La banca dati delle politiche attive e passive a tutela del mondo del lavoro

rassegna delle diverse politiche che (partendo dallla Riforma Lavoro fino al Decreto in fase di approvazione) i recenti Governi italiani hanno messo in campo per tutelare l’occupazione, soprattutto giovanile

Prima di avventurarci nell’analisi delle novità introdotte dal D.L. n. 76 del 2013, approvato dal Governo in data 26.06.2013 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 150 Serie Generale del 28.06.2013, con conseguente evoluzione di quanto già precedentemente rinnovato in occasione della Riforma Fornero del 18.07.2012, con particolare riferimento in questa occasione alle politiche attive o passive, è opportuno definire meglio che cosa si intende specificatamente con questi termini.

Innanzitutto partiamo da un concetto più generale di politica del lavoro.

Con questo termine si intende quell’insieme di interventi pubblici rivolti alla tutela dell’interesse collettivo all’occupazione.

Tali interventi si articolano lungo queste direttrici:

  • Regolamentare il mercato del lavoro: ovvero i diritti e i doveri dei lavoratori e dei datori di lavoro; la sicurezza e la salute sul posto di lavoro; la non discriminazione; le modalità di incontro tra domanda e offerta di lavoro, le condizioni di accesso e di uscita dal mondo del lavoro ed il controllo delle dinamiche retributive;

  • Concertare le politiche e la contrattazione collettiva;

  • Promuovere l’occupazione (sia dal lato dell’offerta – persone in cerca di occupazione) che dal lato della domanda di lavoro (aziende che necessitano di inserire personale);

  • Mantenere o garantire il reddito contro il rischio di disoccupazione e di sospensione temporanea dell’attività lavorativa.

All’interno del concetto generale di politiche del lavoro, ne possiamo distinguere due tipi: quelle attive e quelle passive.

Con il termine “politiche attive” si identificano tutte le azioni e le misure poste in essere dalle Istituzioni al fine di:

  • promuove l’occupazione (intesa sia come rapporto di lavoro subordinato che come iniziative di auto imprenditorialità);

  • favorire l’inserimento o il reinserimento nel mondo del lavoro per coloro che attualmente ne sono esclusi;

  • incidere sul mercato del lavoro creando nuova occupazione;

  • intervenire preventivamente sulle possibili cause di disoccupazione;

  • adeguare le caratteristiche professionali dell’offerta di lavoro alla domanda di lavoro;

  • favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro;

  • incentivare le assunzioni;

  • assicurare un eguale accesso al lavoro per chi si trova in posizioni più marginali.

 

L’orientamento che meglio di tutto esprime tale politica può sintetizzarsi nel motto “make work pay” ovvero far si che il lavoro paghi, cioè rendere il lavoro remunerativo, in contrapposizione con un sistema basto sull’assistenzialismo delle istituzioni e quindi sulle prestazioni sociali (ovvero sussidi).

Le politiche attive sono rivolte ai:

  • disoccupati in senso stretto (coloro cioè che hanno perso il lavoro o che ne stanno cercando un’altro);

  • inoccupati (coloro che sono alla ricerca della loro prima occupazione);

  • casalinghe;

  • pensionati.

 

Le Politiche attive operano adeguando le caratteristiche professionali dell’offerta alle richieste della domanda di lavoro, quindi favorendo l’incontro domanda – offerta e migliorando le possibilità di accesso all’occupazione per le categorie più svantaggiate.

Sono esempi di Politiche attive del lavoro:

  • Orientamento;

  • Bilancio di competenze (percorso di valutazione della situazione attuale e potenziale del lavoratore);

  • Accompagnamento al lavoro;

  • Formazione;

  • Servizi di incontro domanda – offerta;

  • Incentivi alle imprese per le assunzioni;

  • Tirocini e stage formativi;

  • Supporto alla creazione di una impresa.

 

Con il termine “politiche passive” per contro si intendono quelle prestazioni monetarie (indicate generalmente con il termine di “ammortizzatori sociali”) erogate quale sostegno del reddito a favore dei disoccupati.

Sono esempi di politiche passive:

  • indennità di disoccupazione;

  • contratti di solidarietà;

  • indennità di mobilità (fino a quando non sarà completamente assorbita dall’entrata a regime dell’Aspi – Assicurazione Sociale per l’Impiego);

  • contributi in conto canone di locazione;

  • contributi in conto prestazioni sanitarie.

 

A differenza delle politiche attive, le politiche passive mirano quindi a ridurre il disagio sociale connesso alla disoccupazione attraverso misure di supporto come le forme di sostegno al reddito.

Le politiche passive hanno obiettivi di carattere distributivo, quali ad esempio la protezione sociale dei soggetti più deboli (disabili) o la riduzione delle conseguenze economiche dello stato di disoccupazione.

Le politiche attive e passive sono state oggetto di interesse e di rinnovamento sia in occasione della riforma Fornero (L. 92/2012 entrato in vigore il 18.07.2012) che in occasione del più recente Pacchetto Lavoro (D.L. 76/2013 entrato in vigore il 28.06.2013).

La Riforma Fornero si è occupata delle Politiche Attive all’articolo 4 commi 48-50 modificando la delega già conferita al Governo (con la legge n. 247 del 2007 articolo 1 comma 30) allora non ancora esercitata in materia di servizi per l’impiego.

In particolare la Riforma Fornero aveva previsto il differimento del termine entro il quale la delega doveva essere esercitata e si ampliavano i principi e i criteri direttivi, individuando anche i principi e i criteri direttivi a cui il Governo doveva attenersi per l’esercizio della delega in materia di servizi per l’impiego che venivano così individuati:

  • Il potenziamento dei sistemi informativi e di monitoraggio per una maggiore rapidità e semplificazione dei dati utili per la gestione complessiva del mercato del lavoro;

  • La valorizzazione delle sinergie tra collocamento pubblico e collocamento privato, tenuto conto della centralità dei servizi pubblici, al fine di rafforzare le capacità d’incontro tra domanda e offerta di lavoro, individuando a tal fine i criteri per l’accreditamento e l’autorizzazione dei soggetti operanti sul mercato del lavoro nonché i livelli essenziali delle prestazioni nei servizi pubblici per l’impiego;

  • La programmazione delle misure relative all’incentivazione dell’invecchiamento attivo verso i lavoratori e le aziende, valorizzando il momento formativo;

  • La promozione del patto di servizio come strumento adottato dai servizi per l’impiego per interventi di politica attiva del lavoro;

  • La revisione e la semplificazione delle procedure amministrative.

 

Le modifiche della delega riguardavano:

  • La previsione che i decreti legislativi debbano essere adottati mediante intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni;

  • L’estensione dell’ambito della delega alle politiche attive.

 

In tale occasione sono stati introdotti i seguenti ulteriori principi e criteri direttivi:

  • Attivazione del soggetto che cerca lavoro, in quanto mai occupato, espulso o beneficiario di ammortizzatori sociali, al fine di incentivarne la ricerca attiva di una nuova occupazione;

  • Qualificazione professionale dei giovani che entrano nel mercato del lavoro;

  • Formazione nel continuo dei lavoratori;

  • Riqualificazione degli espulsi, per efficace e tempestivo ricollocamento;

  • Collocamento di soggetti in difficile condizione rispetto alla loro occupabilità.

 

Il più recente Pacchetto Lavoro di cui al D.L. 76/2013 Decreto Legge n. 76 del 26.06.2013 pubblicato in G.U. IL 28.06.2013 – “Primi interventi urgenti per la promozione dell’occupazione in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul Valore Aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti”, che di seguito indicheremo come Pacchetto Lavoro, ha previsto, all’articolo 8, l’istituzione e l’aggiornamento di una specifica banca dati per le politiche attive e passive.

Questa banca dati, contenente “le informazioni concernenti i soggetti da collocare nel mercato del lavoro, i servizi erogati per una loro migliore collocazione nel mercato stesso e le opportunità di impiego … “, avrà l’obiettivo di coordinare e relazionare le domande e le offerte di lavoro, adempimento che avrebbe dovuto trovare svolgimento nei Centri per l’Impiego opportunamente coordinati e operativi.

Il comma 1^ dell’articolo 8 precisa che l’istituzione della predetta Banca Dati non comporterà nuovi o maggiori oneri aggiuntivi in capo all’Amministrazione pubblica, quindi per la sua attuazione si attingerà alle risorse finanziarie, umane, strutturali e strumentali già in possesso.

La nuova Banca Dati, una volta a regime, consentirà l’attuazione di quella che il Pacchetto Lavoro ha definito la Garanzia dei Giovani (Youth Guarantee) prevista dall’art. 4 dello stesso Pacchetto Lavoro, creando così un facile passaggio dal mondo della formazione al mondo del lavoro, in attuazione anche a quanto previsto dalle norme Comunitarie.

Infatti, nella consapevolezza del particolare e difficile momento storico in materia di mercato del lavoro che desta allarme anche in ambito comunitario, la Commissione Europea in occasione della programmazione per il periodo 2014 -2020 ha previsto l’istituzione appunto di una Garanzia europea dei Giovani che assicuri soprattutto ai giovani che abbandonano precocemente l’istruzione, di avere un lavoro, proseguire gli studi o seguire comunque un programma di riqualificazione entro un periodo massimo di 4 mesi dal completamento del percorso scolastico.

Di questa missione fanno parte i presidenti dell’Isfol (Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori) e di Italia Lavoro, il Direttore di Italia Lavoro, il Direttore generale dell’Inps, i dirigenti delle Direzioni generali del Ministero del Lavoro con competenze nell’ambito specifico di intervento, nonché tre rappresentanti della Conferenza Stato-Regioni, due dell’Upi (Unione delle Provincie Italiane) e uno delle Camere di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura.

Obiettivo della Garanzia Giovani è quello di realizzare 3 degli obiettivi previsti dalla strategia Europa 2020 ovvero:

 

  • Far si che almeno il 75% delle persone in età compresa tra i 20 e i 64 anni entro il 2020 siano inserite nel mercato del lavoro;

  • La percentuale di abbandono scolastico risulti al disotto del 10%;

  • Siano sottratte alla povertà e all’esclusione sociale 20 milioni di persone.

 

Destinatari della Garanzia Giovani attualmente sono i ragazzi under 25 anche se vi è l’intenzione di estenderla agli under 29, neo diplomati, neo-laureati, disoccupati o inattivi.

Vi è anche una identificazione territoriale e geografica dell’ambito di applicazione della Garanzia Giovani; ovvero la Garanzia potrà essere applicata in quei territori dove il tasso di disoccupazione giovanile (età compresa tra i 15 e i 29 anni) supera il 25%.

Per quanto attiene all’Italia il territorio interessato è tutta la penisola ad eccezione delle due Provincie autonome di Trento e Bolzano e il Veneto.

La Youth Guarantee troverà applicazione nell’ambito di una apposita Struttura di Missione presso il Ministero del Lavoro che agirà in via sperimentale fino al 31.12.2015.

Durante la fase sperimentale la struttura di missione dovrà svolgere le seguenti attività:

  • interagire, nel rispetto del principio della collaborazione, con i diversi organismi del Governo preposti all’attuazione delle politiche occupazionali;

  • definire le linee guida a livello nazionale e locale per la programmazione degli interventi di politica attiva;

  • individuare i criteri per l’utilizzo delle risorse economiche disponibili;

  • valutare le attività poste in essere dai soggetti coinvolti, prevedendo sistemi premianti volti a valorizzare i risultati ottenuti ed incentivarli;

  • promuovere la stipula di convenzioni e accordi con istituzioni pubbliche, enti e associazioni private per implementare e rafforzare le diversificazioni;

  • proporre ogni utile iniziativa volta a integrare i diversi sistemi informativi e definire le linee guida per la costituzione della banca dati delle politiche attive e passive.

 

Come abbiamo già detto, la Banca dati delle Politiche Attive e Passive non necessiterà di risorse pubbliche non precedentemente individuate e sarà costituita grazie al contributo delle Regioni, Provincie autonome, dell’Inps, di Italia Lavoro Spa, il Ministero dell’istruzione, università e ricerca scientifica, le Università pubbliche e private e le Camere di Commercio Industria e Artigianato.

I dati che confluiranno in questa Banca dati sono:

  • I dati dei percettori di cui all’art. 19 comma 4 del D.L. 29.11.2008 n. 185, modificato e convertito in Legge in data 28.01.2009; tale banca dati è attualmente costituita presso l’Inps;

  • l’anagrafe degli studenti e dei laureati delle università di cui all’art. 1 bis del D.l. 09.05.2003 n. 105 convertito con modificazioni dalla legge 11.07.2003 n. 170; tale Banca dati è utilizzata anche al fine di verificare la veridicità delle dichiarazioni rilasciate con autocertificazione in materia di titoli conseguiti;

  • le informazioni di cui all’articolo 4 comma 51 della Legge n. 92 del 18.07.2012 (Riforma Fornero), ovvero la così detta “dorsale informativa” riguardante in particolar modo i percorsi formativi dei lavoratori. La dorsale così come pensata dalla Riforma Fornero aveva inoltre l’obiettivo di documentare il patrimonio culturale e professionale dei cittadini e dei lavoratori.

 

Al fine di implementare le informazioni presenti in questa Banca Dati il Ministero del Lavoro potrà siglare convenzioni sia con soggetti pubblici che con soggetti privati, così da agevolare il trasferimento dei dati in loro possesso nella Banca Dati istituita con il Pacchetto Lavoro.

Di fatto la Banca Dati conterrà e coordinerà le informazioni oggi distribuite su tre database diversi, che oggi appunto raccolgono, gestiscono e organizzano separatamente i dati “sensibili” in materia di lavoro, così da rendere più efficienti le politiche attive e passive in materia di lavoro.

Il Decreto non ha previsto un termine per l’attuazione della disposizione contenuto nell’articolo 8 del D.L. 76/2013.

 

3 agosto 2013

Marta Bregolato