procedura civile art. 514).

Operano altresì, le limitazioni previste dall’articolo 72-ter, D.P.R. n. 602/73, che saranno analizzate nel successivo paragrafo.

 

Limiti di pignorabilità

In virtù del dettato dell’art. 72-ter D.P.R. n. 602/73, le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate dall’agente della riscossione in misura pari ad:

– un decimo per importi fino a 2.500 euro e

– un settimo per importi superiori a 2.500 euro e non superiori a 5.000 euro.

Resta ferma la misura di un quinto, se le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, superano i cinquemila euro.

Inoltre il comma 2-bis prevede che nel caso di accredito delle somme (quali stipendi, salari o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento) oggetto di pignoramento sul conto corrente intestato al debitore, l’obbligo del terzo pignorato (la banca) di trattenere tale importo per poi erogarlo all’Agente della riscossione non si estendono all’ultimo emolumento accreditato.

In sostanza, l’Istituto di Credito in caso di accredito sul conto corrente, già pignorato dall’Agente della riscossione, dell’ultimo stipendio deve rendere disponibile tale somma al debitore senza poterla acquisire a scomputo delle iscrizioni a ruolo.

Rimane esclusa la pignorabilità delle cd. rimesse, vale a dire dei versamenti che nel contratto bancario di apertura di credito vengono effettuati dal titolare del conto corrente per ridurre o estinguere il saldo debitore del conto medesimo.

 

Tutele giurisdizionali per il contribuente esecutato

L’Agente della riscossione ha la possibilità di utilizzare i dati che affluiscono nell’anagrafe tributariada parte di tutti gli intermediari e, in generale, gli operatori finanziari, compresa Poste Italiane s.p.a.  Ciò permette al Concessionario di essere in grado di conoscere dove i contribuenti hanno depositate le loro somme o dove sono impiegati i loro risparmi.

Ci si chiede, a questo punto, quali strumenti giuridici possono essere adottati dal contribuente/debitore esecutato al fine di ottenere una tutela giurisdizionale all’atto esecutivo.

Secondo la tesi interpretativa dominante a norma dell’art. 2 del D.lgs. 30/12/1992, n. 546, resterebbero escluse dalla giurisdizione tributaria le controversie relative agli atti dell’esecuzione successivi alla notifica della cartella di pagamento.

In campo tributario permane infatti l’esclusione delle ordinarie opposizioni all’esecuzione e agli atti esecutivi pur previste dagli articoli 615 e 617 del codice di procedura civile, così come sancito dall’articolo 57 D.P.R. 29/09/1973, n. 602

Pertanto il debitore contribuente potrebbe esercitare il proprio diritto alla difesa, in sede di opposizione agli atti esecutivi, impugnando l’atto di pignoramento. innanzi la giurisdizione ordinaria, davanti al giudice dell’esecuzione .

Per i crediti tributari, tuttavia, le opposizioni previste dall’art. 57, D.P.R. n. 602/73, sono ammesse solo nei seguenti casi:

  • con riferimento all’opposizione all’esecuzione, solo per contestare la pignorabilità dei beni;

  • relativamente all’opposizione agli atti esecutivi, per tutti i casi che non riguardino la regolarità formale e la  notificazione del titolo esecutivo.

Non può quindi esperirsi un’azione di opposizione agli atti esecutivi (ex articolo 617 del Codice di procedura civile) avente ad oggetto la mancata notifica della cartella di pagamento (titolo esecutivo), o la irregolarità formale della stessa.

Altra corrente interpretativa, cui aderiscono anche alcuni collegi tributari di merito1, sostiene invece che il contribuente esecutato possa legittimamente impugnare innanzi la giurisdizione tributaria ciò che rappresenta un vero e proprio atto di “esecuzione forzata”, che non contiene la citazione del terzo dinanzi al giudice dell’esecuzione.

Trattandosi di un atto prettamente amministrativo esso non sarebbe soggetto alla limitazione di cui all’articolo 2 del Decreto Legislativo n. 546/92.

E d’altra parte, qualora il contribuente eccepisse il difetto di notifica, lo stesso art. 19, D,lgs. n. 546/92, prevede espressamente che la mancata notifica di un atto autonomamente impugnabile (quale ad esempio la cartella) ne consente l’impugnazione unitamente all’ultimo atto notificato (ovvero l’atto di pignoramento presso terzi).

 

Mancato rispetto dei doveri di diligenza: è possibile ipotizzare una azione di responsabilità verso l’Istituto di Credito ?

Abbiamo già osservato che la procedura di pignoramento esattoriale presso terzi si concretizza in un rapporto diretto tra Agente della riscossione e terzo (banca), senza che la normativa imponga un obbligo specifico per il terzo di informare tempestivamente il cliente.

Capita, quindi, di sovente che l’atto di pignoramento non sia ritualmente notificato al contribuente/debitore, ovvero che sia notificato contestualmente a quello indirizzato all’Istituto di credito che, solitamente, si affretta ad eseguire l’ordine imposto dall’Agente della riscossione.

Ci si chiede se possa essere ipotizzata per l’Istituto di Credito, ricevuto l’ordine di versare direttamente nelle casse erariali il debito vantato dall’Agente della riscossione, una ipotesi di responsabilità dal dovere diligente esecuzione del mandato, tenuto conto che secondo quanto previsto dall’art. 1856 c.c. la banca risponde secondo le regole del mandato, per l’esecuzione d’incarichi ricevuti dal correntista o da altro cliente.

A tale riguardo appaiono certamente interessanti le conclusioni cui è pervenuto l’Arbitro Bancario e Finanziario – Collegio di Roma, Decisione n. 2813 del 3/09/2012 e Decisione n. 252 del 7/02/2011. In queste pronunce è stato chiarito che il formale rispetto delle disposizioni in tema di pignoramento presso terzi ex D.P.R. n. 602/73, non esaurisce il panorama degli obblighi gravanti sulla banca, atteso che il rapporto negoziale in essere con il cliente impone alla medesima doveri di trasparenza ed informazione e, pertanto, non può escludersi, a priori una responsabilità dell’Istituto di credito discendente dal dovere generale di diligente e corretta esecuzione del mandato ai sensi dell’art. 1856 c.c..

7 maggio 2015

Antonino ed Attilio Romano

 

1 Sarebbe possibile impugnare l’atto di pignoramento ex articolo 72 bis dinanzi alla Commissione tributaria secondo C.T.P. di Treviso, sentenza n. 23/07/09 del 28/01/2009 e C.T.P. Piacenza, sentenza del 29/06/2009, n. 717.