Gli incentivi per il rientro dei cervelli dall'estero

presentiamo una guida di 9 pagine agli incentivi che il governo applica ai lavoratori italiani qualificati che decidono di riportare la residenza nel nostro paese per lavorare: lo sconto sull’IRPEF ed i requisiti per potervi accedere

Come è noto la legge 30 dicembre 2010, n. 238 ha previsto la concessione di incentivi fiscali riguardanti l’Irpef sotto forma di parziale imponibilità del reddito derivante dalle attività di lavoro dipendente, autonomo o d’impresa avviate in Italia da soggetti in possesso di determinati requisiti.

Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 3 giugno 2011 sono state individuate le categorie dei soggetti beneficiari degli incentivi e, con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 29 luglio 2011, n. 97156, sono state definite le modalità di richiesta dei benefici fiscali da parte dei lavoratori dipendenti rientrati in Italia, nonché gli adempimenti conseguenti a cura del datore di lavoro.

Con decreto del Ministro degli affari esteri del 30 marzo 2011 sono stati precisati gli adempimenti che gli Uffici consolari devono osservare nella gestione delle procedure amministrative per il rientro in Italia, in attuazione dell’articolo 4, comma 2, della legge.

Il decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, nel testo risultante dalle modifiche apportate in sede di conversione dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, ha ampliato il periodo temporale di riferimento per la maturazione dei requisiti di accesso al beneficio e ha stabilito che il beneficio compete fino al periodo d’imposta 2015.

Delineato il quadro normativo analizziamo le istruzioni fornite dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 14 del 4 maggio 2012.

 

SOGGETTI BENEFICIARI

Sono ammessi al beneficio fiscale i soggetti che – in possesso dei requisiti al 20 gennaio 2009 – siano stati assunti o abbiano avviato un’attività d’impresa o di lavoro autonomo a decorrere dalla predetta data, ferma restando la decorrenza dei benefici fiscali dal 28 gennaio 2011.

I requisiti per l’accesso al beneficio devono essere posseduti “a partire dalla data del 20gennaio 2009”.

Pertanto, anche i cittadini dell’Unione europea nati dopo il 1° gennaio 1969 che abbiano maturato i requisiti a partire dal 20 gennaio 2009 e, successivamente, siano stati assunti ovvero abbiano avviato un’attività di lavoro autonomo o d’impresa in Italia, possono accedere all’agevolazione, ferma restando la decorrenza dei benefici fiscali dal 28 gennaio 2011.

In sostanza, può accedere al beneficio chi aveva i requisiti al 20 gennaio 2009 o chi li matura anche successivamente a tale data e comunque prima di essere assunto, fermo restando che il beneficio decorre dal 28 gennaio 2011.

 

INIZIO ATTIVITA’

Inizio di attività di lavoro dipendente

Precisa la circolare n.14/2012 che per assunzione si intende l’inizio del rapporto di lavoro e quindi la data da cui decorrono l’obbligo della prestazione lavorativa e l’obbligo della remunerazione, indipendentemente dalla natura a tempo indeterminato o determinato del rapporto stesso.

Rientrano nell’ambito di applicazione della disposizione sia le attività di lavoro dipendente sia le attività di lavoro che, a fini fiscali, producono redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.

L’agevolazione è quindi applicabile, per esempio, ai redditi di collaborazione coordinata e continuativa o di collaborazione a progetto di cui alla lettera c-bis dell’articolo 50 del TUIR e a quelli consistenti in somme corrisposte a titolo di borsa di studio di cui alla lettera c del medesimo articolo 50 del TUIR.

La disposizione incentivante non pone limiti in ordine all’oggetto della mansione, nel senso che l’attività di lavoro che il lavoratore è tenuto a svolgere può non essere attinente con l’attività di studio o di lavoro svolta all’estero.

 

Avvio di attività di lavoro autonomo

Per avvio di attività di lavoro autonomo si intende l’inizio di una nuova attività artistica o professionale in Italia. L’attività si considera avviata alla data risultante dalla dichiarazione di inizio attività ai sensi dell’art. 35 del DPR n. 633 del 1972.

L’attività di lavoro autonomo può essere svolta sia in forma individuale che associata (per esempio, nella forma dell’associazione professionale o della società tra professionisti).

L’attività di lavoro autonomo svolta in Italia non deve essere necessariamente attinente ai titoli di laurea o post lauream, conseguiti in Italia o all’estero, e può essere diversa dall’attività svolta all’estero (fuori dall’Italia e dal proprio Paese di origine) per il periodo di tempo richiesto dalla legge ai fini della fruizione del beneficio.

Rimane fermo il rispetto delle disposizioni che regolamentano l’esercizio di attività di lavoro autonomo in relazione a titoli accademici o professionali esteri.

 

Avvio di attività di impresa

Per avvio di attività di impresa si intende l’inizio di una nuova attività imprenditoriale in Italia. L’attività si considera avviata alla data risultante dalla dichiarazione di inizio attività ai sensi dell’art.35 del DPR n. 633 del 1972.

L’attività di impresa può essere esercitata sia in forma individuale che collettiva (ad esempio, nella forma della società di persone). L’attività di impresa esercitata in Italia non deve essere necessariamente attinente ai titoli di laurea o post lauream, conseguiti in Italia o all’estero, e può essere diversa dall’attività svolta all’estero (fuori dall’Italia e dal proprio Paese di origine) per il periodo di tempo richiesto dalla legge ai fini della fruizione del beneficio.

Rimane fermo il rispetto delle disposizioni che regolamentano l’esercizio di attività di impresa in relazione a titoli accademici o professionali esteri.

 

Trasferimento della residenza anagrafica e del domicilio

Al fine di beneficiare degli incentivi fiscali, i lavoratori che rientrano in Italia devono trasferire la propria residenza e il proprio domicilio in Italia “entro tre mesidall’assunzione o dall’avvio dell’attività”, fermo restando il possesso degli altri requisiti.

Possono accedere al beneficio i lavoratori che abbiano trasferito la residenza e il domicilio anche prima dell’assunzione o dell’avvio dell’attività, purché il trasferimento della residenza e del domicilio sia funzionale all’inizio dell’attività.

Spiega la circolare n.14/2012 che il rientro si assume funzionale all’inizio dell’attività, senza necessità di ulteriori verifiche, qualora avvenga nei tre mesi che precedono l’inizio dell’attività medesima.

In linea di principio l’assunzione della residenza anagrafica e del domicilio in Italia nel limite temporale sopra indicato presuppone che il soggetto non avesse tali requisiti prima di rientrare in Italia. Pertanto, nella normalità dei casi, l’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente implica che il soggetto stesso provveda preliminarmente alla cancellazione dall’AIRE, se cittadino italiano, ovvero al compimento di atti equivalenti, se cittadino di altro Stato dell’Unione europea, qualora previsti dalla propria legislazione nazionale.

Tuttavia, l’A.F. ritiene che ciò che rileva ai fini dell’agevolazione in esame è che il soggetto interessato abbia effettivamente svolto attività di lavoro o di studio all’estero come specificato nel paragrafo successivo e sia in grado di dimostrare tale circostanza. In presenza di tale requisito sostanziale, l’iscrizione all’AIRE corrispondente al periodo di attività all’estero non assume rilevanza e, pertanto, la condizione dell’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente si considera soddisfatta anche per coloro che, pur lavorando o studiando all’estero, non si sono mai iscritti all’AIRE, sempreché il trasferimento del domicilio in Italia avvenga entro il termine dinanzi precisato.

 

Residenza in Italia e attività di studio o lavoro all’estero

I commi 1 e 2 dell’articolo 1 del decreto condizionano la fruizione del beneficio al possesso di ulteriori requisiti comuni alle due categorie di soggetti beneficiari (studenti e lavoratori), costituiti dall’aver prima risieduto continuativamente per almeno 24 mesi in Italia e poi dall’aver risieduto o essere stati domiciliati al di fuori del proprio paese di origine e dall’Italia almeno negli ultimi due anni antecedenti il 20 gennaio 2009 ovvero, per effetto della modifica introdotta dal d.l. n. 216 del 2011, almeno negli ultimi due anni antecedenti la data del rientro.

La residenza in Italia deve essere continuativa per almeno 24 mesi, non necessariamente corrispondenti a mesi interi; in altre parole, rileva l’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente per un periodo minimo e ininterrotto di 24 mesi, intercorrente fra un qualsiasi giorno dell’anno e il giorno antecedente del secondo anno successivo (ad esempio, dal 10 marzo 2004 al 9 marzo 2006).

La residenza in Italia risulta normalmente dal certificato di residenza rilasciato dal comune e può essere oggetto di dichiarazione sostitutiva di certificazione (c.d. autocertificazione) ai sensi dell’articolo 46 del DPR n. 445 del 2000 con applicazione della sanzione penale di cui al successivo articolo 76 in caso di dichiarazioni mendaci.

Dopo aver risieduto in Italia, i beneficiari devono aver risieduto o essere stati domiciliati al di fuori del proprio paese di origine e dall’Italia per due anni o più, per svolgere attività di lavoro (comma 1) o di studio (comma 2).

Al fine di ritenere soddisfatto il requisito della permanenza al di fuori del proprio paese di origine e dall’Italia, si deve far riferimento al concetto di anno secondo il calendario comune, inteso come periodo decorrente da un qualsiasi giorno dell’anno e fino al giorno antecedente dell’anno successivo. Ad esempio, un cittadino italiano che risieda all’estero per motivi di lavoro almeno a partire dal 20 gennaio 2007 integra alla data del 20 gennaio 2009 il biennio richiesto come periodo minimo dalla legge.

Per rientrare nella categoria dei beneficiari che hanno svolto attività di lavoro all’estero (comma 1 dell’articolo 1 del decreto) è altresì necessario che il soggetto interessato sia in “possesso di un titolo di laurea” (lettera a) e abbia risieduto o sia stato domiciliato per almeno due anni fuori dal proprio Paese d’origine e dall’Italia “svolgendovi continuativamente un’attività di lavorodipendente, di lavoro autonomo o d’impresa” (lettera c).

Il successivo comma 3 dell’articolo 1 del decreto, conformemente al comma 4 dell’articolo 3 della legge, esclude dal beneficio di cui al comma 1 “isoggetti che essendo titolari di rapporti di lavoro a tempo indeterminato conpubbliche amministrazioni o con imprese di diritto italiano, svolgono all’estero

in forza di tale rapporto, la propria attività lavorativa”.

Pertanto, non possono fruire dell’agevolazione coloro per i quali lo svolgimento di attività di lavoro all’estero derivi dal contratto di lavoro con un soggetto residente.

Diversamente, la preclusione non opera nei confronti dei soggetti che, pur titolari di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, abbiano svolto all’estero attività di studio avvalendosi di aspettativa non retribuita.

Il beneficio fiscale non compete qualora un soggetto presti la propria attività all’estero alle dipendenze di un datore di lavoro straniero e, in forza di tale rapporto, “rientri” nel territorio dello Stato, continuando a lavorare per il medesimo datore di lavoro.

Per rientrare nella categoria dei beneficiari che hanno svolto attività di studio all’estero (comma 2) è necessario aver conseguito “un titolo di laurea ouna specializzazione post lauream” fuori dal proprio paese di origine e dall’Italia (lettera b).

Al riguardo, le Entrate ritengono che coloro che abbiano svolto attività di studio all’estero conseguendo la laurea o altro titolo accademico post lauream come, per esempio, nel caso di corsi di specializzazione post lauream aventi la durata di due anni accademici, soddisfino comunque il requisito in questione .

L’effettivo svolgimento dell’attività di lavoro o di studio all’estero – conseguendovi in questo caso il relativo titolo – per il periodo di tempo richiesto possono risultare dalla documentazione rilasciata o vidimata dall’autorità consolare, ai sensi dell’articolo 1 del decreto del Ministro degli affari esteri del 30 marzo 2011, ovvero da idonea documentazione in italiano o in inglese quale, a mero titolo di esempio, permessi di soggiorno, visti di ingresso e di uscita dal paese estero, contratti di locazione di immobili e di utenze, certificazione di frequenza del corso di studi, certificazione del luogo di svolgimento del lavoro da parte del datore, iscrizione ad albi o camere di commercio, dichiarazione dei redditi presentata nel paese estero.

 

CONTENUTO DELL’AGEVOLAZIONE

L’articolo 3, comma 1, della legge prevede che “I redditi di lavoro dipendente, i redditi d’impresa e i redditi di lavoro autonomo percepiti dalle persone fisiche di cui all’articolo 2 [soggetti beneficiari] concorrono alla formazione della base imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche in misura ridotta, secondo le seguenti percentuali:

a) 20 per cento, per le lavoratrici;

b) 30 per cento, per i lavoratori”.

 

Le dizioni “lavoratrici” e “lavoratori” utilizzate per individuare i soggetti beneficiari identificano tutti i soggetti percettori dei redditi oggetto del beneficio fiscale.

I redditi agevolati sono comunque determinati secondo le ordinarie disposizioni del TUIR previste per ciascuna categoria: articolo 51, se derivanti da rapporti di lavoro dipendente; articolo 52, se derivanti da rapporti assimilati al lavoro dipendente; articolo 54, se derivanti da attività di lavoro autonomo; articolo 56, se derivanti dall’esercizio di attività di impresa.

L’agevolazione è applicabile ai soli redditi prodotti nel territorio dello Stato per effetto dell’inizio dell’attività di lavoro dipendente o dell’avvio di un’attività di lavoro autonomo o d’impresa. Nel caso in cui un soggetto abbia prodotto nei primi mesi dell’anno redditi al di fuori del territorio dello Stato e, per essere rientrato in corso d’anno, risulti fiscalmente residente in Italia, detti redditi concorrono alla formazione del reddito complessivo in via ordinaria, salva l’applicazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni in ipotesi che il medesimo soggetto abbia pagato imposte all’estero.

I redditi così determinati concorrono alla formazione del reddito complessivo nella misura del 20% per le lavoratrici e del 30% per i lavoratori.

Per la determinazione dell’imposta si applicano le ordinarie disposizioni del TUIR, scomputando dal reddito complessivo e nei limiti dello stesso gli oneri deducibili di cui all’articolo 10 del medesimo testo unico.

Conseguentemente, anche le detrazioni per carichi di famiglia (articolo 12 del TUIR) e per tipologia di reddito (articolo 13 del TUIR), nonché le imposte addizionali all’IRPEF, devono essere determinate tenendo conto del reddito complessivo ridotto per effetto del beneficio fiscale in questione.

Le agevolazioni fiscali, in base a quanto previsto dall’articolo 1, comma 2, della legge, come modificato dal d.l. n. 216 del 2011, spettano fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2015, e quindi per un massimo di 5 periodi di imposta e, precisamente, per quello in corso alla data di entrata in vigore della legge(2011) e per i quattro successivi (2012, 2013, 2014 e 2015).

 

Riconoscimento da parte del datore di lavoro

La richiesta dei benefici fiscali deve contenere precise indicazioni al fine di consentire al datore di lavoro di applicare i benefici fiscali previsti dalla legge n. 238 del 2010 e di darne evidenza nella dichiarazione dei sostituti di imposta e nella certificazione unica di cui all’articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322. Si ricorda che per effetto delle modifiche apportate dal d.l. n. 216 del 2011, i requisiti per l’accesso al beneficio devono essere posseduti “a partire dalla data del 20 gennaio 2009” (cfr. par. 1.1).

La richiesta deve essere presentata entro tre mesi dall’assunzione, salvo per il periodo di imposta 2011, in cui il termine decorre, per i lavoratori già assunti, dalla data di entrata in vigore del provvedimento medesimo. I benefici sono riconosciuti dal datore di lavoro dal periodo di paga successivo alla richiesta e, in sede di conguaglio, dalla data dell’assunzione. Il datore di lavoro non applica i benefici quando il lavoratore comunica il trasferimento della residenza e del domicilio all’estero, coerentemente con l’ipotesi di decadenza prevista dall’articolo 7 della legge n. 238 del 2010.

La richiesta deve essere presentata all’attuale datore di lavoro anche in caso di seconda o ulteriore assunzione (rispetto a quella per cui il lavoratore è rientrato ai sensi della norma agevolativa in esame) ovvero in caso di prima assunzione successiva allo svolgimento di una attività di lavoro autonomo o di impresa (per il cui avvio il lavoratore è rientrato in base alla medesima norma agevolativa). In detta ipotesi, la richiesta deve specificare rispettivamente la data della prima assunzione ovvero quella di avvio dell’attività di impresa o di lavoro autonomo in Italia, e contenere la dichiarazione di aver trasferito in Italia la residenza e il domicilio entro tre mesi dalla prima assunzione o dall’avvio dell’attività.

In considerazione delle modifiche normative intervenute nel 2012 e del loro effetto sul periodo di imposta 2011 (cfr. par. 1.1), in deroga a quanto sopra indicato, i sostituti di imposta procedono entro il 31 maggio 2012 al rilascio di un nuovo CUD per il periodo d’imposta 2011, riconoscendo il beneficio in sede di conguaglio, ai lavoratori interessati che, avendone i requisiti, fanno richiesta di applicazione del beneficio per il periodo di imposta 2011.

In via residuale, il soggetto interessato può presentare istanza di rimborso ai sensi dell’articolo 38 del DPR n. 602 del 1973 a un Ufficio territoriale dell’Agenzia delle entrate, allegando la documentazione rilevante a dimostrare la sussistenza dei presupposti per la fruizione del beneficio. Gli Uffici procederanno alla trattazione delle istanze non appena pervenute.

A decorrere dal periodo di imposta 2012, è comunque consentito al lavoratore di presentare la richiesta al datore di lavoro anche oltre il termine di tre mesi dall’assunzione. In questo caso è facoltà del datore di lavoro riconoscere l’applicazione del beneficio a partire dal periodo di paga successivo alla richiesta, effettuando il conguaglio per i periodi di paga precedenti che hanno diritto all’agevolazione, o dal primo periodo di paga dell’anno successivo.

 

Limiti alla erogazione dei benefici e aiuti de minimis

L’articolo 3, comma 2, della legge prevede che “i benefici di cui al comma 1 sono riconosciuti nel rispetto dei limiti fissati dal regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006, relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato agli aiuti d’importanza minore (de minimis)”.

Ciò implica, innanzitutto, che non possono fruire dell’agevolazione in esame le attività avviate nei settori specificati all’art. 1 del regolamento (CE) n. 1998/2006, in quanto non rientrano nel relativo campo di applicazione.

L’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1998/2006 stabilisce che “l’importo complessivo degli aiuti “de minimis” concessi ad una medesimaimpresa non deve superare i 200.000 EUR nell’arco di tre esercizi finanziari.

L’importo complessivo degli aiuti “de minimis” concessi ad un’impresa attiva nel settore del trasporto su strada non deve superare i 100.000 EUR nell’arco di tre esercizi finanziari”.

La nozione di impresa rilevante ai fini dell’applicazione della normativa dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato è ampia e ricomprende ogni entità, indipendentemente dalla forma giuridica rivestita, che eserciti un’attività economica. I limiti c.d. de minimis si applicano quindi alle attività produttive di reddito di lavoro autonomo e di reddito di impresa.

Sulla base di quanto previsto dal citato articolo 2, par. 2, del suddetto regolamento, l’importo degli aiuti concessi a titolo de minimis a una medesima impresa non deve superare i 200.000 euro nell’arco di tre esercizi finanziari, da intendersi come “periodi d’imposta” rilevanti in conformità alle disposizioni vigenti in materia fiscale in ciascuno degli Stati membri.

Ai fini dell’individuazione del periodo d’imposta da prendere in considerazione per il calcolo del triennio, si precisa che secondo il citato Regolamento (decimo considerando) gli aiuti de minimis dovrebbero essereconsiderati concessi nel momento in cui all’impresa è accordato, a norma delregime giuridico nazionale applicabile, il diritto giuridico di ricevere gli aiuti”.

L’agevolazione in esame, che opera come parziale imponibilità del reddito d’impresa o di lavoro autonomo, rileva nel periodo di imposta cui si riferisce la dichiarazione dei redditi in cui l’agevolazione è fruita.

Naturalmente, nella verifica del rispetto del limite occorre considerare ogni aiuto ricevuto dal lavoratore autonomo o dall’impresa concesso in base al regolamento c.d. de minimis oltre a quello in esame.

 

Divieto di cumulo con altre agevolazioni fiscali

L’articolo 3, comma 3, della legge prevede che “La fruizione dei benefici di cui al comma 1 è incompatibile con la contemporanea fruizione degli incentivi previsti dall’articolo 17 del decreto – legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, nonché del credito di imposta previsto dall’articolo 1, commi da 271 a 279, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni”.

L’articolo 17 del d.l. n. 185 del 2008, nel riprodurre sostanzialmente l’agevolazione prevista dall’articolo 3 del d.l. n. 269 del 2003 per il rientro in Italia dei ricercatori residenti all’estero, stabilisce che i redditi di lavoro dipendente o autonomo dei docenti e dei ricercatori che, in possesso dei requisiti ivi previsti, vengano a svolgere la loro attività in Italia, acquisendo la residenza fiscale del territorio dello Stato, sono imponibili, ai fini delle imposte dirette, per il 10 per cento e non concorrono alla formazione del valore della produzione netta dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). L’incentivo si applica a decorrere dal primo gennaio 2009, nel periodo d’imposta in cui il ricercatore diviene fiscalmente residente nel territorio dello Stato e nei due successivi purché permanga la residenza fiscale in Italia.

L’articolo 1, commi da 271 a 279, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, riconosce un credito di imposta in favore dei titolari di reddito di impresa che effettuino nuovi investimenti, connessi a un progetto di investimento iniziale, destinati a strutture produttive localizzate nelle aree ammissibili alle deroghe previste dall’articolo 87, par. 3, lettere a) e c), del Trattato CE, ubicate nelle regioni della Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise.

Per quanto non espressamente contemplato nella disposizione che stabilisce il divieto di cumulo, per le Entrate, i benefici in questione sono altresì incompatibili con la contemporanea fruizione dell’agevolazione prevista dall’articolo 44 del d.l. n. 78 del 2010, attesa la sostanziale omogeneità rispetto a quella introdotta dall’articolo 17 del d.l. n. 185 del 2008.

I predetti emolumenti non concorrono, altresì, alla formazione del valore della produzione netta dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). Le agevolazioni si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2011, nel periodo di imposta in cui il ricercatore o il docente diviene fiscalmente residente nel territorio dello Stato e nei due periodi di imposta successivi, sempreché permanga la residenza fiscale in Italia.

 

DECADENZA

L’articolo 7 della legge stabilisce che “Il beneficiario degli incentivi fiscali di cui all’articolo 3, comma 1, decade dal diritto agli stessi se trasferisce nuovamente la propria residenza o il proprio domicilio fuori dell’Italia prima del decorso di cinque anni dalla data della prima fruizione del beneficio. In tal caso si provvede al recupero dei benefici già fruiti, con applicazione delle relative sanzioni e interessi”.

La riportata disposizione, evidentemente, collega la decadenza dal beneficio al trasferimento della residenza o anche del solo domicilio da parte del beneficiario nei cinque anni dalla data di prima fruizione della agevolazione.

Pertanto, in caso di contratto di lavoro dipendente a tempo determinato avente scadenza anteriore al decorso del quinquennio, ovvero in ipotesi di risoluzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ovvero ancora in caso di cessazione dell’attività di lavoro autonomo o di impresa nei cinque anni dalla data di prima fruizione del beneficio, il lavoratore o la lavoratrice non decadono dall’agevolazione se non trasferiscono la residenza o il domicilio fuori dall’Italia prima del quinquennio.

 

18 maggio 2012

Roberta De Marchi