Revocazione solo per errore di fatto

pubblichiamo delle pratiche linee guida dell’istituto della revocazione, applicato alle sentenze delle commissioni tributarie

Prendendo spunto da una recente sentenza della CTR di Roma (sent. n. 586/1/13 del 26/09/2013) è utile tracciare le linee guida dell’istituto della revocazione, applicato alle sentenze delle commissioni tributarie.

Da un punto di vita civilistico la revocazione è un mezzo ordinario e straordinario di impugnazione disciplinato dall’art. 395 Cpc., il quale prevede l’elencazione di alcuni motivi che attengono alla cognizione del merito della causa. I motivi elencati nei primi cinque numeri costituiscono differenti anomalie del processo, l’ultimo numero considera l’ipotesi del dolo del giudice. La revocazione ordinaria può essere proposta avverso le sentenze pronunciate in grado d’appello e avverso le sentenze inappellabili: è motivo di revocazione l’errore di fatto risultante dagli atti o documenti di causa oppure la contrarietà della sentenza ad altra precedente avente tra le parti autorità di giudicato. La proposizione della revocazione non sospende il termine per ricorrere in cassazione, né il procedimento già iniziato in cassazione. La revocazione straordinaria attiene, oltre alle sentenze pronunciate in grado di appello o inappellabili, anche le sentenze di primo grado rispetto alle quali sia scaduto il termine per l’appello; il termine per proporre la revocazione decorre dalla scoperta del vizio revocatorio.

La revocazione si propone con atto di citazione sottoscritta da un avvocato munito di mandato speciale, in cui può essere inserita l’istanza di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata. Le due fasi del giudizio, rescindente e rescissoria, si compenetrano quando l’accertamento del vizio si concreta in un giudizio che si risolve l’intera controversia.

 

In ambito tributario la revocazione è disciplinata dall’art. 64 D. lgs n. 546/92, il quale prevede la possibilità di presentare istanza di revocazione ex art. 395 Cpc avverso le sentenze delle commissioni tributarie che involgono accertamenti di fatto e che non sono più impugnabili o non sono state impugnate.

Il citato art. 64 prevede che la parte soccombente può presentare in presenza di errori di fatto istanza di revocazione allo stesso giudice, purché tali errori rientrano nella previsione normativa dell’art. 395 Cpc. Competente a decidere sull’istanza di revocazione, infatti, è la stessa commissione tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata.

Alla luce di quanto sopra, la denuncia di un travisamento di fatto è oggetto di revocazione ex art. 395 Cpc quando attiene ad un fatto che sarebbe in contrasto con la prova acquisita e non con la motivazione della sentenza impugnata.

 

Nella fattispecie portata al vaglio dei giudici tributari, il contribuente ha proposto istanza di revocazione di una sentenza della CTR eccependo che la stessa fosse viziata da errore di fatto consistente nella confusione circa la provenienza della certificazione prodotta e nell’aver considerato presente nel fascicolo un documento che invece ne era estraneo.

In particolare, si verteva in tema di fondi previdenziali integrativi per i quali le prestazioni erogate in forma capitale ad un soggetto iscritto, in epoca precedente all’entrata in vigore del D.lgs n. 124/93 ad un Fondo di previdenza complementare, sono sottoposte ad un diverso regime di tassazione. Infatti per gli importi maturati fino a 31/12/2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata, solo per quanto riguarda la “sorte capitale”, mentre per quanto attiene gli importi maturati dopo il 1°/01/2001 si applica per intero il regime di tassazione separata.

Atteso che il contribuente non ha fornito alcuna prova circa l’esistenza e misura del rendimento dei fondi previdenziali secondo lo schema sopra esposto e rispetto alla eccepita documentazione che non assume una valenza decisiva, la CTR ha respinto il ricorso per revocazione sulla base delle motivazioni sopra esposte.

 

Dalla decisione in esame emerge che la revocazione è un mezzo limitato di impugnazione che, a differenza del ricorso per cassazione, non è concesso contro gli errores in procedendo e gli errores in iudicando. Da quanto precede, risulta, quindi, che la revocazione è concessa solo per motivi esterni al processo che presuppongono un giudizio validamente concluso.

L’errore per revocazione cade sui fatti riguardanti il rapporto sostanziale e attiene gli atti e i documenti di causa, mentre il ricorso per cassazione riguarda un fatto inerente al diritto fatto valere: l’errore revocatorio è un mero errore di percezione o comunque una mera svista che ha determinato la supposizione di un fatto.

In sostanza l’errore revocatorio presuppone sia nella previsione dell’art. 395 Cpc n. 4 sia in quella dell’art. 64 D.lgs, il contrasto tra due diverse rappresentazioni dello stesso oggetto. Esso, quindi, non è ravvisabile nel caso di errore derivante dall’apprezzamento delle risultanze processuali: l’errore deve concretarsi nella falsa percezione di un fatto incontrovertibile e non nell’omessa od errata valutazione di un atto processuale.

 

In conclusione, la revocazione è un mezzo di impugnazione delle decisioni giurisdizionali di carattere eccezionale che può aggiungersi ed anche sovrapporsi ai rimedi rescissori ordinari dell’appello e della cassazione, quante volte si lamenti un vizio talmente incisivo per il giudizio da produrre effetti devianti che, altrimenti, non si sarebbero verificati, determinando approdi radicalmente differenti.

Essendo i motivi di revocazione fissati in via tassativa, il rimedio in parola si profila “a critica vincolata”, riproduttivo del medesimo oggetto scrutinato dal giudice la cui decisione si assume errata e la cui revisione sostitutiva si sollecita, previo sindacato di ammissibilità del rimedio esperito che necessariamente passa attraverso la verifica positiva della ricorrenza di uno dei vizi indicati dall’art. 395 c.p.c.

22 febbraio 2014

Enzo Di Giacomo