Autotutela: si annulla e si sostituisce

quali sono i limiti al potere di annullamento e sostituzione di un atto quando è già in corso il contenzioso?

Con sentenza n. 9197 del 21 aprile 2011 (ud. del 10 febbraio 2011) la Corte di Cassazione è intervenuta nuovamente sulla questione relativa all’annullamento e sostituzione degli atti di accertamento operando un corretto distinguo tra autotutela ed esercizio del potere integrativo di accertamento.

 

Il fatto

La B.S.M. s.p.a. (già Cassa Rurale di depositi e prestiti di F., con sede legale in San Marino e priva di stabile organizzazione in Italia) propose ricorsi avverso avvisi di accertamento Irpeg ed Ilor, per gli anni dal 1984 al 1990, notificatile dall’Ufficio distrettuale delle imposte dirette di Roma.

Gli avvisi erano stati emessi dopo che atti del tutto identici quanto a contestazioni ed annualità, notificati dall’allora Ufficio delle imposte dirette di Rimini, erano stati dichiarati illegittimi dalla locale Commissione tributaria, a seguito del ricorso della società contribuente, per ritenuta incompetenza territoriale dell’ufficio che li aveva emessi.

Investita della cognizione dei nuovi (ma identici) avvisi, la CTP di Roma ritenne, invece, incompetente l’Ufficio di Roma e di conseguenza, riuniti i ricorsi, li accolse, annullando gli avvisi di accertamento devolutile, con decisione confermata, in esito all’appello dell’Ufficio, dalla CTR del Lazio.

A seguito di ricorso per cassazione promosso dall’Agenzia delle Entrate, la decisione di appello fu, tuttavia, cassata con rinvio (con sent. Cass. n. 8962/03) ritenendo competente l’Ufficio di Roma all’emissione dei provvedimenti impugnati (sul presupposto che, in relazione a contribuente non persona fisica priva di sede e di stabile organizzazione in Italia, deve farsi riferimento al criterio residuale del luogo di svolgimento della prevalente attività e non a quello del domicilio fiscale del legale rappresentante dell’ente in Italia).

Investita in sede di rinvio, la commissione regionale del Lazio, accolse l’appello della società contribuente, affermando, per quel che qui ci interessa, l’illegittimità degli accertamenti, poiché la rinnovazione degli avvisi di accertamento da parte dell’Ufficio delle Imposte di Roma, mentre erano ancora sub iudice i precedenti identici avvisi emessi dall’Ufficio di Rimini (ed impugnati davanti alla locale commissione tributaria), non era consentita in base al combinato disposto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 67, che pone il divieto di plurima imposizione in dipendenza dello stesso presupposto, e dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, c. 3, il quale, ai fini dell’integrazione dell’accertamento, presuppone fatti o elementi nuovi di cui l’Amministrazione Finanziaria sia venuta a conoscenza in un secondo momento, nella specie insussistenti.

 

I passi salienti della sentenza

La Corte, in primis, rileva che il giudice a quo (con affermazione che trova riscontro peraltro anche in una pronunzia della Corte: cfr. Cass. n. 3951/02) ha sostanzialmente affermato che, “ancorchè annullato in sede giurisdizionale (con sentenza, tuttavia, non ancora definitiva), un avviso di accertamento non può essere sostituito dall’Amministrazione finanziaria con altro del medesimo contenuto, con cui si ponga rimedio ai vizi o alle carenze riscontrati nel primo, senza che, nel contempo, non si proceda ad esplicito formale annullamento, in via di autotutela, dell’avviso precedentemente emesso. Ciò in ossequio al combinato disposto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 67, che sancisce il divieto di plurima imposizione in dipendenza dello stesso presupposto, e dell’art. 43, comma 3, del medesimo testo normativo, che pone quale indefettibile presupposto dell’integrazione dell’accertamento la ricorrenza di fatti o elementi nuovi di cui l’Amministrazione Finanziaria sia venuta a conoscenza in un secondo momento”.

Tale impostazione non viene condivisa dalla Suprema Corte che reputa, viceversa, di aderire ad un indirizzo opposto, pure riscontrabile nella giurisprudenza della Corte. “Tale indirizzo (cfr. Cass. nn. 11460/10, 14377/07, 16792/02) muove dal rilievo che l’avviso di accertamento emesso in sostituzione di un altro precedente annullato in sede giurisdizionale, costituisce espressione di un potere propriamente “sostitutivo”, che non può essere ricondotto al potere “di integrazione” dell’accertamento di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, di tal che non presuppone la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi (prescritta dalla disposizione richiamata), ma può aver luogo anche sulla base di una diversa e più approfondita valutazione degli elementi già a conoscenza dell’Ufficio. Ciò posto, l’orientamento condiviso riconduce convincentemente detto potere “di sostituzione” all’esercizio, in combinazione, dell’ordinario potere di accertamento (che l’emanazione dell’atto poi sostituito, di per sè, non consuma, venendo esso meno solo in conseguenza della scadenza del correlativo termine di decadenza ovvero dell’eventuale formazione di giudicato sulla pretesa impositiva) e del generale potere di autotutela”.

Prosegue la sentenza: “Considerato che, a fronte di un atto viziato, e come tale annullato in sede giurisdizionale, quest’ultimo non presenta margini di discrezionalità, ne inferisce, quindi, che l’emissione, nell’esercizio del suddetto potere di sostituzione, di un nuovo avviso di accertamento in luogo di uno precedente illegittimo e annullato in sede giurisdizionale (seppure con decisione non definitiva) non può che implicare, ad un tempo ed automaticamente, la definitiva caducazione dell’avviso sostituito, attraverso la presa d’atto della relativa illegittimità. Nè possono, d’altro canto, paventarsi indebite interferenze con il divieto di plurima imposizione in dipendenza dello stesso presupposto sancito dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 67 (a salvaguardia del quale la giurisprudenza generalmente subordina la legittimità della sostituzione all’annullamento dell’atto sostituito), giacchè, quand’anche per avventura ulteriormente coltivato (cosa, peraltro, nella specie non avvenuta, a riprova dell’abbandono da parte dell’Amministrazione degli atti emessi dall’Ufficio di Rimini), il giudizio relativo al primo avviso non potrebbe che, conseguentemente, sfociare in una declaratoria di cessazione della materia del contendere, essendo venuto meno, con la sostituzione, ogni interesse ad una decisione relativa ad un atto (il primo avviso) ormai deprivato di ogni portata impositiva, esclusivamente concentratasi, per la sostituzione, nell’avviso che lo ha rimpiazzato”.

 

Nostre brevi riflessioni

La sentenza che si annota va sulla scia di un orientamento ormai consolidato1 e peraltro recentemente ribadito – sentenza n. 4372 del 23 febbraio 2011 (ud. del 4 novembre 2010) – che ha confermato la legittimità dell’esercizio del potere di autotutela, con rimozione di un atto di accertamento illegittimo e contestuale sostituzione con un nuovo provvedimento diversamente strutturato.

In tale sentenza la Corte opera un preciso distinguo: “il potere di accertamento integrativo ha per presupposto un atto (l’avviso di accertamento originariamente adottato) che continua ad esistere e non viene sostituito dal nuovo avviso di accertamento, il quale, nella ricorrenza del presupposto della conoscenza di nuovi elementi da parte dell’ufficio, integra e modifica l’oggetto ed il contenuto del primitivo atto cooperando all’integrale determinazione progressiva dell’oggetto dell’imposta, conservando ciascun atto la propria autonoma esistenza ed efficacia, con tutte le conseguenze che ne derivano anche in tema di impugnazione. L’atto di autotutela, al contrario, assume ad oggetto un precedente atto di accertamento che è illegittimo, ed al quale si sostituisce con innovazioni che possono investire tutti gli elementi strutturali dell’atto, costituiti dai destinatari, dall’oggetto e dal contenuto e può condurre alla mera eliminazione dal mondo giuridico, del precedente o alla sua eliminazione ed alla sua contestuale sostituzione con un nuovo provvedimento diversamente strutturato (Cass., 22 febbraio 2002, n. 25; V. anche Cass., 7 luglio 2009, n. 15874)”.

Resta fermo, osserva la Corte, che il corretto esercizio del potere di autotutela “presuppone la mancata formazione del giudicato e la mancata scadenza del termine decadenziale fissato per l’accertamento (Cass., 26 marzo 2010, n. 7335; Cass., 22 febbraio 2002, n. 2531)”.

Su tale aspetto è ormai concorde la giurisprudenza, riconoscendo la facoltà di procedere alla sostituzione dell’atto, entro i termini di decadenza ed anche in pendenza di giudizio, collegandola all’esercizio del potere di autotutela spettante all’Amministrazione, con il solo limite dell’eventuale giudicato formatosi in ordine al precedente atto nullo2.

Né la proposizione del ricorso si pone ” come fattore ostativo alla rimozione dell’avviso nullo “, non sussistendo ancora, in assenza di giudicato, alcun diritto definitivamente acquisito dal contribuente3. Anzi il Consiglio di Stato non ha mancato di rilevare che la notificazione del ricorso ha innanzi tutto ” roprio la finalità di esercitare lo ius poenitendi dell’Amministrazione nella direzione richiesta dal gravame”4.

Per completezza si rileva che la Commissione tributaria Centrale5 ha ritenuto che l’emissione di un nuovo avviso di accertamento comporta l’automatico annullamento dell’avviso originario, in quanto deve ritenersi che l’ufficio si sia avvalso del potere di autotutela, in quanto lo stesso ha il potere di integrare o modificare gli accertamenti entro i termini di decadenza (oltre che in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi) solo nell’esercizio del potere di riesame del proprio operato6.

Nei casi sopra indicati siamo, quindi, fuori dall’ipotesi disciplinata dall’art.43, del D.P.R. n. 600/73, che attiene, invece, all’integrazione o alla modificazione di un precedente avviso già valido o completo di per sé e non all’annullamento o all’integrale sostituzione di un atto giuridico nullo, il quale di per sé è insuscettibile di integrazione o modificazione.

 

27 settembre 2011

Gianfranco Antico

1 Cfr. Cass. sentenza n.11114 del 15 gennaio 2003, depositata il 16 luglio 2003, che distingue le condizioni ed i limiti dell’autotutela – quale possibilità per l’Amministrazione finanziaria di sostituire un atto che, successivamente alla sua emanazione, ravvisi illegittimo, con altro atto emendato dei vizi – da quella in cui l’Amministrazione proceda ad integrazione o modifica di un precedente avviso di accertamento per la sopraggiunta conoscenza di nuovi elementi che determinano una maggiore pretesa tributaria, ex art.43 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

2 Cfr. Cass. Sez.Unite, 17.03.89, n.1333; Cass.Sez.I, 21.08.93, n.8854; Sez.I, 30.08.93,n.9196.

3 Cass.Sez.I, 8 aprile 1992, n.4303.

4 Sez.V, n.789, del 22.06.97.

5 Sez.VIII, 04.06.97, n.2909.

6 Cfr fra le altre Sez.IV, 18 marzo 1995, n.1154; Sez.VII, 8 maggio 1997, n.2197; Sez.VIII, 7 aprile 1998, n.4183.