L'iscrizione illegittima di ipoteca

in caso di richiesta di danni per iscrizione illegittima di ipoteca da parte dell’agente per la riscossione, la competenza spetta al giudice civile ordinario

Principio

Sulla richiesta di risarcimento del danno per l’iscrizione illegittima di ipoteca da parte del concessionario per la riscossione decide il giudice ordinario. L’introduzione, da parte del decreto Visco-Bersani, del provvedimento di iscrizione di ipoteca nel novero degli atti impugnabili innanzi ai giudici tributari non contempla, infatti, tali richieste risarcitorie. La causa non ha ad oggetto il provvedimento d’iscrizione d’ipoteca ma il risarcimento del danno causato da un comportamento colposo del concessionario circa l’ipoteca illegittimamente iscritta. Se da un lato è vero che successivamente all’entrata in vigore dell’art. 35, c. 26-quinquies, D.L. n. 223/2006 le controversie aventi ad oggetto l’impugnazione del provvedimento d’iscrizione di ipoteca sugli immobili sono devolute alla giurisdizione tributaria, è anche vero che la domanda promossa dal contribuente nei confronti dell’Agente della riscossione non ha ad oggetto un rapporto tributario, quanto piuttosto l’illecito comportamento del concessionario medesimo. L’indagine sulla legittimità o meno di tale comportamento non comporta una causa di natura tributaria ma una mera questione pregiudiziale che deve essere decisa dal giudice competente. Qualora la domanda di risarcimento dei danni sia basata su comportamenti illeciti tenuti dall’Amministrazione finanziaria, la controversia, avendo ad oggetto una posizione sostanziale di diritto soggettivo del tutto indipendente dal rapporto tributario, è devoluta alla cognizione dell’autorità giudiziaria ordinaria. Tale principio è stato statuito dalla Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, sentenza n. 14506 del 10 giugno 2013.

 

Vicenda

Nel caso di specie, la vendita di un immobile non era andata a buon fine a causa dell’ipoteca iscritta illegittimamente sullo stesso; ipoteca di cui nemmeno il venditore sapeva l’esistenza.

 

Pronuncia

Gli Ermellini, dopo aver osservato che la domanda proposta nei confronti del concessionario non concerneva il rapporto tributario bensì l’illecito comportamento che lo stesso concessionario aveva tenuto nel procedere all’iscrizione di ipoteca, hanno sottolineato che “qualora la domanda di risarcimento dei danni sia basata su comportamenti illeciti tenuti dall’Amministrazione Finanziaria dello Stato o di altri enti impositori”, la controversia è devoluta alla cognizione dell’autorità giudiziaria ordinaria, “non potendo sussumersi in una delle fattispecie tipizzate che, ai sensi dell’art. 2 d.lgs. n. 546/1992, rientrano nella giurisdizione esclusiva delle Commissioni Tributarie”. Accolto il ricorso, le Sezioni Unite hanno dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario, cassando la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello.

 

Giurisdizione

La giurisdizione, in merito alla richiesta di risarcimento del danno (patrimoniale e non) per comportamento illecito dell’Agente della riscossione nella procedura esecutiva, appartiene al giudice ordinario. La cognizione della domanda di risarcimento danni per comportamenti illeciti spetta all’autorità giudiziaria ordinaria non potendo tale controversia assumersi in una delle fattispecie tipizzate, di cui all’art. 2 del D.Lgs. n. 546/1992, attributive della giurisdizione esclusiva delle Commissioni Tributarie (Cass., SS.UU., Sent. n. 722/1999). Spetta al giudice ordinario, pronunciarsi sulla domanda risarcitoria, a nulla rilevando il previo annullamento dell’atto illegittimo (cd. ripudio del rapporto di pregiudizialità tra annullamento dell’atto impositivo e risarcimento del danno); in particolare, è competente il giudice ordinario e non quello tributario a conoscere, ai sensi dell’art. 2043 c.c. delle richieste di risarcimento dei danni patrimoniali ingiusti provocati al contribuente dal concessionario, a nulla rilevando che la condotta colposa si sia realizzata nell’ambito di vicende, legate da un rapporto tributario ormai esaurito. L’azione di risarcimento del danno, ex art. 2043 c.c. non è condizionata dalla necessaria preventiva risoluzione della controversia tributaria ma, piuttosto, è collegata alla condotta ed all’attività dolosa o colposa dei funzionari del concessionario. Va riconosciuta piena autonomia all’azione di risarcimento del danno collegata alla condotta dolosa o colposa del concessionario. Il rapporto tributario ormai del tutto esaurito opera solo come sfondo e non assume alcuna connessione determinante rispetto alla richiesta di risarcimento dei danni. Può essere configurato, a causa dell’uso distorto o illegale della procedura esecutiva dell’agente della riscossione:

a) la lesione della sfera di libera autodeterminazione dell’individuo ossia la sfera d’esplicazione personale (cd. danno esistenziale);

b) la lesione della sfera patrimoniale (es. per mancata acquisizione d’utilità economiche);

c) la lesione della sfera biologica (danno alla salute ovvero menomazione della integrità psicofisica);

d) la configurazione del danno morale.

Il danno non patrimoniale1, determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica è una categoria unitaria ed è risarcibile. Il danno alla vita di relazione consiste nel pregiudizio dovuto alla modifica peggiorativa della personalità da cui consegue uno sconvolgimento dell’esistenza e in particolare delle abitudini di vita con alterazione del modo di rapportarsi con gli altri nell’ambito della comune vita di relazione sia all’interno che all’esterno del nucleo familiare (si pensi della privazione del mezzo di locomozione che comporta il mutare di scelte di vita adottate e consolidate nel tempo come recarsi a cinema o teatro, in visita a scavi archeologici e siti di interesse storico ed ambientale, seguire gli incontri di campionato di calcio allo stadio). Il danno alla serenità familiare è una delle manifestazioni caratteristiche di quella categoria di pregiudizio che va sotto il nome di danno esistenziale e che viene definito come pregiudizio consistente nelle ripercussioni negative, anche temporanee, risentite dalla vittima in alcune delle attività in cui si estrinseca la sua personalità. Tale pregiudizio può riguardare, tra l’altro, i rapporti sociali, le attività di carattere culturale, gli svaghi ed il divertimento e, appunto, i rapporti familiari2. L’oggetto della tutela del danno esistenziale è quindi non la salute latamente intesa, ed i riflessi che sul bene salute possono avere i danni all’ambiente familiare, bensì un autonomo diritto alla intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia, alla inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana, nell’ambito di quella peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia. Il danno morale3 è costituito dalle sofferenze o stress (si pensi alle sofferenze o stress per effettuare i trasferimenti a piedi servendosi di mezzi pubblici urbani, ovvero alla fatica del trasporto manuale dei bagagli). Il danno morale soggettivo, ex art. 2059 c.c., ha un referente autosufficiente nella integrità morale e riferimento costituzionale nell’art. 2 della Carta Costituzionale. Il danno morale è rappresentato dalle sofferenze psichiche, dalle ansie e dal patema d’animo conseguenti alle lesioni subite; tale danno è individuabile anche nelle ipotesi di ingiusto turbamento dello stato d’animo del danneggiato in conseguenza dell’illecito. Il danno biologico è inteso come lesione dell’interesse all’integrità psichica e fisica della persona appurata da un accertamento medico. Sussiste la possibilità di chiunque si ritenga leso dall’esecuzione di agire, dopo il compimento dell’esecuzione contro il concessionario per chiedere ex art. 59 del D.P.R. n. 602/1973 nei confronti del concessionario il risarcimento del danno subìto; la proponibilità della domanda di risarcimento del danno da chi si ritenga leso dalla procedura esattoriale è condizionata al previo compimento dell’esecuzione stessa (cfr. Cass., sez. 1, Sent. n. 7533 del 23 maggio 2002). Per ottenere un risarcimento per i danni subiti in sede di riscossione esattoriale è necessario che il provvedimento (i.e. di fermo amministrativo) sia stato posto in esecuzione.I principi informatori della responsabilità aquiliana ricollegano difatti il risarcimento alla necessaria sussistenza di un danno inferto a causa di un comportamento antigiuridico (cfr. Cass. 22 settembre 2011, n. 19315, sez. T). Ciò premesso, è evidente che il concessionario non può essere chiamato a rispondere del danno eventualmente causato al contribuente sulla base del solo dato oggettivo dell’illegittimità dell’azione esecutiva, dal momento che è necessario che la stessa, nell’adottare l’atto illegittimo, abbia anche violato le regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, che costituiscono il limite esterno della sua azione (cfr. Cass. civ., Sez. I, Sent. 23 settembre 2011, n. 19458). Oltre a potersi avere una condotta illecita a fronte di un provvedimento legittimo (ad esempio la riscossione per l’intero debito quando la esecuzione non sia ancora consentita), si può avere anche l’ipotesi opposta: non ogni provvedimento sbagliato della P.A. la obbliga a risarcire il danno, ma solo quello che sia frutto di dolo o colpa positivamente accertata4.

 

18 giugno 2013

Antonio Terlizzi

 

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 28 maggio, 10 giugno 2013, n. 14506

Presidente Trifone – Relatore Botta

Svolgimento del processo

La controversia concerne l’azione promossa innanzi al Tribunale di Palermo dal sig. A.P. nei confronti del sig. G.D.S. per ivi sentir condannare quest’ultimo al pagamento del doppio della caparra dall’attore corrisposta per un preliminare di vendita del 31 gennaio 2006 al quale il convenuto non aveva adempiuto.Il S., nel costituirsi in giudizio, affermava che la vendita non aveva potuto perfezionarsi a causa dell’ipoteca iscritta sull’immobile dalla Montepaschi SE.RI.T. S.p.A., ipoteca della quale egli non era a conoscenza, fino alla visura eseguita dal notaio il 22 maggio 2006, in quanto non gli erano stati notificati gli atti impositivi presupposti (avvisi, ruolo, cartelle esattoriali, ecc.). In ragione di ciò, il convenuto chiedeva il differimento dell’udienza per chiamare la Montepaschi SE.RI.T. S.p.A. a tenerlo indenne da quanto egli fosse eventualmente condannato a pagare al P., sostenendo che la società chiamata in garanzia aveva agito, nell’iscrivere ipoteca, con negligenza, imperizia, imprudenza e violazione di legge.La SE.RI.T SICILIA S.p.A. si costituiva all’udienza del 17 aprile 2007 e oltre a contestare la domanda proposta dal S., eccepiva preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a favore del giudice tributario.

Il Tribunale, espletata l’istruttoria si pronunciava in favore dell’attore, dichiarando risolto il preliminare di vendita e condannato il S. al pagamento della somma di € 30.000,00 oltre interessi. Quanto alla domanda di garanzia il Tribunale declinava la propria giurisdizione, affermando che tale domanda, in quanto proposta con citazione notificata il 10 novembre 2006, successivamente all’entrata in vigore della disposizione di cui all’art. 35, comma 26-quinquìes, D.L. n. 223 del 2006, avrebbe dovuto essere proposta innanzi al giudice tributario.L’appello del S. era rigettato dalla Corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, che riteneva corretta la pronuncia del primo giudice in ordine alla declinatoria di giurisdizione, rilevando, peraltro, che l’appellante non aveva contestato la statuizione relativa all’azione dì risoluzione per inadempimento del preliminare di vendita.

Avverso tale sentenza il S. propone ricorso per cassazione con unico motivo riproponendo le proprie contestazioni in ordine alla declinatoria di giurisdizione da parte del giudice ordinario.

Motivazione

1. Con l’unico motivo di ricorso, il S. sostiene che la Corte di merito ha travisato i fatti di causa, in quanto la domanda da lui proposta nel giudizio a quo era relativa ad una chiamata in garanzia e risarcimento del danno causato dal comportamento colposo della SE.RI.T. circa l’ipoteca illegittimamente iscritta, che aveva impedito il perfezionamento della vendita compromessa.

2. Il motivo è fondato. Vero è, come ha rilevato il giudice a quo, che successivamente all’entrata in vigore dell’art. 35, comma 26-quin-quies, del d.l. 4 luglio 2006, n. 223 (introdotto dalla legge di conversione 4 agosto 2006, n. 248) – che ha ampliato la categoria degli atti impugnabili dinanzi alle commissioni tributarie – le controversie aventi ad oggetto l’impugnazione del provvedimento d’iscrizione di ipoteca sugli immobili, al quale l’Amministrazione finanziaria può ricorrere in sede di riscossione delle imposte sui redditi, ai sensi dell’art. 77 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, sono devolute alla giurisdizione del giudice tributano (Cass. S.U. n. 7034 del 2009; nn. 13930 e 14501 del 2010). Ma la domanda proposta dal S. nei confronti del concessionario non concerneva il rapporto tributario, bensì l’illecito comportamento – causa del danno lamentato e del conseguente risarcimento preteso – che a giudizio del contribuente il concessionario avrebbe tenuto nel procedere all’iscrizione di ipoteca: sicché l’indagine sulla legittimità di tale comportamento integrava una mera questione pregiudiziale e non comportava una causa di natura tributaria avente carattere pregiudiziale, che dovesse essere decisa dal giudice giurisdizionalmente competente per materia.

3. Sul punto queste Sezioni Unite hanno già avuto modo di precisare che: «Qualora la domanda di risarcimento dei danni sia basata su comportamenti illeciti tenuti dall’Amministrazione Finanziaria dello Stato o di altri enti impositori, la controversia, avendo ad oggetto una posizione sostanziale di diritto soggettivo del tutto indipendente dal rapporto tributario, è devoluta alla cognizione dell’autorità giudiziaria ordinaria, non potendo sussumersi in una delle fattispecie tipizzate che, ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992, rientrano nella giurisdizione esclusiva delle Commissioni Tributarie; infatti, anche nel campo tributario, l’attività della P.A. deve svolgersi nei limiti posti non solo dalla legge ma anche dalla norma primaria del neminem laedere, per cui è consentito al giudice ordinario – al quale è pur sempre vietato stabilire se il potere discrezionale sia stato, o meno, opportunamente esercitato – accertare se vi sia stato, da parte dell’Amministrazione, un comportamento colposo tale che, in violazione della suindicata norma primaria, abbia determinato la violazione di un diritto soggettivo. (Nella specie, è stata dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario in ordine alla domanda con cui l’attore aveva chiesto il risarcimento dei danni derivanti dalla notificazione di una cartella esattoriale relativa a tassa automobilistica risultata non dovuta perché già pagata)» (Cass. S.U. n. 15 del 2007).4. Pertanto, il ricorso deve essere accolto e deve essere dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario. La sentenza impugnata deve essere cassata e la causa deve essere rinviata ad altra Sezione della Corte d’appello di Catania (argomenta ex Cass. S.U. n. 6102 del 2012), che provvedere anche in ordine alle spese della presente fase del giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra Sezione della Corte d’appello di Catania.

1 Le SS.UU., con quattro contestuali sentenze di contenuto identico (nn. 26972, 26973, 26974 e 26975 in data 11 novembre 2008), hanno in particolare chiarito che il danno non patrimoniale è risarcibile:

a) quando la risarcibilità è prevista dalla legge (i.e. quando il fatto illecito integri gli estremi di un reato);

b) quando la risarcibilità del danno in esame, pur non essendo espressamente prevista da una norma di legge ad hoc, deve ammettersi sulla base di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., per avere il fatto illecito vulnerato, in modo grave, un diritto della persona direttamente tutelato dalla Costituzione.

2Anche nell’esecuzione forzata dell’esattore, che incide nella sfera giuridica di soggetti, è ammissibile il risarcimento del pregiudizio consistente nella turbativa della serenità familiare; può sussistere un danno non patrimoniale risarcibile consistente in una turbativa, dell’animo o della serenità familiare. Quando il danno esistenziale discenda dalla lesione di interessi patrimoniali, come nel caso di fermo dell’autovettura, è necessario che sia fornita la prova dei disagi e della menomazione della sfera esistenziale del soggetto leso dal provvedimento illegittimo. Il danneggiato deve provare che la violazione dell’interesse costituzionalmente protetto abbia determinato conseguenze concretamente pregiudizievoli sulla propria sfera esistenziale

3 La prosecuzione nell’attività di espropriazione ad opera di Equitalia nonostante l’annullamento giudiziale del credito nella specie ad opera del Giudice di Pace configura, astrattamente, gli estremi del delitto di omissione di atti d’ufficio, per cui deve essere esaminata la richiesta di risarcimento danni avanzata dall’attore in sede civile. La risarcibilità del danno è infatti contemplata espressamente dalla legge all’art. 2059 c.c., quindi spetta al giudice civile accertare in via incidentale la presenza del reato (cfr. Cass. civ., Sez. III, 11 giugno 2012, n. 9445). Nel caso di pignoramento in contrasto con la sentenza del giudice il risarcimento può essere erogato anche per il solo danno morale (la sofferenza per l’ingiustizia patita). Il danno morale è dovuto per la lesione di diritti costituzionalmente garantiti o, comunque, per i danni conseguenti a fatti integranti reato; non è necessario che sia intervenuta condanna penale, ma solo che nella fattispecie il giudice che decide sul risarcimento riconosca gli estremi di un reato: non arrestare l’esecuzione forzata, dopo una sentenza contraria e una diffida, integrerebbe il reato di omissione di atti d’ufficio. Ove il concessionario non abbia preso atto dell’avvenuta estinzione del debito, il ristoro scatta in maniera automatica, poiché la condotta integra in astratto reato di omissione di atti d’ufficio ex art. 328, secondo comma, c.p.. “In tema di responsabilità civile e di richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale, quando è prospettato un illecito astrattamente riconducibile a fattispecie penalmente rilevanti per il quale la risarcibilità del danno non patrimoniale è espressamente prevista dalla legge spetta al giudice accertare, incidenter tantum e secondo la legge penale, la sussistenza degli elementi costitutivi del reato, indipendentemente dalla norma penale cui l’attore riconduce la fattispecie”.

4 Il risarcimento del danno per fatto illecito è assoggettato alla prescrizione breve ex art. 2947 c.c.. L’azione per il risarcimento del danno causato da attività illegittima del concessionario della riscossione è soggetta al termine di prescrizione quinquennale, decorrente dal giorno in cui è stata ultimata la procedura esattiva. Merita particolare attenzione il principio circa la decorrenza del termine per l’azione di risarcimento del danno subìto a causa di attività di esecuzione illegittima posta in essere dal concessionario della riscossione. Tale azione, esperibile innanzi al giudice ordinario, trattandosi del diritto soggettivo alla reintegrazione della sfera patrimoniale del contribuente ex art. 2043 c.c., è soggetta al termine quinquennale di prescrizione ex art. 2947 c.c.. L’illecito da esecuzione coattiva ha carattere istantaneo e si consuma con il momento in cui è stato compiuto l’ultimo atto della procedura esecutiva. A detto momento va ricondotta la decorrenza del termine di cui al citato art. 2947 c.c.. Il concessionario nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi deve chiamare in causa ex art. 39 del D.Lgs. n. 112 del 13 aprile 1999 l’ente creditore interessato: in mancanza risponde delle conseguenze della lite.Qualora, peraltro, tale chiamata in causa sia avvenuta la responsabilità dell’ente creditore può essere riconosciuta e quantificata soltanto dal giudice e non può derivare dall’unilaterale pretesa del concessionario, tendente a traslare in capo allo stesso ente gli eventuali esiti negativi dei giudizi.