il fatto che un contribuente libero professionista abbia pagato elevati importi di spese per consulenza non siginifica che debba essere soggetto ad IRAP
Con l’ordinanza n. 2131 del 29 gennaio 2013 (ud. 27 novembre 2012) la Corte di Cassazione ha ritenuto che le spese di consulenza sostenute, pur se elevate, non determinano l’assoggettamento del professionista all’Irap.
Il principio espresso nell’ordinanza
“Il ricorso al lavoro altrui può determinare l’assoggettamento ad Irap dell’attività professionale solo quando questo lavoro viene inserito nella struttura organizzativa cui è a capo il professionista. Nel caso di specie, questo non risulta e non è neppure evidenziato nel ricorso, in cui si dà anzi atto che i compensi costituivano il corrispettivo di lavoro autonomo. Giova dunque ribadire che ai fini che qui rilevano la misura dei compensi corrisposti non è decisiva (si pensi all’ipotesi che si renda necessaria la consulenza di un ‘luminare’ dai costi altissimi e che opera del tutto al di fuori della struttura del committente senza dunque assumere alcun rilievo ai fini dell’IRAP)”.
Nota
In tema di IRAP, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, c. 1, per. 1, e art. 3, c. 1, lett. c, l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, c. 1, (nella versione vigente fino al 31 dicembre 2003) e all’art. 53, c. 1, del medesimo D.P.R. (nella versione vigente dal 1 gennaio 2004) è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata.
Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente:
a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.
Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (Cass. n. 3676/07 ed altre)”.
Con l’ordinanza n. 23370 del 18 novembre 2010 (ud. del 12 ottobre 2010) la Corte di Cassazione aveva, invece, ritenuto che “l’elevato ammontare, negli anni di cui si tratta, dei compensi a terzi, delle spese per ristrutturazione ed ammodernamento dello studio, delle quote di ammortamento ed interessi passivi e la stessa natura di studio associato del contribuente depongono infatti per la sussistenza del requisito della autonoma organizzazione ed appaiono in assoluto contrasto con le opposte conclusioni del giudice di merito”.
Tale pronunciamento fa seguito all’ordinanza n. 18704 del 13 agosto 2010 (ud. del 9 giugno 2010), con cui la Corte di Cassazione aveva già chiuso una porta in materia di Irap. In questo caso, con due motivi di ricorso, l’Amministrazione finanziaria si era rivolta alla Corte di Cassazione, censurando la sentenza di secondo grado, per violazione di legge e vizio di motivazione, per avere la sentenza impugnata apoditticamente affermato “l’inesistenza del requisito della autonoma organizzazione, senza dare conto della circostanza, evidenziata dall’Ufficio, che, nelle dichiarazioni dei redditi della contribuente relativi agli anni di imposta considerati, erano esposte spese di non esiguo ammontare”.Per la Suprema Corte, resta fermo che “costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (Cass. n. 3676/07 ed altre)”. “Nel caso di specie, il giudice tributario non ha dato adeguato conto dell’iter logico in base al quale è pervenuto al giudizio di non imponibilità e, in particolare, non ha mostrato di tenere alcun conto degli elementi, pur significativi, evidenziati dall’Ufficio”, e pertanto la Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate.
Sul punto, va ancora segnalata l’ordinanza n. 19124 dell’8 settembre 2010 (ud. del 22 giugno 2010) secondo cui, in tema di IRAP, l’esercizio dell’attività libero professionale “protetta” è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata, ed il requisito dell’autonoma organizzazione (il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato) ricorre quando il contribuente:
a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in struttur organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza dell’organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (cfr., tra le altre, Cass., Sez. un., n. 12108 del 2009).
In pratica, le spese di non esiguo ammontare, rispetto all’attività esercitata, portano a ritenere il contribuente soggetto Irap.
28 febbraio 2013
Francesco Buetto