Il finanziamento superiore al prezzo di vendita è presunzione di maggiori ricavi

il caso di un concessionario che vendeva le auto ad un prezzo inferiore rispetto al finanziamento richiesto dagli acquirenti, per i giudici tale prassi indica occultamento di ricavi

Con sentenza n. 79 del 5 agosto 2011 (ud. del 19 luglio 2011) la C.T.P. di Firenze, Sez. I – si è occupata di una fattispecie interessante, riguardante i concessionari d’auto.

 

La rettifica

AU. S.p.A., con separati ricorsi riuniti per connessione, ha impugnato cinque avvisi di accertamento emessi per gli anni dal 2003 al 2007 dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Firenze 2 – che traggono tutti origine da un processo verbale di constatazione della G.d.F. del 31.07.2008.

L’Ufficio sulla base del PVC ha rettificato le dichiarazioni Unico ai fini IRPEG, IRAP ed IVA, con recupero delle relative imposte, sanzioni ed interessi così come specificatamente indicato negli avvisi impugnati.

I militari hanno esaminato i contratti di finanziamento per l’acquisto di autovetture ed hanno riscontrato che “la società ricorrente aveva emesso fatture con importi inferiori rispetto agli importi indicati sui moduli di finanziamento sottoscritti dai clienti. Costoro avevano fatto ricorso al cosiddetto “prestito finalizzato” che consente l’erogazione da parte dell’istituto finanziatore di un importo che viene corrisposto al fine esclusivo dell’acquisto del bene indicato nel contratto. La società Au., come garante del finanziamento, ha inoltrato alla banca o istituto finanziario i moduli sottoscritti dai clienti e successivamente, una volta ricevuto l’assegno o il bonifico per il finanziamento versato a conclusione dell’istruttoria di rito, ha concluso l’affare con l’emissione della fattura”.

 

La difesa della società

La ricorrente chiede l’annullamento degli atti impugnati contestando il metodo accertativo seguito dai militari della G.d.F. e successivamente ripreso dall’Ufficio. I primi avrebbero rilevato le sole poste positive (maggior prezzo/finanziaria rispetto al prezzo fatturato) senza escludere quelle negative (minor prezzo/finanziaria rispetto al fatturato).

Il secondo avrebbe proceduto in modo presuntivo senza che nel caso ricorressero i requisiti di gravità, precisione e concordanza previsti dall’art. 2729 del c.c. e le condizioni di cui all’art. 39 c. 1 lett. a, c, d e d-bis del D.P.R. 600/73. La ricorrente sostiene, altresì, che, per prassi commerciale praticata nel settore, al fine di far ottenere al cliente l’intero importo necessario per l’acquisto, il prezzo dell’autovettura indicato sul modulo di richiesta di finanziamento veniva aumentato di un 20% circa.

Pur riconoscendo la scorrettezza di tale comportamento nei confronti soprattutto degli enti finanziatori, la società ricorrente dichiara che la somma che veniva poi erogata e ricevuta, pari all’80% dell’importo richiesto in prestito, corrispondeva in definitiva al prezzo effettivo pagato dal cliente che veniva esposto in fattura.

A sostegno di questa tesi difensiva Au. S.p.A. produce in giudizio:

1) n. 145 autocertificazioni sottoscritte da altrettanti clienti che dichiarano che il prezzo effettivamente corrisposto corrisponde a quello indicato in fattura;

2) due dichiarazioni rese dal Presidente della Confcommercio di Firenze e da un ex Direttore di Filiale della C. S.p.A. circa la prassi seguita a Firenze nel settore del commercio di auto nuove ed usate; schede clienti, listini e quotazioni della rivista specializzata Quattro Ruote.

 

A parere della ricorrente questa documentazione sconfessa la ricostruzione operata dai militari della G.d.F. che è stata ripresa acriticamente e fatta propria dall’Ufficio che non ha effettuato alcuna ulteriore indagine circa l’effettivo svolgimento delle operazioni riguardanti la vendita di auto da parte delle Concessionarie della zona. Sempre a parere della ricorrente gli importi fatturati sono sempre in linea coi valori di mercato risultanti dai dati riportati sulle riviste specializzate e tiene conto anche della usuale concessione di sconti promozionali.

 

Il pensiero dell’ufficio

L’ufficio resiste in giudizio rilevando innanzi tutto la divergenza tra fatture di vendita ed importi indicati nelle proposte di finanziamento. “Quanto sostenuto dalla società ricorrente è smentito dalle risultanze documentali acquisite nel corso della verifica operata dai militari della G.d.F. che hanno proceduto ad una ricostruzione analitica e non presuntiva di tutti i ricavi e volumi d’affari della società. I verificatori hanno controllato, caso per caso, tutti i fascicoli riguardanti nel quinquennio la compravendita di auto nuove ed usate ed hanno contestato, ai fini fiscali, le numerose sottofatturazioni per le quali non sono state fornite giustificazioni. In presenza di valori certificati come veritieri dalla stessa Au. S.p.A. che ha firmato tutta la documentazione inoltrata alle finanziarie, l’Ufficio ha ritenuto probanti e certi i valori sottoscritti. Detti valori non possono essere contestati né tantomeno smentiti con dichiarazioni rilasciate a campione da terzi. La dichiarazione testimoniale, che può valere in questo processo solo come indizio, non può certo prevalere sulle incontestabili prove documentali raccolte dalla G.d.F. a meno che queste ultime non siano dichiarate false od erronee”.

In sostanza l’Ufficio rileva:

1) circa la misura massima del finanziamento erogabile da parte delle società di credito al consumo, la mancata produzione in giudizio da parte della Concessionaria Au. S.p.A. di qualsivoglia documento contrattuale chiarificatore dei rapporti intrattenuti con gli Enti finanziatori che riconoscevano al “proponente” anche un compenso per l’opera prestata;

2) il limitato valore probatorio delle dichiarazioni rese dai clienti interpellati a campione perché riguardanti sia importi irrisori rispetto all’entità delle somme in contestazione sia valori difformi rispetto a quelli precedentemente dichiarati ed attestati come veritieri;

3) l’attendibilità ed esattezza di tutti i dati emergenti dal controllo della documentazione dell’archivio clienti e delle schede contabili interne che hanno permesso una ricostruzione analitica delle indebite sottofatturazioni. Soltanto per l’annualità 2005, l’Ufficio riconosce la fondatezza del reclamo concernente un errore materiale riscontrato sul tabulato redatto dalla G.d.F. che ha trascritto 170000 in luogo di 17000 determinando così un maggior imponibile di € 153.000 che andrà detratto.

 

Motivi della decisione

Per giudici fiorentini i ricorsi riuniti non possono trovare accoglimento; soltanto per il 2005, in conseguenza dell’errore materiale riconosciuto dallo stesso Ufficio, le imposte accertate debbono essere ricalcolate previa riduzione dell’imponibile per detta annualità di € 153.000.

In questo processo la società ricorrente ha cercato di dimostrare che la ricostruzione operata in sede di verifica dai militari della G.d.F. non sarebbe attendibile perché deriverebbe da una mera sottrazione matematica tra il maggior valore dichiarato sulle proposte di finanziamento ed il minor prezzo fatturato all’acquirente. Questa tesi non può essere condivisa. Dalle risultanze degli atti processuali si rileva come i verificatori fiscali, abbiano tenuto conto invece di tutti i presupposti di fatto e di diritto inerenti le operazioni di compravendita di auto nuove ed usate (ved. pagg. 7 ed 8 del PVC del 31.07.2008). Hanno controllato “sistematicamente” tutte le cessioni, trasferendo per le cinque annualità verificate, i risultati emersi, su dei prospetti riepilogativi. Questi riepiloghi dunque non discendono unicamente da una semplice operazione matematica ma sono frutto di una più difficile e complessa operazione di riconciliazione di dati contabili ed extra contabili che ha comportato l’individuazione delle operazioni non regolari e l’esclusione dal computo di tutte le operazioni risultate regolari. I dati emersi sui tabulati riepilogativi dimostrano in modo più che convincente come nella maggior parte dei casi gli importi annotati nella contabilità aziendale dalla Au. S.p.A. fossero inferiori al prezzo indicato sui rispettivi moduli di finanziamento con una percentuale media di scostamento che si aggira intorno al 20%. La Concessionaria Au., nella figura di intermediario tra il proprio cliente e le società di credito al consumo ha sottoscritto tutti i documenti di finanziamento che pertanto hanno significativamente assunto valenza probatoria ai fini fiscali”.

Per i giudici si è in presenza “di dati/valori attendibili perché inseriti su documenti sottoscritti anche dalla Concessionaria che così ha garantito la provenienza e la veridicità delle dichiarazioni rese dai clienti per ottenere i finanziamenti. Di fronte a così numerosi documenti che hanno trovato riscontro e concordanza nei dati registrati sulle schede contabili interne, la ricorrente oppone alcune dichiarazioni di scarso valore perché limitate nel numero rispetto al totale delle vendite e dei contratti realizzati nel quinquennio e poco rappresentative per i modesti importi autocertificati rispetto alla notevole entità della somme in contestazione”.

Anche la censura mossa all’Ufficio di aver proceduto all’accertamento sulla base di una presunzione avulsa dalla realtà, non è fondata. “Ad avviso di questa Commissione la pretesa tributaria è del tutto giustificata e trae fondamento da tutte le operazioni di sottofatturazione accertate e contestate con la verifica fiscale della Guardia di Finanza. Gli accertamenti impugnati sono dunque legittimi perché la società ricorrente ha emesso fatture per importi inferiori a quelli effettivamente realizzati con il commercio delle auto”.

 

Brevi note

L’operazione descritta appare complessa ma di fatto è assai semplice, e limpidamente descritta dai verbalizzanti.

L’auto viene acquistata e fatturata per 10 mila euro e il finanziamento è di 12 mila euro. La differenza viene ripresa a tassazione quale maggior ricavo non contabilizzato.

Qui più che di una presunzione ci troviamo di fronte a dei dati certi che sono difficilmente smentibili.

Se al cliente l’autovettura costa 10 mila euro che necessità ha lo stesso cliente di ottenere un finanziamento superiore ?

E’ vero che nella prassi commerciale, specialmente in un certo periodo storico, il cliente, attraverso il finanziamento dell’acquisto dell’autovettura, si autofinanziava, ma è pur vero che ciò va provato.

Spesso magari si chiedeva un finanziamento maggiore o per procedere a lavori sulla stessa autovettura, ovvero per chiudere altri debiti contratti altrove.

Ma le carte parlano ai fini fiscali. E in queste ipotesi c’è poco scampo per il contribuente.

 

30 settembre 2011

Roberta De Marchi