Pagano l'IRAP i professionisti che comprano servizi da terzi

il commercialista che si avvale di una società di servizi per la gestione del proprio studio professionale è soggetto ad IRAP

Con la sentenza n. 22674 del 24 ottobre 2014 (ud. 17 luglio 2014) la Corte di Cassazione ha confermato che scontano l’Irap i commercialisti che si avvalgono dell’opera di terzi.

Il fatto

Un contribuente, esercente attività di dottore commercialista, propone ricorso per cassazione, avverso la sentenza della CTR del Veneto, con la quale, in una controversia concernente l’impugnazione di una cartella di pagamento, emessa, a seguito di controllo automatizzato, ex art.36-bis, del D.P.R. n. 600 del 1973, della dichiarazione dei redditi, in relazione all’omesso versamento dell’IRAP dovuta per l’anno d’imposta 2004, è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente.

In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto, in generale, che il professionista, che trae “utilità organizzativa da una struttura terza“, attraverso servizi vari quali “utilizzo di strumenti informatici, computers, banche dati, riviste, attrezzatura varia, servizio di segreteria, etc…“, non può essere, al pari del professionista che faccia parte di uno studio associato, escluso “dall’assoggettamento ad IRAP” e, nello specifico, che lo stesso contribuente aveva “indicato che la società di servizi…” aveva svolto “per suo conto la prestazione di servizi per lo svolgimento dell’attività di dottore commercialista“, dietro compenso, pari ad Euro 80.690,00, il che costituiva indice dell’esistenza di un’autonoma organizzazione.

La sentenza

La Corte osserva, innanzitutto, che, “a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 49, comma 1, è escluso dall’applicazione dell1 IRAF solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata ed il requisito della autonoma organizzazione – il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità solo se congruamente motivato – ricorre quando il contribuente, per quanto qui interessa, impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (cfr., sull’ausilio di una segretaria a part-time, Cass. n. 8265 del 2009; v. anche Cass. nn. 3673, 3676, 3678, 3680 e 5011 del 2007; v. S. U. n. 12109 del 2009, in generale, e Cass. n. 14693 del 2009, sull’ausilio di un dipendente part-time all’attività d’avvocato; cfr., da ultimo, Cass. nn. 23370 del 2010 e 16628 del 2011)”.

Con riguardo specifico all’impiego non occasionale di lavoro altrui, costituente una delle possibili condizioni che configurano l’esistenza di un’autonoma organizzazione, la Corte richiama un proprio precedente (Cass. 23761/2010), dove “ha già affermato che è soggetto ad Irap il professionista che, per prestazioni afferenti l’esercizio della propria attività, eroga elevati compensi a terzi, a nulla rilevando il mancato impiego da parte del contribuente di personale dipendente”.

Nel caso di specie, i giudici di secondo grado hanno esaminato la realtà fattuale ed hanno valutato che “il reddito era stato conseguito mediante l’impiego, non occasionale, di una organizzazione costituita da una società di servizi retribuita a percentuale, tanto da risultare erogati alla stessa, dal professionista, compensi pari, complessivamente, ad oltre Euro 80.000.00, per l’anno che interessa. Tra le attività espletate dal professionista vi era infatti la consulenza fiscale e societaria e l’attività affidata alla società di servizi riguardava la ‘tenuta della contabilità dei propri clienti’ (come confermato dallo stesso ricorrente), strettamente connessa a quella oggetto della professione dal primo svolta”.

I Giudici di appello, hanno quindi correttamente argomentato che ciò che rileva, agli effetti impositivi Irap, e che risulta idoneo a ricondurre la fattispecie alle affermazioni desumibili dalle richiamate pronunce, “è la sussistenza di una organizzazione imprenditoriale“, rimanendo “indifferente il mezzo giuridico col quale quest’ultima è attuata (dipendenti ovvero società di servizi ovvero associazione professionale) e che rende possibile lo svolgimento (complesso) della attività (complessa) dei professionisti (cfr. anche Cass.12078 e 12079/2009)”.

In relazione al profilo dell’onere della prova, “se è vero che, a differenza dell’ipotesi in cui il contribuente azioni un diritto al rimborso dell’imposta indebitamente versata, impugnando il diniego da parte dell’Ufficio dell’istanza presentata, nell’ipotesi di impugnazione di un atto di natura impositiva (quale la cartella esattoriale, emessa, in sede di controllo delle dichiarazioni dei redditi, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis), l’Amministrazione Finanziaria deve dar prova della pretesa azionata, giova tuttavia rammentare che detta prova può essere fornita anche in via presuntiva ed, assolto tale onere da parte dell’Ufficio erariale, spetterà comunque al contribuente fornire idonea prova contraria, al fine di confutare il presupposto della cartella di pagamento emessa per l’IRAP non versata (cfr., da ultimo, Cass. 3473/2014)”.

Anche relativamente a tale profilo, la motivazione della sentenza impugnata, per la Corte di Cassazione, risulta pertanto corretta ed esaustiva, avendo i giudici d’appello ribadito che la sussistenza del presupposto impositivo emergeva dalla stessa dichiarazione dei redditi presentata dal contribuente (l’affidamento a terzi, dietro compenso di € 80.690,00 annuali, di servizi correlati allo svolgimento dell’attività professionale di dottore commercialista).

Brevi note

L’Amministrazione finanziaria, con la circolare n. 28 del 28 maggio 2010, facendo seguito alle istruzioni fornite con la circolare n.45/E del 13 giugno 2008, ha fornito una serie di indicazioni operative in ordine alla gestione del contenzioso pendente in materia di IRAP.

La citata circolare n. 45/E del 2008 (punto 5.4.1) ha precisato che “l’affidamento a terzi, in modo non occasionale, di incombenze tipiche dell’attività artistica o professionale, normalmente svolte all’interno dello studio, deve essere valutata ai fini della sussistenza dell’autonoma organizzazione”.

Inoltre, al punto 5.4.2, ha puntualizzato che “ai fini della verifica dell’autonoma organizzazione rileva comunque la disponibilità di beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per lo svolgimento dell’attività, anche qualora non vengano acquisiti direttamente, ma siano forniti da terzi, a qualunque titolo”.

Tale posizione, per le Entrate, risulta avvalorata dalla Corte di cassazione, la quale ha rilevato come agli effetti impositivi IRAP ciò che rileva è “la sussistenza di una organizzazione autonoma, restando indifferente il mezzo giuridico col quale quest’ultima è attuata (dipendenti ovvero società di servizi), che rende possibile lo svolgimento dell’attività dei professionisti, attraverso la disponibilità di beni strumentali, capitali e stabili forme di collaborazione, funzionali all’espletamento delle particolari incombenze; il che si realizza, come nel caso, con il contratto di outsourcing che impegna le parti a collaborare affinché la clientela percepisca la attività come organizzazione unitaria fornitrice di più servizi” (Cass. 25 maggio 2009, n. 12078).

Dal punto di vista giurisprudenziale, con la sentenza n. 8962 del 12 aprile 2013 (ud. 21 febbraio 2013) la Corte di Cassazione ha ritenuto soggetto Irap il commercialista che si appoggiava, per tutta una serie di servizi, ad una società esterna di cui è socio (da un lato il professionista aveva indicato, nella dichiarazione dei redditi, notevoli compensi corrisposti a terzi )per il 2001, L. 134.473.000, per il 2002, € 66.222,00, per il 2003, € 94.109,00, ed anche negli anni successivi e tali dati dimostravano “la non occasionante delle prestazioni dei soggetti terzi” e, dall’altro, che detti “professionisti” rendevano conto del loro operato a professionista “socio di minoranza della società…” ed “anche membro del consiglio di amministrazione“). “Come più volte chiarito da questa Corte (Cass. 36678/07, SSUU 12108/09, 10240/10, 21122/10), in tema di IRAP, l’esercizio per professione abituale, ancorchè non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diversa dall’impresa commerciale costituisce, secondo l’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, presupposto dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente che eserciti attività di lavoro autonomo: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo l”id quod plerumque accidit’, costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui”. E comunque, costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni. Alla stregua di tali consolidali principi l’impiego non occasionale di lavoro altrui deve ritenersi di per sè integrativo del requisito dell’autonoma organizzazione; si veda, in particolare, Cass. 10151/10: “In tema di IRAP, il ricorso al lavoro di terzi per la fornitura di tutti i necessari servizi (dalla telefonia al segretariato) in forma rilevante e non occasionale, ma continuativa, integra il presupposto dell’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata, previsto dal D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, non rilevando che la struttura posta a sostegno e potenziamento dell’attività professionale del contribuente sia fornita da personale dipendente o da un terzo in base ad un contratto di fornitura“. Anche in quel caso, il ricorso al lavoro di terzi collaboratori, con carattere di continuità, come risultante dai compensi versati, per diverse decine di migliaia di lire e di Euro annuali, nel corso degli anni, con carattere sistematico, ha portato la Corte a ritenere il contribuente soggetto Irap.

27 novembre 2014

Gianfranco Antico