Finanziare le start-up

analizziamo i principali problemi che s’incontrano nella creazione di una nuova impresa e nella raccolta del capitale necessario agli investimenti iniziali (Riccardo Ferranti)

Finanziare le startup

Avviare un’impresa è il sogno di molte persone che hanno acquisito conoscenze e competenze in un determinato settore e che intravedono in quel mercato opportunità interessanti da sfruttare. Il principale ostacolo è, nella maggioranza dei casi, sempre lo stesso: dove trovare i soldi che servono per avviare l’azienda?

Lo startup di un’azienda è un periodo nel quale la società si propone sul mercato con forti capacità tecniche proprie, con un altrettanto forte bisogno di capitali e con scarsa esperienza e pochi beni da porre come garanzia per ottenere credito.

Il fabbisogno di mezzi finanziari ovviamente tuttavia non si esaurisce con il superamento della fase di startup, occorrendo denaro anche per supportare la “fase di crociera” e gli eventuali programmi di sviluppo o di ristrutturazione successivi. Vediamo pertanto da dove arriva la necessità di capitali liquidi:

dall’acquisto in immobilizzazioni (acquisto terreni, fabbricati, impianti, attrezzature…)

dall’acquisto fattori produttivi (materie prime, semilavorati, servizi, lavoro,…)

dal pagamento di oneri fiscali e previdenziali (pagamento imposte e tasse, contributi…)

dai rimborsi di prestiti a breve – medio – lungo termine.

L’esame di partenza deve essere sempre quello che porta alla corretta determinazione di cosa serve (personale, professionalità esterne, beni strumentali, servizi, tecnologie…), di quanto costano queste risorse e infine determinare la dotazione di risorse finanziarie necessarie al decollo dell’iniziativa imprenditoriale.

Con questo articolo intendo approfondire la varietà delle forme di finanziamento cui è possibile rivolgersi proprio nella fase di startup delle imprese, a prescindere dalla tipologia di attività economica da svolgere.

Il finanziamento delle imprese si realizza in due forme principali: patrimonio (fonti interne) e debito (fonti esterne), con questo articolo darò maggiore rilevanza alle fonti esterne più complesse da ottenere rispetto a quelle interne.

 

1. Finanziamenti interni:

Capitale proprio: questa tipologia di finanziamento è, rispetto alle ad, generalmente più semplice e la più veloce non presentando le tipiche problematiche connesse con il finanziamento esterno (istruttoria bancaria, valore delle garanzie, piano di rimborso…). Il capitale delle imprese, (composto dai conferimenti effettuati dal titolare o dai

soci al momento della costituzione dell’azienda), essendo un finanziamento senza scadenza presenta tra i vantaggi quello relativo alla durata, poiché resta vincolato all’azienda per tutta la durata dell’impresa. Esso rappresenta il principale strumento cui rivolgersi quando si hanno difficoltà a reperire mezzi di debito.

Il finanziamento dei soci rappresenta un debito che la società ha nei confronti di uno o più soci che hanno prestato denaro alla propria società. A differenza del capitale proprio questo prestito è limitato ad un arco temporale più o meno definito, e deve essere rimborsato ai soci finanziatori; non è soggetto al rischio d’impresa se non limitatamente (Se l’impresa fallisce i soci creditori hanno diritto ad essere rimborsati soltanto dopo aver soddisfatto gli altri creditori). È un tipo di finanziamento che il codice civile disciplina e limita e può essere fruttifero di interessi o infruttifero (di deafult).

 

2. Finanziamenti esterni

Prima di addentrarmi nell’analisi delle altre fonti esterne è necessario però fare qualche considerazione in proposito: il presente articolo ha come obiettivo la trattazione esclusiva dei finanziamenti per le startup che essendo tali non hanno alcun passato alle spalle (lo possono avere i soci però) e pertanto non possiedono quei requisiti generalmente richiesti per l’accesso al credito bancario ovvero la redditività dell’attività economica svolta, la capacità di generare flussi di cassa e solidità patrimoniale. Sulla base di ciò le startup sono solitamente escluse dal credito bancario, tuttavia in taluni casi anche alle startup sono dedicate linee di credito particolari e pertanto ho ritenuto importante descrivere anche le caratteristiche del capitale di debito.

Capitale di debito: è rappresentato da mezzi finanziari apportati a titolo provvisorio da soggetti che non fanno parte della compagine sociale. La forma più importante è il credito bancario.

In base alla durata i finanziamenti di capitale di debito possono essere:

– Finanziamenti a breve termine (fino a 18 mesi) come aperture di credito in c/c;

– Finanziamenti a medio termine (da 18 mesi a 5 anni) come i prestiti obbligazionari (che possono anche superare i 5 anni);

– Finanziamenti a lungo termine (oltre 5 anni) come i mutui o i leasing.

Apertura di credito: è una concessione di fido bancario entro un limite d’importo definito.

Le obbligazioni: sono titoli di debito emessi da società di capitali per ottenere un prestito dagli obbligazionisti senza ricorrere a finanziamenti bancari. Rappresentano pertanto prestiti che gli obbligazionisti fanno alle società.

Il ricorso al capitale di debito di lungo periodo è necessario quando ci si appresta a realizzare un importante investimento di tipo produttivo (e dunque non per saldare altri debiti o per acquisti correnti). Il finanziamento bancario è pari comunemente al 75% del valore del bene per l’acquisto di attrezzature e impianti, al 70% del valore del bene se si tratta dell’acquisto di un immobile, non supera il 50% del valore del bene se è un immobile in costruzione. L’erogazione avviene o in un’unica soluzione anticipata o per stato avanzamento lavori.

Per tali prestiti sono necessarie garanzie che consentono alla banca di recuperare le somme prestate in caso di insolvenza da parte del debitore. Le garanzie possono essere di due tipi: reali, ovvero il pegno su beni mobili ovvero un diritto che vanta la banca sui beni e ipoteca sui beni immobili cioè un diritto della banca di subentrare nella titolarità del bene e di venderlo per recuperare il prestito. L’altro tipo di garanzie sono quelle personali, ovvero le fideiussioni che possono prestare una banca, persone terze, consorzi fidi. Con la fideiussione un soggetto diverso dal debitore garantisce l’adempimento del debito. Nel caso dell’intervento dei Confidi o di altri strumenti (come ad esempio il Fondo Centrale di Garanzia per le pmi) le banche, in caso di insolvenza del debitore, possono ottenere il recupero del credito da questi istituti fino ai limiti previsti: il 60% per i Confidi e l’80% per il Fondo di Garanzia.

Il leasing consente ad una impresa di locare un bene mobile o immobile per un tot di anni da una società che lo acquista per conto dell’impresa locataria. Alla scadenza del contratto di locazione la locataria può scegliere se acquistare il bene pagando la differenza, restituire il bene o prorogare il termine del contratto di locazione. Il leasing consente di ottenere diversi vantaggi sotto diversi profili: fiscale attraverso la deduzione dei canoni, è una pratica più veloce rispetto al credito bancario a medio lungo termine, evita l’obsolescenza dei beni utilizzati, finanzia l’intero valore dei beni, consente di migliorare la performance finanziaria non richiedendo ingenti quantitativi di denaro da utilizzare in un’unica soluzione, non prevede la concessione di garanzie reali e pertanto non intacca le eventuali proprietà aziendali. Gli svantaggi sono invece da imputare innanzitutto al costo (il tasso di interesse da pagare è più alto dei prestiti bancari) e al fatto che non dà la reale proprietà del bene e pertanto non può essere venduto in caso di necessità.

A questo punto sorge una domanda: come scegliere tra un prestito bancario a lungo termine e un leasing? Tale scelta deve essere fatta tenendo in considerazione l’importo del bene da finanziare (una cosa è l’acquisto di un immobile, un’altra l’acquisto di un macchinario), la natura del bene da finanziare, gli aspetti fiscali e contabili e la situazione economica, finanziaria e patrimoniale dell’azienda.

Certamente con il prestito bancario, ad esempio un mutuo ipotecario, si può capitalizzare l’intero valore del bene migliorando le attività fisse immobilizzate, si ottiene un tasso di interesse migliore però tale credito finanzia solo parte del valore del bene ed è pertanto necessario trovare altri finanziamenti per la copertura finanziaria della parte non coperta dal credito. Il leasing invece permette alla startup di pianificare strategicamente gli esborsi finanziari in modo da poter ottenere risultati migliori dal punto di vista del cashflow. In tal senso la possibilità di stabilire con la società di leasing un canone iniziale più o meno elevato consente alla startup di creare un piano di ammortamento efficace.

Il leasing consente di recuperare l’investimento in meno anni rispetto a quanto consente di fare l’ammortamento fiscale nel caso di mutuo, finanzia l’intero valore del bene e consente di aggiornare costantemente il bene finanziato. Il contraltare è invece rappresentato da oneri accessori (assicurazioni ad esempio) che a seconda dei casi possono essere più o meno onerosi.

 

Business angels: sono persone che apportano all’azienda capitale di rischio per un certo numero di anni comunemente dai 3 ai 5, esperienza/competenza di management e una rete di contatti. Divenendone soci di minoranza partecipano alla gestione dell’impresa investita. Non si tratta di finanziamenti in forma di credito poiché non devono essere ripagati ad un data certa e non fruttano interessi al creditore.

L’investimento può essere fatto singolarmente, e in tal caso può variare dai € 25.000 a € 250.000 per impresa o in gruppo (sindacati) con investimenti ben più importanti. L’interesse dei BA è in genere per le imprese in fase di startup o che presentano un forte potenziale di crescita tale da consentire un ritorno elevato sull’investimento.

I business angels intervengono spesso quando le condizioni dell’azienda sono tali da impedire l’accesso al credito bancario o ad esempio perché si tratta di una startup priva di bilanci pregressi o di aziende già avviate con indebitamento già elevato o di aziende a scarsa capitalizzazione.

Sbagliamo però se consideriamo i BA come esclusivi finanziatori delle imprese in quanto il loro apporto di competenze, solitamente in finanza e gestione di investimenti, e di contatti si rivela spesso importante tanto quanto il finanziamento stesso.

I BA rispondono in pratica alle esigenze dei neoimprenditori in virtù delle difficoltà nel reperire capitali. Le banche hanno una naturale avversione per il rischio che tende ad aumentare con i progetti basati sull’innovazione. Per questo motivo esse dimostrano interesse a collaborare con i BA, affiancandoli nel finanziamento di imprese in fase di avvio.

I vantaggi dell’intervento dei BA possono essere ricondotti a:

D apporto finanziario,

D valore aggiunto dal punto di vista manageriale

D apporto di garanzie per le banche.

Gli investimenti dei BA sono una valida alternativa al tradizionale credito bancario poiché l’ investitore non richiede garanzie, ma diventa imprenditore come gli altri soci. L’obiettivo dell’investitore è quello di ottenere un buon guadagno con gli utili conseguiti durante gli anni di permanenza in azienda.

Rispetto ai venture capitalist (che vedremo in seguito), partecipano con investimenti ridotti e non hanno settori economici “esclusivi”, generalmente internet e tech, ma si rivolgono a imprese di diversi settori.

Molto sviluppate sono le reti dei business angels che si occupano di propagandare l’attività dei BA e si attivano nell’incontro tra la domanda di capitale (aziende e imprenditori) e l’offerta di capitale (business angels appunto).

Esiste anche la figura di business angel finanziario che, a differenza del tradizionale BA, investe nel capitale di rischio senza avere coinvolgimenti nell’attività di gestione strategica dell’azienda stessa limitandosi a svolgere ruoli di controllo.

 

Venture capital: anche in questo caso siamo in presenza di investitori nel capitale di rischio in società con forte potenziale di crescita che danno valore aggiunto alle società investite sotto forma di consulenza direzionale e strategica. Le caratteristiche sono pertanto riconducibili a:

D una provvista di capitale di rischio,

D la partecipazione alla gestione,

D profitti superiori al finanziamento per ripagare il rischio.

Rispetto ai BA i venture capitalists effettuano investimenti più grossi e di durata anche più lunga. Proprio per il rischio che l’investitore corre questi dedica tempo e risorse per monitorare l’investimento e per fare in modo che possa fruttare più possibile.

I VC possono intervenire in diverse fasi della vita di una azienda, durante la fase del cosiddetto seed, ovvero quella definita come la fase di sviluppo iniziale del prodotto/servizio o come la fase di ricerca di capitale per testare un progetto e, successivamente, procedere allo startup, che comporta un investimento piuttosto lungo e particolarmente rischioso.

Una seconda fase rappresentata dallo startup, dove il capitale serve a finanziare lo sviluppo del prodotto/servizio, le attività di produzione del prodotto e l’avvio del marketing. La scelta se investire in una startup o meno viene presa sulla base di numerosi elementi: la cultura organizzativa dei proponenti, sui loro curricula e competenze acquisite, sulla capacità di comunicazione interna e di prendere decisioni, sul sistema organizzativo,… oltre che sulle previsioni di mercato.

Una volta presa la decisione di investire in un progetto i VC definirà gli accordi con i proponenti relativamente alle condizioni di governance poste per entrare in azienda.

 

13 maggio 2011

Riccardo Ferranti