La capacità di stare in giudizio dell'ufficio: a volte il contribuente può vincere un contenzioso grazie alle formalità di firma…

partendo da una recente sentenza di Cassazione, ritorniamo su un tema sempre molto sentito nel processo tributario: quando non è valida la sottoscrizione dell’ufficio sugli atti processuali?

Con ordinanza n. 21546 del 18 ottobre 2011 (ud. 29 settembre 2011) la Corte di Cassazione ha confermato che spetta al contribuente dimostrare, laddove non si contesti la provenienza dell’atto dall’ufficio destinatario dell’impugnazione, la non appartenenza del sottoscrittore all’organico di tale ufficio ai fini della carenza di sottoscrizione.

 

Fatto e diritto: il nucleo centrale della sentenza

Nel caso di specie, si tratta nella specie di delega di firma, cioè dell’atto dispositivo col quale il direttore dell’ufficio ha delegato al capo area il potere di firmare gli atti relativi al suo settore; le competenze direttive peraltro sono delegabili (cfr. Cass. 14626/2000).

La sottoscrizione dell’atto di appello, pur non competendo a un qualsiasi funzionario sprovvisto di specifica delega da parte del titolare dell’ufficio, è validamente apposta quando proviene dal preposto al reparto competente, poichè la delega da parte del direttore può essere legittimamente conferita in anche via genera le mediante la preposizione del funzionario ad un settore dell’ufficio con competenze specifiche (Cass. 13908/2008)”.

Invero, l’art. 10 e l’art. 11 c. 2 del D.Lgs. cit., riconoscono la qualità di parte processuale e conferiscono la capacità di stare in giudizio all’ufficio finanziario nei cui confronti è proposto il ricorso, “organicamente rappresentato dal direttore o da altra persona preposta al reparto competente, da intendersi con ciò stesso delegata in via generale a sostituire il direttore nelle specifiche competenze, senza necessità di speciale procura; ne discende che, nel caso in cui non sia contestata la provenienza dell’atto d’appello dall’ufficio competente, questo deve ritenersi ammissibile, finchè non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio appellante o, comunque, l’usurpazione del potere d’impugnare la sentenza di primo grado, dovendosi altrimenti presumere che l’atto provenga dall’ufficio e ne esprima la volontà (Cass. 874/2009)”.

Per la Corte, quindi, era “onere della contribuente quello di allegare l’eventuale abusiva posizione del firmatario dell’impugnazione e di dimostrare la veridicità di tal preteso assunto (cfr. Cass. n. 21473/2007)”.

 

Brevi note

Il giudice non può, in assenza di specifica contestazione del contribuente appellato, sindacare – anche nel caso in cui essa rechi una sottoscrizione illeggibile – la riferibilità di tale autorizzazione all’organo competente, dovendo presumersi – fino a prova contraria – la sussistenza del relativo potere in capo al funzionario che l’abbia rilasciata.

Ciò in quanto l’illeggibilità/illegittimità della sottoscrizione non comporta la nullità del documento essendo, comunque, consentita la possibilità dell’identificazione del soggetto indicato come autore dell’atto e l’individuazione della provenienza dall’organo cui è attribuita la competenza.

E’ questo il pensiero della Corte di Cassazione, formalizzato nella sentenza n. 9600 del 13 marzo 2007, depositata il successivo 23 aprile 2007, con la quale la Corte, richiamando una precedente sentenza – n. 18878/2004 – ha affermato che “non può il giudice, in assenza di specifica contestazione del contribuente (appellato), ed anche se l’atto è sottoscritto con sgorbio illeggibile, sindacarne la riferibilità all’organo competente al rilascio, dovendosi presumere, in tale assenza, e fino a prova del contrario in caso di contestazione (Cass. 6 giugno 2002, n. 8166), la sussistenza del relativo potere in capo al funzionario che l’ha rilasciata. Ciò senza contare infine che è da escludere l’invalidità della sigla non leggibile apposta in calce a un documento che rechi, come nella specie, l’indicazione della qualifica del funzionario competente a emanarlo, poiché tale modalità, consentendo in caso di necessità l’identificazione del soggetto indicato come autore dell’atto, quindi l’individuazione della provenienza dall’organo cui è attribuita la competenza, è da considerare equipollente alla firma per esteso (vd., in tema di atti amministrativi informatici, Cass. 15 ottobre 2003, n. 15448)”.

Sul tema, giova segnalare ulteriori sentenze della Cassazione:

  • con sentenza n. 15048 del 05.08.2005 ha affermato che “la leggibilità della firma di un atto non è requisito essenziale ai fini dell’imputabilità della volontà dichiarativa al funzionario investito dei relativi poteri, a meno che non sussistano altri elementi tali da ingenerare dubbi circa la riferibilità del provvedimento”;

  • con la sentenza n. 24972 del 6 ottobre 2005, depositata il 25 novembre 2005, è stato ritenuto che deve presumersi legittima la sottoscrizione di un atto da parte di un delegato del funzionario responsabile, sebbene la firma del delegato risulti illeggibile.

 

In particolare, con sentenza n. 874 del 4 novembre 2008 (dep. il 15 gennaio 2009) la Corte di Cassazione aveva già affermato che la titolarità del potere di impugnazione delle sentenze delle commissioni tributarie è attribuita all’ufficio dell’Amministrazione finanziaria ed esercitata per il tramite degli organi e delle persone fisiche che ne ricoprono i relativi incarichi. Conseguentemente, ancorché in calce all’atto sia apposta una firma non leggibile deve presumersi che l’atto provenga dall’ufficio e ne costituisca manifestazione di volontà (salva la dimostrazione di usurpazione di poteri o non appartenenza del soggetto che ha vergato l’atto all’Amministrazione medesima), non essendo peraltro necessario il conferimento di una procura institoria al funzionario cui è affidata la cura del settore del contenzioso essendo sufficiente apposita delega.

La commissione tributaria regionale aveva dichiarato inammissibile l’appello, proposto dall’ufficio locale dell’agenzia delle entrate, sostenendo che legittimato ad impugnare la sentenza di primo grado sarebbe, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 11, c. 2, il direttore di tale ufficio; laddove, invece, “l’atto d’appello risulta sottoscritto dal Capo team legale e dal Capo Area Controllo (persone queste sfornite di qualsiasi legittimazione), e non dal dott. G.P., che, come si evince dal timbro apposto in calce all’atto, era il Direttore, ma, bensì, da altra persona, oltretutto non identificabile, che, dopo aver anteposto un frego al predetto timbro, ha sottoscritto l’atto con firma illeggibile. Quindi, l’atto di appello risulta proposto da persona alla quale non può essere riconosciuta la legittimazione a proporre appello, stante, in ogni caso, la mancanza anche di un’apposita procura institoria rilasciata ai sensi e per gli effetti del citato art. 77 c.p.c.“.

Per la Corte “il giudicante a quo attesta che l’atto d’impugnazione, oltre a contenere le firme del capo del settore legale e del capo area, reca in calce il timbro nominativo del direttore titolare dell’ufficio, preceduto da “un frego”, ed una sottoscrizione, illeggibile, di persona non identificabile dall’atto stesso, che avrebbe firmato in luogo di lui. Una volta acclarato che l’atto in questione è sottoscritto da persona che firma in luogo del direttore titolare, si tratta quindi di stabilire se era necessaria una procura ad hoc, se l’illeggibilità della firma possa inficiare la validità dell’atto e se, nell’un caso e nell’altro, l’eventuale invalidità sia suscettibile di sanatoria o, in mancanza, possa essere rilevata d’ufficio dal giudice”.

Infatti, l’art. 10 e l’art. 11 c. 2 del D.Lgs. n. 546 del 1992, riconoscono la qualità di parte processuale e conferiscono la capacità di stare in giudizio, nelle controversie di competenza delle commissioni tributarie, all’ufficio locale dell’agenzia fiscale nei cui confronti è proposto il ricorso, “organicamente rappresentato dal direttore (Cass. n. 6338/2008) o da altra persona preposta al reparto competente, da intendersi per ciò stesso delegata in via generale a sostituire il direttore nelle specifiche competenze (Cass. nn. 13908/2008, 3058/2008), senza necessità di speciale procura”. Nella presente causa, d’altra parte, non è contestata la provenienza dell’atto d’appello dall’ufficio competente, “sicchè le questioni relative agli effettivi poteri dell’autore di una firma illeggibile in rappresentanza dell’ente potrebbero porsi, per mera ipotesi, in chiave di non appartenenza del firmatario all’ufficio appellante o di usurpazione di tali poteri; dovendosi altrimenti presumere che l’atto provenga dall’ufficio e ne esprima la volontà (Cass. n. 12768/2006; in materia analoga, cfr. Cass. nn. 9600/2007, 7890/2007, 10773/2006, 19673/2004, 8166/2002, 2432/2001)”.

La precedente interpretazione risulta peraltro conforme al principio di effettività della tutela giurisdizionale, più volte richiamato anche dalla Corte costituzionale – oltre che da dalla Suprema Corte (S.U. nn. 3116 e 3118/2006, Cass. n. 22889/2006), che impone di ridurre al massimo le ipotesi d’inammissibilità. “In conclusione, deve ritenersi ammissibile l’atto d’appello proposto dal competente ufficio dell’agenzia delle entrate, recante in calce la firma illeggibile di un funzionario che sottoscrive in luogo del direttore titolare; finché non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio appellante o, comunque, l’usurpazione del potere d’impugnare la sentenza di primo grado”.

 

29 novembre 2011

Francesco Buetto