gli effetti di questo principio ai fini della definizione delle liti pendenti
L’articolo 39 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (la così detta “Manovra correttiva 2011”), convertito nella legge 111 del 15 luglio 2011, in vigore dal 17 luglio, ha previsto, al comma 12, la possibilità di definire le liti fiscali di valore non superiore a 20.000 euro in cui è parte l’Agenzia delle entrate, pendenti alla data del 1° maggio 2011 dinanzi alle commissioni tributarie o al giudice ordinario in ogni grado del giudizio.
La lite si considera pendente qualora non sia intervenuta sentenza passata in giudicato. Rientrano quindi in questa definizione i ricorsi in attesa del primo giudizio e quelli discussi ma per i quali non siano ancora scaduti i termini per presentare appello. L’importo da versare per la definizione, com’è noto, dipende dall’esito della discussione (10% se favorevole al contribuente, 50% se favorevole per l’Ufficio). In mancanza di decisione, si dovrà far riferimento all’ultima sentenza, ovvero, nel caso di pendenza del ricorso ancora in primo grado, la lite potrà essere definita pagando il 30%. In ogni caso, le liti pendenti di importo inferiore ai 2.000 euro potranno essere definite pagando l’importo di 150 euro.
La Corte di Cassazione ha preso in considerazione il caso di quei contribuenti che hanno opposto e discusso ricorsi avverso avvisi di accertamento teoricamente definibili attraverso condono (liti di importo inferiore ai 20.000 euro), ma che alla data del 6 luglio (data di entrata in vigore del D.L. 98/2011), la sentenza relativa non risulti depositata presso la segreteria della Commissione adita. Poiché la pubblicazione è l’atto per mezzo del quale la sentenza acquista rilevanza giuridica, ne deriva che nella fattispecie, la lite dovrà considerarsi ancora pendente, per cui il contribuente potrà definirla, con le percentuali più sopra esposte (30% se si tratta del primo giudizio), ovvero discutere di nuovo il ricorso, quando sarà chiamato a farlo.
La Corte di Cassazione nell’intento di uniformare i comportamenti delle Commissioni Tributarie ha impartito questa direttiva interna, invitando i presidenti ad emettere una ordinanza, con la quale informare i contribuenti così ipotizzati che la causa pur discussa, non risultando pubblicata la relativa sentenza, sarà rinviata a nuovo ruolo a meno che non venga definita con condono entro il termine previsto.
Cresce così il numero delle liti condonabili atteso che le Commissioni Tributarie il più delle volte tardano a depositare le sentenze, essendo considerato ordinatorio (e non perentorio) il termine per adempiervi previsto dall’articolo 37 del D.Lgs. 546/1992.[1]
23 Settembre 2011
Giampiero Della Nina
[1] 1. La sentenza è resa pubblica, nel testo integrale originale, mediante deposito nella segreteria della commissione tributaria entro trenta giorni dalla data della deliberazione. Il segretario fa risultare l’avvenuto deposito apponendo sulla sentenza la propria firma e la data.
2. Il dispositivo della sentenza è comunicato alle parti costituite entro dieci giorni dal deposito di cui al precedente comma.
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