Il ricorso relativo ad una controversia superiore ad euro 2.582 privo della sottoscrizione del difensore e’ inammissibile?

La sentenza n. 67 del 22/05/2006 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio sez. 32 ha statuito che il ricorso relativo ad una controversia superiore ad euro 2582  privo della sottoscrizione del difensore, non sanato su ordine della CT Provinciale adita, è inammissibile. Viceversa, per la sentenza n. 28 del 29 maggio della CT Regionale del Lazio la mancata sottoscrizione del ricorso, relativo ad una controversia superiore ad euro 2582, è sanzionata dalla inammissibilità del ricorso poiché non  sussiste l’obbligo della CT di ordinare al contribuente di munirsi di assistenza tecnica. 

Orbene, giova osservare, a tal riguardo, che le  Sezioni Unite della Corte di cassazione, con la sentenza n.22601 del 02/12/2004,  hanno statuito che nel processo tributario il  ricorso firmato dal contribuente non  è  inammissibile ma lo diventa se il difensore tecnico non viene nominato nel termine indicato. Non e’ inammissibile il ricorso sottoscritto personalmente dal solo contribuente, nelle cause di valore superiore ai cinque milioni delle vecchie lire; la sanzione dell’inammissibilita’, invece, scattera’ soltanto nel caso in cui la parte non abbia osservato, nel termine stabilito, l’ordine del giudice di munirsi di un difensore abilitato. La mancanza della difesa tecnica deve essere rilevata, anche d’ufficio, già dai giudici di merito tramite l’emissione di un specifico decreto in cui viene ordinato alla parte di nominarsi un difensore abilitato. Solo nel caso in cui tale ordine venga disatteso, il ricorso può essere dichiarato inammissibile(Corte di Cassazione sentenza n. 27035 del 7 dicembre 2005)

La Cassazione con le  sentenze citate   ha  affermato che, ai sensi dell’art. 12 del D.Lgs. n. 546 del 1992, la Commissione tributaria regionale chiamata a giudicare una controversia di valore superiore a lire 5.000.000 (2582 euro) è tenuta a disporre che il contribuente, attore o convenuto in giudizio il quale risulti privo dell’assistenza di un difensore, si munisca dell’indispensabile assistenza tecnica. È quindi illegittima l’eventuale declaratoria di inammissibilità del ricorso pronunciata in assenza dell’ordine “de quo”.

Le sezioni unite della Cassazione, contrariamente a quanto affermato  nella sentenza n. 8369/02, hanno quindi interpretato le citate espressioni in modo letterale; la disposizione non è stata intesa nel senso che il contribuente “deve farsi assistere” e che su di lui incombe l’onere di conferire l’incarico a un difensore abilitato, bensì nel senso che, in ogni caso, il contribuente deve avere una difesa tecnica. Qualora la parte non si procuri l’assistenza da sé, la Commissione tributaria ha il dovere di assicurarla ordinando al contribuente, di provvedervi.

Solo qualora  il contribuente non ottemperi all’ordine de quo  nei termini assegnato, la Commissione dovrà dichiarare l’inammissibilità del ricorso. Il giudice di legittimità, ha scelto la soluzione  ermeneutica più rispondente al principio costituzionale di effettività della  tutela giurisdizionale Non si rinvengono infatti, interpretazioni alternative che riescono a dare una piena tutela al diritto fondamentale di difesa nel processo. Pertanto, nel solco tracciato dall’orientamento costituzionale che tiene conto, anche, del fatto che la legge processuale tributaria prevede una assistenza e non gia’ una rappresentanza della parte privata, si inserisce la scelta ermeneutica  secondo cui “l’inammissibilita’ del ricorso puo’ conseguire soltanto alla mancata nomina di un difensore tecnico nel termine all’uopo assegnato dal giudice tributario

Le sezioni unite si sono conformate all’indirizzo espresso  dalla Corte Costituzionale

nella sentenza n. 189 del 13 giugno 2000, “in ossequio all’esigenza di certezza del diritto”.

La Corte Costituzionale, con sentenza interpretativa di rigetto, ha ritenuto  che dal combinato disposto degli art. 12, comma 5, e 18, comma 3 e 4 del D.Lgs. n. 546/92 risulta che la sanzione dell’inammissibilità del ricorso proposto direttamente dal contribuente per la lite tributaria superiore a 5 milioni di lire scatta solo dopo l’ineseguito ordine di munirsi di assistenza tecnica entro il termine fissato dal giudice tributario. La Consulta ha inteso garantire la tutela delle parti in posizione di parità, evitando irragionevoli sanzioni di inammissibilità che si risolvano a danno del soggetto che si intende tutelare.

Nella sentenza n. 189/2000 vi è una evidente forzatura interpretativa dell’art. 18, comma 4, del D.Lgs. n. 546/92 che commina la sanzione dell’inammissibilità del ricorso per le ipotesi di violazione dell’obbligo di sottoscrizione del ricorso stesso previsto dal precedente comma 3 e che, però, nella ipotesi di ricorso sottoscritto personalmente dal contribuente, fa salvo quanto disposto dal comma 5 dell’art. 12.

Poiché l’ultimo periodo di tale disposizione prevede la facoltà del Presidente della Commissione o del Presidente di Sezione ovvero del Collegio di ordinare alla parte privata di munirsi, entro un termine prestabilito, di un difensore abilitato, a pena di inammissibilità del ricorso, la Corte Costituzionale ricava dal sistema la norma in base alla quale la sanzione della inammissibilità prevista dall’art. 18, comma 4, è applicabile anche per le controversie tributarie superiore al valore di lite di 5 milioni solo a seguito della mancata esecuzione dell’ordine nel termine stabilito dal giudice tributario.

È stata quindi sostanzialmente ricondotta alla disciplina prevista per le liti “minori” la regola posta per le liti “maggiori”. L’interpretazione della Consulta soggiace all’incongruenza che l’ordine del giudice al ricorrente di nominarsi un difensore tecnico, per le liti minori, è una valutazione discrezionale attenta alla prospettazione dei motivi di ricorso mentre negli altri casi l’ordine del giudice diventa obbligatorio perché il contribuente non può stare in giudizio senza difensore.

In ogni caso occorre evidenziare che il “thema decidendum” resta sempre circoscritto da quanto prospettato con il ricorso introduttivo: il successivo intervento del difensore abilitato non costituisce rimessione in termini e non può arginare il divieto di “mutatio libelli” insito nelle peculiarità del processo tributario.

E’ ormai recessivo l’orientamento (Cassazione sentenza n. 1100 depositata il 29 gennaio 2002 )secondo cui  nelle controversie tributarie di valore superiore a cinque milioni di lire, il ricorso deve essere sottoscritto dal difensore, a pena di inammis-sibilità rilevando che tale sanzione discende dalla necessità di un ricorso validamente proposto nei termini di legge e non è condizionata alla mancata osservanza dell’ordine del giudice di munirsi di assistenza tecnica.

E’ sconfessato l’assunto secondo cui  la difesa tecnica è componente essenziale del diritto di difesa e, contestualmente, non è configurabile un sistema in cui l’inammissibilità consegua alla mancata ottemperanza della parte all’ordine giudiziale di munirsi di difensore, in quanto una tale disciplina è incompatibile con la natura impugnatoria del processo tributario.; la costituzione personale in giudizio della parte privata senza assistenza di difensore ormai  non può essere considerata tamquam non esset.

Circa il valore della lite, la giurisprudenza di legittimità ritiene che debba determinarsi avendo riguardo all’importo dei singoli tributi che formano oggetto dell’atto impositivo e non già al cumulo degli stessi (Cass. 6 aprile 2000); nel caso di controversie instaurate dallo stesso contribuente e relative a differenti atti impositivi, queste conservano la loro individualità anche se il giudice ne disponga la riunione e quindi devono essere considerate in modo separato per fissare il valore della controversia (Cass. 1 aprile 2003, n. 4960)

Per completezza, infine, occorre riportare alcune statuizioni del giudice di legittimità in tema di incarico alla difesa:

a) Il concessionario del   servizio  di riscossione non puo’ stare in giudizio in  proprio ma deve necessariamente farsi rappresentare da un difensore(Cassazione sentenza n. 27035 del 07/12/2005 ).            

b) La mancanza della certificazione da parte del difensore dell’autografia della firma del ricorrente, apposta sulla procura in calce o a margine del ricorso introduttivo costituisce una mera irregolarità che non comporta la nullità della procura stessa (Cassazione sez. v sentenza n. 17845 del 3/09/2004).

c) L’illeggibilità della sottoscrizione della procura al difensore non determina l’invalidità della procura stessa quando dagli atti sia dato desumere che la sottoscrizione è stata apposta da persona della quale, nel contesto dell’atto stesso, è indicato il nome ed il cognome e che è dichiarata essere investita del potere di rappresentanza(Cassazione sez. v sentenza n. 06350 del 3/05/2002).

d) La sottoscrizione del difensore con la quale è autenticata la firma della parte apposta per il conferimento della procura in calce al ricorso in appello deve intendersi quale sottoscrizione dello stesso (Cassazione sez. v sentenza n. 15313 del 29/11/2000).

e) L’incompatibilità del curatore fallimentare a prestare assistenza tecnica nei giudizi che riguardano il fallimento deve intendersi riferita per i giudizi tributari non solo agli avvocati o procuratori ma anche agli appartenenti alle altre categorie professionali (Cassazione sez. v sentenza n. 18419 del 13/09/2004).

f) Per le controversie intraprese nella vigenza del vecchio processo tributario senza assistenza tecnica, il presidente della sezione o il collegio sono tenuti a fissare un termine perentorio per la regolarizzazione della costituzione delle parti secondo la nuova norma sull’assistenza tecnica quando questa sia prevista come obbligatoria. L’inosservanza di tale obbligo del giudice, configurando una violazione del diritto di difesa, comporta la nullità del procedimento e della sentenza emessa.

Anche in tale ormai residuale fattispecie, regolamentata dal regime transitorio previsto dall’articolo 79 del dlgs n. 546/92 qualora il contribuente in giudizio risulti privo della prescritta assistenza tecnica, la commissione tributaria non può dichiarare l’inammissibilità del ricorso senza aver prima ordinato al contribuente medesimo di farsi assistere da uno dei soggetti abilitati(Cassazione  sentenza n. 519 del 18 gennaio 2002).

 

 

 

Giugno 2006