Il patto di prova e le dimissioni nel rapporto di lavoro in prova

Il patto di prova è una clausola che può essere inserita nel contratto di lavoro mediante la quale le parti vincolano l’assunzione definitiva all’esito positivo di un periodo lavorativo di prova.

Il patto di prova – Premessa

assunzione con patto di provaIl patto di prova è una clausola che può essere inserita nel contratto di lavoro mediante la quale le parti (datore di lavoro e lavoratore ) vincolano l’assunzione definitiva all’esito positivo di un periodo lavorativo, per l’appunto, di prova.

L’obiettivo è quello di constatare l’utilità della prosecuzione del rapporto di lavoro sia da parte del datore di lavoro che del lavoratore. Si può, dunque, dire che sussiste un interesse bilaterale; ovvero per il datore di lavoro è un periodo nel quale può accertare le qualità ed attitudini lavorative del lavoratore nonché l’idoneità ad inserirsi nel contesto aziendale; per il lavoratore è un periodo idoneo a verificare la sua convenienza e quindi maturare la sua decisione di accettare il posto di lavoro.

Resta ben inteso che questa bilateralità viene meno, dinnanzi ad una situazione del mercato di lavoro nella quale le offerte sono inferiori alle domande, per cui l’indice di gradimento pesa di più sul lato del datore di lavoro che del lavoratore.

Il contratto di lavoro pertanto, qualora sia stipulato con l’inserimento della clausola avente ad oggetto il periodo di prova, si configura come contratto subordinato al verificarsi a condizione sospensiva, in quanto la sua efficacia risulterà sospesa fino al verificarsi del gradimento o del mancato recesso delle parti, o risolutiva, se il contenuto del contratto definitivo è destinato a risolversi al verificarsi del mancato gradimento o del recesso delle parti.

Il patto di prova, assume una fisionomia tipica, ricevendo una specifica regolamentazione sia dalla disciplina legislativa che da quella contrattuale.

 

Profilo Giuridico

L’art. 2096 del codice civile, intitolato dell’”Assunzione in prova”, sancisce quanto segue:

“Salvo diversa disposizione [delle norme corporative], l’assunzione del prestatore di lavoro per un periodo di prova deve risultare da atto scritto.

L’imprenditore e il prestatore di lavoro sono rispettivamente tenuti a consentire e a fare l’esperimento che forma oggetto del patto di prova.

Durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal contratto , senza l’obbligo di preavviso o d’indennità. Se però la prova è stabilita per un tempo minimo necessario, la facoltà di recesso non può esercitarsi prima della scadenza del termine.

Compiuto il periodo di prova, l’assunzione diviene definitiva e il servizio prestato si computa nell’anzianità del prestatore di lavoro”.

Il patto di prova, sotto il profilo giuridico, è un elemento “accidentale” del contratto di lavoro e si caratterizza per la presenza di due elementi: il termine e la condizione.

Parte della dottrina sostiene che il patto di prova è in realtà una “condizione sospensiva”, cioè il rapporto di lavoro diviene definitivo qualora le parti si ritengono soddisfatte ed intendono dare regolare prosecuzione al contratto.

Altra parte della dottrina sostiene, invece, che tale patto è un punto di mezzo tra un periodo provvisorio (del rapporto lavorativo) e la volontà finale volta a dare regolare esecuzione al contratto lavorativo.

Ad ogni buon conto il patto di prova ha una sua configurazione in quanto trova disciplina sia legislativa che contrattuale, oltre che dalla giurisprudenza di legittimità.

Dal congiunto delle tre fonti citate si possono assumere le seguenti caratteristiche fondamentali ed adducibili a tale istituto giuridico:

1) Il patto di prova può trovare applicazione sia al normale rapporto di lavoro a tempo pieno indeterminato che a tempo parziale;

2) il patto di prova può trovare applicazione ai rapporti di lavoro a tempo determinato;

3) il patto di prova può trovare applicazione nei confronti di lavoratori rientranti nell’alea delle categorie protette, a condizione che tale prova si riferisca alle residue capacità lavorative del soggetto ed a determinate mansioni e comunque, sempre, compatibili con le minorazioni del disabile;

4) il patto di prova può trovare applicazione alle assunzioni per passaggio diretto;

5) il patto di prova può trovare applicazione nei confronti di lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro, ma in tal caso la prova si riferisce alla capacità del lavoratore di acquisire la professionalità richiesta.

 

Forma e durata

La disciplina del patto di prova, come accennato in precedenza, trova i suoi contenuti all’interno dei vari Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro che ne stabiliscono anche la durata massima.

Il 1° comma dell’art. 2096 del Codice Civile sancisce che per il patto di prova è prevista la forma scritta; l’atto deve essere sottoscritto da entrambe le parti in data anteriore o al massimo contestuale alla costituzione del rapporto lavorativo.

Durante il periodo di prova il datore di lavoro può recedere dal contratto in qualunque momento e senza obbligo di preavviso, senza una giusta causa o giustificato motivo, a meno che non sia previsto un periodo minimo di svolgimento della prova all’interno del quale le parti non possono recedere.

La medesima facoltà di recesso, dunque, può esercitata dal lavoratore, senza alcun obbligo di preavviso o giustificazione.

Fatta eccezione per la procedura del recesso, la disciplina del rapporto lavorativo in prova è identica a quella del rapporto definitivo, con tutte le spettanze economiche di legge ( TFR, ferie, indennità sostitutiva ).

Nel caso in cui sia cessato il periodo di prova e nessuna delle parte contrattuali ha esercitato il diritto di recesso allora il rapporto di lavoro diviene definitivo.

 

26 maggio 2010

Luigi Risolo