Il "Redditest" precede il nuovo redditometro

ecco come funzionerà il nuovo redditometro che verrà presentato a breve dall’Agenzia delle Entrate: la raccolta dei dati, il questionario, l’accertamento ed i primi profili di criticità emersi

Dopo le recenti dichiarazioni dei vertici del Fisco alla stampa, aumentano le indiscrezioni ed i dettagli sul nuovo strumento di verifica del reddito dichiarato dai contribuenti. Si tratta pur sempre di indicazioni di massima, ma che forniscono importanti direttive sui comportamenti da adottare, in attesa che il redditometro in versione evoluta si sveli definitivamente al pubblico.

 

Timing della procedura

Occorre ricordare che mentre la piattaforma giuridica del nuovo strumento è già pronta da tempo (articolo 22 del DL 78/2010)[1], le norme attuative che su di essa dovrebbero incardinarsi non sono ancora state predisposte dall’Agenzia delle Entrate, deputata a tale compito.

Con le slides di presentazione del 25 ottobre 2011 era stato indicato come periodo previsto di rilascio del nuovo strumento il mese di febbraio di quest’anno, ma il ritardo è da imputarsi, secondo i vertici del Fisco, alla necessità di ulteriore tempo per rodare uno strumento che deve essere il più efficace possibile.

 

Primo step: raccolta dati e selezione

Quel che pare ormai sufficientemente delineato e che qui si vuol evidenziare è la sequenza procedurale prevista per “redditometro 2.0”, che si articola in tre step, di cui il primo è costituito dal nuovo “redditest”, ovvero lo strumento informatico così definito dal presidente della Sose, che lo sta sviluppando insieme all’Agenzia delle Entrate.

Effettivamente, quello presentato l’anno scorso attraverso le numerose slides che indicavano le oltre cento voci di spesa (dall’auto alle palestre e beauty farm) ed i 55 gruppi omogenei considerati (single, famiglie, nord, sud, etc) è soltanto uno strumento informatico di selezione dei contribuenti da sottoporre a controllo sulla base dell’esito del confronto tra il reddito accertabile in funzione delle cento voci di spesa e quello dichiarato dal contribuente (il test del reddito, appunto).

Tale risultato è espresso in termini di rischio di evasione: se basso, non comporta alcuna conseguenza, se alto, invece, l’Amministrazione Finanziaria attiverà accertamenti approfonditi attraverso gli strumenti ordinari di indagine; ad essere potenzialmente colpiti dal redditometro, però, saranno soltanto coloro che si collocheranno nella fascia intermedia di rischio.

Il redditest, quindi, è soltanto un strumento di selezione dei contribuenti in funzione del loro rating di possibile evasione.  Uno strumento che, peraltro, sarà liberamente fruibile dai contribuenti attraverso i sistemi telematici, cosicché ognuno potrà controllare direttamente online l’esito del software ed eventualmente adattare il comportamento dichiarativo per “sfuggire” ad una possibile segnalazione ai fini del redditometro.

 

Secondo step: questionario

Il primo step del redditest è sostanzialmente automatico, atteso che i dati elaborati dall’Amministrazione Finanziaria verranno attinti direttamente dall’Anagrafe Tributaria e, quindi, delle milioni di comunicazioni che ad essa pervengono in forza dei vari obblighi imposti dalla legge, quale, tra gli ultimi, quello del cosiddetto “spesometro” (art. 21 del D.L. n. 78/2010), per cui sono segnalate al Fisco tutte le operazioni documentate da fattura, mentre per quelle per cui  non  è  previsto l’obbligo di emissione della fattura la comunicazione telematica è effettuata soltanto se le operazioni stesse sono di importo  non  inferiore  ad euro 3.600.

Se dalle elaborazioni del redditest, sulla base di tali dati in possesso del Fisco, emerge un rischio medio di evasione, allora l’Amministrazione Finanziaria procederà al secondo step, ovvero alla “fase questionario”: l’obiettivo è quello di ottenere dal contribuente tutti i dati relativi alle voci di spesa utili ai fini dell’applicazione del controllo redditometrico vero e proprio, voci di cui l’Amministrazione Finanziaria può non disporre perché, magari, non oggetto di comunicazione all’Anagrafe Tributaria; inoltre, verranno richieste tutte le informazioni relative al patrimonio mobiliare del contribuente.

 

Terzo ed ultimo step: accertamento

Soltanto dopo aver raccolto tutti i predetti dati potrà avvenire il passaggio all’ultimo step: l’accertamento redditometrico. Si tratta, invero, della fase di cui, al momento, meno si conosce, atteso che i provvedimenti attuativi dell’articolo 22 del DL 78/2010 non sono ancora stati approvati e, quindi, non si sa ancora esattamente quali saranno effettivamente le voci considerate dal nuovo strumento redditometrico, anche se è evidente che saranno di sicuro numericamente  inferiori rispetto alle cento previste dal redditest.

Dalle ultime indiscrezioni, peraltro, sembrerebbe che il nuovo strumento si baserà prevalentemente sullo “spesometro”, attribuendo alle spese un determinato reddito in funzione di coefficienti differenziati per zona e tipologia di gruppo d’appartenenza, più una quota di reddito presunto relativa alle ordinarie esigenze della vita quotidiana.

Per tutti i dettagli, quindi, non resta che attendere la fine del mese corrente o, al più, sembrerebbe dalle dichiarazioni alla stampa, quello successivo.

 

Prime criticità

Almeno due problematiche si evidenziano, però, già in questa fase preventiva di redditest. Qualcuno ha osservato, infatti, che se dopo 15 anni di messa a punto degli studi di settore si è pervenuti alla determinazione di oltre 3.000 gruppi omogenei per mappare i 3,7 milioni di contribuenti soggetti a tale strumento, pare riduttivo, per il “redditometro 2.0”, incasellare circa 41 milioni di potenziali contribuenti soggetti al nuovo strumento in soli 55 gruppi omogenei: il pericolo è quello di collocare erroneamente qualche campione significativo di popolazione che trova un posizionamento soltanto parziale o non lo trova del tutto nei 55 gruppi omogenei ad oggi elaborati.

La seconda problematica, infine, attiene alla cosiddetta “asimmetria informativa”: il Fisco, infatti, dispone di informazioni che derivano dalle banche dati alimentate da comunicazioni e dichiarazioni, ma non sempre queste informazioni sono esatte. Il caso che è stato proposto è quello delle spese di ristrutturazione: come noto, infatti, le stesse sono detraibili sino all’ammontare di 48.000 euro, che è quello, appunto, risultante dalla dichiarazione e, quindi, in Anagrafe Tributaria; ma il contribuente, invero, potrebbe aver speso anche 100.000 euro per tali lavori e, quindi, sarebbe questo l’importo da valutare ai fini dello strumento redditometrico. Il risultato è che il contribuente potrebbe sovrastimare, utilizzando questi dati, il reddito accertabile con il redditometro rispetto a quello effettivamente calcolabile dall’Agenzia delle Entrate, con i dati a sua disposizione.

 

24 settembre 2012

Alessandro Borgoglio



[1] L’articolo 22 del DL 78/2010 ha riformato l’articolo 38 del DPR 600/1973 recante, appunto, la disciplina dell’accertamento sintetico. In base alla nuova formulazione, l’articolo 38, comma 4 e seguenti, del DPR 600/1973 così recita: “L’ufficio,  indipendentemente  dalle  disposizioni  recate  dai   commi precedenti e dall’articolo 39, può  sempre  determinare  sinteticamente  il reddito complessivo del contribuente sulla base delle  spese  di  qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta, salva  la  prova  che  il relativo finanziamento è avvenuto con redditi diversi da  quelli  posseduti nello stesso periodo d’imposta, o con redditi esenti o soggetti a  ritenuta alla fonte a titolo  di  imposta  o,  comunque,  legalmente  esclusi  dalla formazione della base imponibile. La determinazione sintetica può essere altresì  fondata  sul  contenuto induttivo di  elementi  indicativi  di  capacità  contributiva  individuato mediante l’analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche  in  funzione  del  nucleo  familiare  e  dell’area  territoriale  di appartenenza, con decreto del Ministero dell’Economia e  delle  Finanze  da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale con periodicità biennale. In tale  caso è fatta salva per il contribuente la  prova  contraria  di  cui  al  quarto comma. La  determinazione  sintetica  del  reddito  complessivo  di   cui   ai precedenti  commi  è  ammessa  a  condizione  che  il  reddito  complessivo accertabile ecceda di almeno un quinto quello dichiarato. L’ufficio  che  procede  alla  determinazione  sintetica  del   reddito complessivo ha l’obbligo di invitare il contribuente a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai  fini dell’accertamento  e,  successivamente,  di  avviare  il  procedimento   di accertamento con adesione ai sensi dell’articolo 5 del decreto  legislativo 19 giugno 1997, n. 218. Dal reddito complessivo determinato sinteticamente  sono  deducibili  i soli oneri previsti dall’articolo  10  del  decreto  del  Presidente  della Repubblica 22 dicembre 1986 n.  917;  competono,  inoltre,  per  gli  oneri sostenuti dal contribuente, le detrazioni dall’imposta lorda previste dalla legge”.