L'alluvione non libera il contribuente dall'onere probatorio

la perdita della contabilità, anche per cause di forza maggiore, non blocca l’accertamento

Con Ordinanza n. 1968 del 27 gennaio 2011 (ud. del 14 dicembre 2010) la Corte di Cassazione si è occupata della detraibilità o meno dell’Iva, in assenza di documentazione, persa a causa di una alluvione.

La questione è stata sottoposta all’attenzione dei Massimi giudici, da parte dell’Agenzia delle Entrate, poiché il giudice di secondo grado aveva ritenuto attendibile che la contribuente versasse nell’impossibilità di esibire la documentazione contabile e fiscale comprovante il diritto alla detrazione contestata, per averne fatto denunzia di distruzione a seguito del verificarsi di un alluvione.

Il principio della Corte

Il principio affermato dalla Corte è il seguente: “in tema di IVA, ove l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione dell’imposta pagata per l’acquisizione di beni o servizi, spetta al contribuente l’onere di provare la legittimità e la correttezza della detrazione mediante l’esibizione delle corrispondenti fatture annotate nell’apposito registro, onere della prova che, in caso di sopravvenuta distruzione o sottrazione dei documenti contabili, si traduce nel dovere di ricostruire per quanto possibile il contenuto delle fatture distrutte (Cass. n. 1650/2010)“.

I precedenti

La Corte è intervenuta in materia con diverse pronunce.

  • Con sentenza n. 1650 del 27 gennaio 2010 (ud. del 3 dicembre 2009) la Corte di Cassazione aveva già confermato il principio secondo cui il furto della documentazione contabile non libera il contribuente dall’onere probatorio, consentendogli, di converso, l’utilizzo di qualsiasi strumento, anche testimoniale. “ Secondo il consolidato orientamento di questa S.C., nella disciplina dell’IVA, di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, la deducibilità dell’imposta pagata dal contribuente (in sede di rivalsa) per l’acquisizione di beni o servizi inerenti all’esercizio dell’impresa (art. 19) postula che il contribuente stesso sia in possesso delle relative fatture, le annoti in apposito registro (art. 25), ed inoltre conservi le une e l’altro (art. 39); l’ufficio, in presenza di una denuncia annuale che faccia valere le suddette poste a credito, è legittimato ed è tenuto all’accertamento in rettifica, depennando tali poste, ove non trovino rispondenza in quelle fatture ed in quel registro (art. 54, comma 2). Detta disciplina, quindi, si conforma al criterio secondo cui la dimostrazione dei fatti costitutivi di un credito deve essere offerta da chi lo faccia valere, e, sul piano probatorio, introduce limitazioni ai mezzi di prova, esigendo atti scritti, compilati e tenuti con specifiche modalità. La citata normativa, peraltro, non si occupa dell’ipotesi dell’incolpevole impossibilità di produrre gli indicati scritti (come nella specie, per averne denunziato il furto). Pertanto, ove il contribuente dimostri di essere nell’impossibilità di acquisire presso i fornitori dei beni o dei servizi copia delle fatture, si deve fare riferimento alla regola generale fissata dall’art. 2724 c.c., n. 3. Secondo tale disposizione la perdita senza colpa del documento, che occorra alla parte per attestare una circostanza a lei favorevole, non integra ragione di esenzione dall’onere della prova, né sposta il medesimo sulla controparte, ma rileva esclusivamente come situazione che autorizza la prova per testimoni (o per presunzioni), in deroga ai limiti per essa previsti. In applicazione della suddetta norma, è da ritenersi che l’incolpevole perdita della contabilità non introduca una presunzione di veridicità di quanto in proposito denunciato dal contribuente agli organi di polizia, sì che un’autodichiarazione del contribuente avente ad oggetto un elenco di dette fatture, ancorché dettagliato, è insufficiente al fine, dovendo tale indizio trovare conferma testimoniale o presuntiva, se non è possibile il riscontro con le fatture emesse tramite la tenuta della regolare contabilità del soggetto emittente delle stesse (Cass. nn. 18019/09, 9919/08, 21233/06, 13605/03)”. Pertanto, il richiamo alla “forza maggiore” – determinata dal furto che avrebbe impedito la produzione della “contabilità” alla Guardia di Finanza – effettuato dal giudice di secondo grado integra, oltre che il vizio di motivazione, “anche un palese errore di diritto in ordine alla disciplina della sussistenza dei presupposti dell’accertamento induttivo, perché l’affermazione contrasta con i riferiti principi, reiteratamente affermati da questa Corte e da ribadire, non essendo emerse convincenti argomentazioni contrarie. Nella specie, il soggetto avrebbe dovuto provare di avere smarrito incolpevolmente i documenti ed, al fine di fornire tale dimostrazione, non era sufficiente la deduzione di aver denunziato il furto della stessa. È stato, peraltro, puntualizzato che la perdita incolpevole della documentazione, di per sé ed in assenza di elementi di riscontro, non può giustificare i costi: l’onere di provare i fatti che legittimano il riconoscimento dei costi grava sul contribuente; quando costui non è in grado di dimostrare la fonte che giustifica la detrazione per avere denunciato un furto della contabilità, non spetta all’amministrazione di operare un esame incrociato dei dati contabili ma al contribuente di attivarsi, attraverso la ricostruzione del contenuto delle fatture emesse; con l’acquisizione, presso i fornitori, della copia delle medesime (Cass n. 9919/08, cit.); né una denuncia di furto è di per se stessa sufficiente a dare prova dei fatti controversi, se priva della precisa indicazione riguardante le singole fatture e il loro contenuto (Cass. n. 13605/03, cit.)”. Da tali principi discende, altresì, l’erroneit

    à della tesi – anch’essa accolta nella sentenza impugnata – per la quale la denunzia di furto (come di smarrimento o di perdita incolpevole) della documentazione contabile esoneri il contribuente dall’obbligo di provare la deducibilità dei costi, esposti in dichiarazione, che si assume desumibile da quella documentazione.

  • Con la sentenza n. 587 del 15 gennaio 2010 (ud. del 5 novembre 2009) la Corte di Cassazione aveva già avuto modo di affermare che, nel processo tributario, “nel caso in cui il contribuente si trovi nell’incolpevole impossibilità di produrre documentazione contabile a prova contraria (a causa di furto o, come nella fattispecie, di incendio), trova applicazione la regola generale prevista dall’art. 2724 cod. civ., n. 3, secondo cui la perdita incolpevole del documento occorrente alla parte per attestare una circostanza a lei favorevole non costituisce motivo di esenzione dall’onere della prova, né trasferisce lo stesso a carico dell’Ufficio, ma autorizza soltanto il ricorso alla prova per testimoni o per presunzioni, in deroga ai limiti per essa stabiliti (Cass. nn. 10174/1995, 13605/2003, 21233/2006)”.

In pratica, la perdita incolpevole del documento occorrente alla parte per attestare una circostanza a lei favorevole non costituisce motivo di esenzione dall’onere della prova, nè trasferisce lo stesso a carico dell’Ufficio.

Sul punto si veda la sentenza n. 9919 del 23 gennaio 2008 (dep. il 16 aprile 2008), ove la Corte di Cassazione ha ritenuto che l’onere probatorio possa essere assolto “attraverso la ricostruzione del contenuto delle fatture emesse, con l’acquisizione – presso i fornitori – della copia delle medesime”.

11 marzo 2011

Francesco Buetto