Dichiarata costituzionalmente illegittima l’obbligatorietà della mediaconciliazione

una prima analisi delle motivazioni che hanno spinto la Corte Costituzionale a dichiarare illegittima l’obbligatorietà della mediazione in sede civile (Donatella Giugliano)

Il giudice delle leggi ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per eccesso di delega legislativa, del d.lgs. 4 marzo 2010, n.28 nella parte in cui ha previsto il carattere obbligatorio della mediazione.

Questo il contenuto del sintetico comunicato, emesso il 24 ottobre 2012 dall’Ufficio Stampa della stessa Corte Costituzionale, che anticipa il responso in commento.

La questione sottoposta al vaglio della Consulta deriva da una ordinanza del TAR Lazio (n. 3202 del 12 aprile 2011) che eccepiva la violazione degli artt. 24 Cost. (in tema di accesso alla tutela giurisdizionale, quale diritto tutelato anche dall’art. 6 Cedu e dall’art. 47 Carta di Nizza) e 77 Cost. (in tema di principi e criteri direttivi della legge delega) da parte degli artt. 5 e 16 del D.Lgs. 4 marzo 2010, n.28, di attuazione dell’art. 60 della Legge, 18 giugno 2009, n.69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali.

Va preliminarmente rammentato che lo stesso art. 60, L. n. 69/2009, contenente la delega, aveva invitato il legislatore delegato al “rispetto” ed alla “coerenza con la normativa comunitaria1 ed enunciato, tra i principi e criteri direttivi, (di cui alla lettera “a” della disposizione de qua) il limite correlato alla necessità di non “precludere l’accesso alla giustizia“.

Le doglianze, che il TAR non riteneva manifestamente infondate. e quindi rilevanti ai fini della decisione del giudizio di impugnativa del d.m., 18 ottobre 2010, n.180 (col quale era stato emanato il “Regolamento recante la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell’elenco dei formatori per la mediazione, nonché l’approvazione delle indennità spettanti agli organismi, ai sensi dell’art. 16 del D.Lgs n. 28 del 2010), erano relative al fatto che la previsione, nell’art. 5, di una condizione di procedibilità della domanda giudiziale in determinate materie, rilevabile anche d’ufficio, avrebbe precluso – secondo il giudice amministrativo – l’accesso diretto alla giustizia, disattendendo espressamente le previsioni della legge delega, e, segnatamente, il principio e criterio direttivo di cui alla indicata lett. a.

In effetti il legislatore delegante specificando, conformemente alle prescrizioni contenute nella direttiva comunitaria. che lo stesso meccanismo della conciliazione non poteva “precludere l’accesso alla giustizia” aveva finito – secondo molti commentatori – con il precludere alla disciplina della mediazione il carattere dell’obbligatorietà e, tanto meno, la possibilità che la stessa divenisse condizione di procedibilità della domanda giudiziaria.

Il Governo – secondo quanto sembra aver dedotto la Corte Costituzionale – ha invece tradito, con le previsioni di cui all’art. 5 d.lgs. n. 28/2010, l’assunzione di un potere non proprio e questo per il fatto dell’introduzione sia del carattere obbligatorio della mediazione che dell’improcedibilità della domanda giudiziaria nell’ipotesi di mancato esperimento del procedimento conciliativo.

Lo stesso art. 5, c. 1, citata fonte, prevede(va), infatti, che: “Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione . L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale”.

In quest’ottica, la legge delega ha rappresentato il procedimento di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziaria, così configurandolo come un procedimento propedeutico al giudizio ordinario e precludendo, l’immediato accesso dei cittadini alla giustizia tant’è che è apparso immediatamente palese il contrasto, oggi rilevato nei modi rappresentati dalla Consulta, con la norma contenuta nell’art. 60 della legge n. 69/2009.

Questo senza voler anche considerare che lo stesso Governo , nell’art. 8, c. 5, d.lg. ha previsto che: «Dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, 2° comma, c.p.c.».

 

25 ottobre 2012

Donatella Giugliano

1 Quella di riferimento è la direttiva comunitaria n. 52/2008.